L’azienda riconverte la produzione: tutta Italia vuole le mascherine di Besozzo

Sono oltre mille gli ordini che ogni giorno arrivano via mail alla Di-bi. Il titolare: "Diamo priorità a ospedali e case di riposo"

mascherine

Tre strati di tessuto per rispondere a una necessità immediata. È l’idea messa in campo dalla Di-bi: un’azienda di Besozzo con 17 dipendenti specializzata in abbigliamento sportivo, che a partire da venerdì 13 marzo ha iniziato a produrre mascherine per sopperire alla carenza di protezioni per il personale sanitario.

«Venerdì mattina – racconta il titolare dell’azienda Joas Binda – il sindaco di Besozzo ci ha chiesto una mano perché gli operatori della casa di riposo avevano esaurito le mascherine e ne avrebbero avuto bisogno di nuove già nel pomeriggio. Nel giro di pochi minuti insieme ai miei dipendenti abbiamo realizzato un prototipo e la produzione è partita subito».

Non c’è stato tempo per sottoporre le mascherine di Besozzo a una certificazione ufficiale, ma i medici della casa di riposo hanno confermato la loro efficacia protettiva. «Le nostre mascherine – spiega Binda – sono realizzate con un tessuto sintetico che solitamente utilizziamo per gli antivento da canottaggio. Si tratta di un tessuto molto costoso, lavabile e capace di bloccare le particelle di saliva. Per rispondere a tutte le richieste che ci sono arrivate ne abbiamo ordinati altri 2.000 metri».

Nel giro di pochi giorni, l’azienda ha accantonato gli ordini già programmati e ha convertito completamente la produzione per dedicarsi esclusivamente alle mascherine. «Ogni giorno – aggiunge il titolare – al nostro indirizzo arrivano più di mille mail con ordini tra le cento e le mille mascherine. Le richieste arrivano da tutta Italia, ma diamo priorità a ospedali, case di riposo e altre strutture sanitarie».

Tra taglio e confezione, ai dipendenti della Di-bi servono quattro minuti per completare una mascherina. «Questo tempo – aggiunge Binda – è troppo per soddisfare tutte le richieste. Perciò abbiamo deciso di appoggiarci a un’altra azienda in modo da poter contare su un totale di 50 dipendenti e velocizzare di molto il lavoro».

«In questi giorni – ci tiene però a precisare Joas Binda – c’è chi pensa che abbia deciso di fare tutto questo solamente per approfittare della situazione. In realtà i prezzi fissati a mascherina ci permettono appena di rientrare nei costi per i materiali e gli stipendi. Vogliamo solo che questa emergenza finisca al più presto e non vediamo l’ora di tornare a produrre il nostro abbigliamento sportivo».

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Pubblicato il 17 Marzo 2020
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