Reginaldo Giuliani, il frate fascista a cui Varese ha dedicato una strada

di Pier Fausto Vedani

Generico 2018

Nella comunità cittadina c’ è attenzione, ma anche tanta  distrazione, se non totale disinteresse, per la toponomastica. Per esempio ha suscitato curiosità a Masnago la vicenda umana di Giulio Giordani al quale tanti decenni or sono venne dedicata la “direttissima” tra l’importante rione e la Schiranna, oggi interrotta per allargare il ponte che sovrappassa la linea ferroviaria per Laveno. In passato non c’erano state proteste, ma non pochi abitanti erano convinti che la dedica avesse radici “nere”.

Si è visto invece che se il fascismo negli anni successivi al 1920 strumentalizzò l’assassinio dell’avvocato bolognese avvenuto durante gli incidenti a Palazzo d’Accursio, sede municipale, in realtà Giordani era una persona molto per bene e a Bologna era consigliere comunale in rappresentanza del partito liberale.

Ma fu fascistissimo in modo inequivocabile padre Reginaldo Giuliani, frate domenicano, al quale Varese ha dedicato una strada al pari di altre città e anche di paesi; per di più sino all’inizio degli Anni Sessanta in Lombardia ci furono addirittura scuole medie che avevano ii suo nome. Reginaldo Giuliani fu frate da… guerra sin dal primo conflitto mondiale, sempre infatti in prima linea a confortare i fanti feriti, a stare vicino ai morenti. E non ebbe dubbi: fu subito tra gli arditi – avendo in mano come arma il Crocefisso – già ai loro primi assalti. Fu decorato più volte, dopo il conflitto mondiale appoggiò iniziative sociali del partito, la guerra in Abissinia (1935-36) e la sua morte sul campo di battaglia gli diedero grande popolarità. ll fascismo fece un mito del frate che cadde nella terribile battaglia di passo Uarieu dove 3000 volontari delle camicie nere, lasciando mille morti sul terreno, resistettero a lungo, pur affamati e assetati, agli abissini che lottavano per la libertà della loro patria dal giogo dell’ Italia, ultima espressione del colonialismo europeo. Anche in Abissinia. padre Reginaldo si comportò da frate come aveva sempre fatto senza mai venir meno al suo impegno politico, dedicato al fascismo negli anni senza guerra.

Già non venne presa in considerazione anni or sono da noi a Varese la richiesta della cancellazione della dedica della strada, mentre in provincia ci sono ancora strade intitolate al frate che però non è mai stato oggetto di culto da parte dei “nostalgici”. Storici dell’antifascismo possono avere elementi nuovi che vadano oltre quelli forniti dalle enciclopedie, resta il fatto che a Varese sulla toponomastica a volte non si è prudenti ed è allora inevitabile che ci sia qualche problema.

Per padre Giuliani le riserve sul suo ricordo “stradale” sono più che legittime perché non si può dimenticare la violenza del colonialismo fascista. In Libia l’ultimo capo dei patrioti, che dal 1912 lottavano contro gli occupanti italiani, venne pubblicamente impiccato nel 1931.

L’adesione al regime fascista implicava sia pure indirettamente un coinvolgimento morale nella macelleria rappresentata dalla “cultura” del colonialismo praticata in tutto il mondo, anche da nazioni democratiche. La toponomastica è un problema serio e a Varese qualche volta di troppo non viene analizzato a fondo, al pari di quello della cittadinanza onoraria che il Palazzo da tempo concede con facilità a protagonisti dello sport. In un passato non ancora remoto, nello sport eravamo primissimi solo con Ganna e Binda, ma con Mussolini il colpo andò facilmente a segno. E oggi a molti dà fastidio l’arruolamento del dittatore come uno di famiglia. E si vorrebbe cancellare il peccato, ma non si può perché il riconoscimento è storia della città e come tale non deve essere toccato, ma nulla vieta che alla decisione presa tanti decenni or sono possa essere aggiunta una civilissima e breve postilla: “revocata il …”. Tanto più che il dittatore venne più volte a nuotare dalle parti di Luino ma sempre snobbando Varese dove mai ha messo piede! E grandissimo è stato Piero Chiara in un suo racconto, dove parla del piano d’azione dei varesini per invitare il duce nella nostra città in occasione della sua visita alla celebre fabbrica di idrovolanti di Sesto Calende.

Il gruppo dei visitatori davanti al quale c’era Mussolini, ben scortato, arrivò a tiro del messaggero aitante che aveva ben memorizzato l’invito :”Duce! Varese fascista ti attende!” E ci fu quindi il momento del balzo in avanti e del baritonale invito “Duce! Va…” che venne appunto solo iniziato perché il servizio d’ordine aveva bloccato l’uomo che poteva essere un attentatore. Prima di cadere tra le gambe della scorta, l’inviato dei fascisti varesini riuscì a farsi sentire una seconda volta iniziando con tono molto alto l’urlo di preghiera: ”Duce! Varese…”,interrotto però da un involontario pestone della scorta al malcapitato.

Fu allora, disperato, il terzo tentativo dell’inviato bosino: si iniziò con la corretta invocazione, ma si concluse con una equivoca devastante imprecazione contro un poliziotto che lo stava immobilizzando: “Duce!Duce, Va……davia …..”

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Pubblicato il 07 Marzo 2020
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