A Cocquio comincia lo screening sierologico

Decine di volontari al lavoro per garantire la sicurezza. Cittadini in fila per gli esami

Cocquio, parte lo screenig sierologico

Quattro piccole stanzette in fondo alla palestra delle scuole dove a fine anno si tengono i saggi dei bambini oggi sono ricavate con le tende bianche tirate e diventano il luogo dove una comunità si raduna per dare il singolo contributo a combattere una malattia ignota, che fa paura e mette distanza fra le persone.

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Proprio come in una battaglia, come ha ricordato il più pacifista di tutti, Papa Francesco, «coi suoi soldati che vengono mandati al fronte per combattere»: ci cono gli infermieri volontari bardati da capo a piedi, altri volontari del soccorso del comitato locale Medio Verbano della Croce Rossa Italiana, una ventina, che accompagnano, indicano e in qualche caso tranquillizzano i cittadini che hanno aderito allo screening sierologico volontario.

Tutti indossano mascherine e guanti. Si arriva in auto fin da prima le 9 a Cocquio Trevisago, uno dei pochi centri lombardi che ha voluto attivare questo test che in 48 ore consente, grazie alle analisi svolte nei laboratori di Sesto Calende di poter capire se una persona è entrata o no in contatto col virus. Lo si capisce da due indicatori che si chiamano “igm” e “igg” e sono anticorpi ma mentre gli ultimi riguardano contatti lontani con Sars Cov2, i primi sono difese che si attivano nell’arco di 5 giorni dal contagio e sono quindi in grado di far capire se la persona è pericolosa o meno per gli altri. Lo ha spiegato il sindaco Danilo Centrella che con la pettorina arancione e la cravatta dirige le operazioni.

«Il modello più efficace è risultato essere quello della Germania che si è mossa subito eseguendo tamponi nell’ordine di 350 mila a settimana così da poter isolare tutti i positivi e permettere di continuare a gestire diverse attività economiche. L’intento di questo test è quello di capire quante persone siano venute a contatto col virus e poi agire di conseguenza».

Come? «Segnalando i positivi ad Ats. Per ora faremo test anche al domicilio dei parenti dei soggetti Covid, per capire se hanno contratto il virus». Un punto delicatissimo per isolare i soggetti che, una volta terminata la quarantena per via di un parente positivo, potrebbero comunque risultare ancora infettivi.

Il percorso si apre con una sorta di accettazione dove viene provata la temperatura, poi si arriva in un banchetto in cui si appone una firma sul foglio personale e si viene poi accompagnati nei mini ambulatori della palestra.

Una volta concluso il test gli utenti escono da un’uscita separata e viene loro consegnata una mascherina.

Così, per tre giorni, fino ad arrivare al numero di mille esami fra i cittadini di Cocquio Trevisago e i residenti di altri paesi che però svolgono attività lavorativa in loco.

Altri centri della zona hanno manifestato interesse per questa mappatura e sono Cuvio e Cuveglio.

«La ricerca delle immoglobuline è un metodo indiretto per una mappatura reale della popolazione affetta da Cvid, che nel nostro territorio, interessato da mobilità attiva e passiva sono 75 per via del focolaio alla Rsd Sacra Famiglia. Con questo esame vogliamo verificare la situazione sul territorio», ha spiegato il sindaco.

Fuori verso metà mattina c’era una fila di una ventina di metri con residenti disciplinati (nella foto) che indossavano le protezioni il gruppo giovani con gli altoparlanti diffondeva la musica che faceva da sfondo alla monotonia rotta da giorni passati fra le quattro mura di casa.

Sguardi, sorrisi abbozzati dietro alle mascherine e colpi di gomito: «Finirà finirà, dai», mentre Ligabue cantava quella che non è più solo una strofa, ma qualcosa che suona come una promessa: «Ci vediamo da Mario prima o poi…».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Aprile 2020
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