Mezzo secolo fa la notte di Sarajevo. E da quel momento la Ignis fu leggenda
Il 9 aprile del 1970, Varese vinse la prima delle cinque Coppe dei Campioni della sua storia, stroncando l'Armata Rossa in una serata memorabile
Sarajevo, l’inizio e la fine. Sarajevo e la notte magica, quella in cui la Ignis Varese divenne leggenda. Torniamo indietro di cinquant’anni esatti, 9 aprile 1970: a Sarajevo c’è la finalissima di Coppa dei Campioni, un trofeo fino a quel momento affare di squadre sovietiche e Real Madrid, con l’unica incursione vincente di Milano nel ’66.
E anche quella volta, a contendere il titolo c’è soprattutto l’Armata Rossa, un nome che da solo fa paura, tanto più se l’avversaria – pure forte – è all’esordio in una partita del genere. Certo, Varese non è lì per caso: ha già vinto una Intercontinentale (nel ’66) e una Coppa delle Coppe (nel ’67) oltre che tre titoli nazionali. Ma la Coppa dei Campioni è una cosa enorme, specie se di fronte c’è la corazzata di Belov e soci. Vero: nel girone dei quarti di finale, a fronte di un netto KO a Mosca, la Ignis reagì con una strepitosa vittoria interna, 79-59 guidata da un meraviglioso Jones (30 punti), “l’americano di coppa” che sarà invece protagonista (suo malgrado e non per sua colpa) in negativo a Sarajevo.
Ma una finale, appunto, è un’altra questione. Alla Skenderia, palasport nuovo di zecca, ci sono oltre 6mila persone, almeno 300 delle quali arrivate dalle Prealpi in aereo, con il pubblico neutrale pronto, però, a dare man forte alla Ignis guidata da coach Aza Nikolic, nato per l’appunto in quella città. E furono proprio le classiche “ali dell’entusiasmo” a spingere i gialloblu lungo l’intero primo tempo: Varese si mette avanti subito e rimane in vantaggio con una discreta autorità fino a quando arriva il “colpo d’esperienza” dei sovietici del tecnico Alachachan. Dentro Medvedev, uomo della panchina, solo per irretire la pantera Jones, e la mossa funziona: zuffa e doppia espulsione, ma l’americano gialloblù è ben più importante nell’economia del match. Di più: Dino Meneghin, giovane già grande ma non ancora Mito (sì, maiuscolo), ha già tre falli e questo è un bel rebus visto che dall’altra parte il pivot Andreev è implacabile.
La Ignis Varese 1969/70. In piedi: Vittori, Paschini, Flaborea, Jones, Meneghin, Malagoli. Accosciati: Consonni, Ossola, Bulgheroni, Raga, Rusconi.Così Varese perde terreno, sente il galoppo alle spalle della cavalleria cosacca, si ritrova avanti ma di un solo tiro, 52-50, quando ormai si è arrivati al 27′, con la Ignis fino a quel momento sempre davanti. Ma anche l’Armata Rossa ha i suoi problemi di falli, quelli dell’altro – forte – lungo Zarmukamedov mentre Nikolic ha la carta giusta: se Meneghin è una belva inesperta, Flaborea è un capitano di lungo corso, non più esplosivo ma estremamente intelligente. I suoi “uncini” – i tiri in gancio – sono poco marcabili, l’Armata accusa il colpo e quando mancano 5′ alla sirena il vantaggio torna ampio a favore di Varese. I sovietici si afflosciano, Varese festeggia per la prima volta il titolo continentale. Ne seguiranno altri quattro, e altre nove finali.
Sarajevo, l’inizio e la fine, dicevamo. La decima finale sarà a Grenoble proprio contro il Bosna, la squadra della città allenata – siamo nel ’79 – da un giovanissimo Boscia Tanjevic. In Francia arriverà una delusione cocente quasi a voler bilanciare la gioia totale del 9 aprile del ’70. «Ma quella di Sarajevo fu davvero la partitissima del basket varesino: vincemmo altre finali e altre coppe, ma quel successo fu incredibile e permise alla Ignis di iniziare la sua serie straordinaria. Fu una serata entusiasmante». La voce è proprio quella di Ottorino Flaborea, che intervistammo dieci anni fa in occasione del quarantennale (QUI trovate l’articolo completo). “Capitan Uncino” accenna soltanto alle vittorie successive: quella squadra non tornò neppure a Varese, si fermò a Gorizia per l’ultimo match di Serie A che servì a cucire sulle maglie il quarto scudetto. E alla fine della stagione, il popolo gialloblù poté festeggiare quel grande slam ripetuto poi nel 1973. Sarajevo, 9 aprile 1970, mezzo secolo fa: la leggenda ebbe inizio.
Sarajevo, palasport Skenderia
Finale di Coppa dei Campioni 1969-70Ignis Varese – Armata Rossa Mosca 79-74 (44-34)
Ignis: Rusconi 8, Flaborea 14, Paschini, Bulgheroni, Vittori 6, Ossola 4, Meneghin 20, Jones 8, Raga 19, Malagoli, Consonni. All. Nikolic.
Armata Rossa: Ghilgner, Blik 1, Shelikov 2, Medvedev, Kapranov 2, Jliuk 2, Belov 21, Kovirkin, Zarmukamedov 14, Andreev 12, Milocerdov 2, Sidjakin 18. All. Alachachan.
Arbitri: Aznar (Spa) e Szabo (Ung).
Note. Tiri liberi: Ignis 13-19, A. Rossa 14-18. Spettatori: 6.500 circa. Usciti 5 falli: Meneghin, Bilk, Zarmukamedov, Kapranov. Espulsi: Jones e Medvedev.
IL VIDEO DEL PRIMO TEMPO
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
Alberto Gelosia su Ilaria Salis candidata alle europee con Alleanza Verdi Sinistra nel collegio NordOvest
lenny54 su I no vax sono tornati a colpire in provincia: imbrattati i muri della redazione di Varesenews
malauros su I no vax sono tornati a colpire in provincia: imbrattati i muri della redazione di Varesenews
Felice su I no vax sono tornati a colpire in provincia: imbrattati i muri della redazione di Varesenews
PaoloFilterfree su A Varese Salvini prova a ricucire passato e futuro della Lega, ma Bossi non c'è
axelzzz85 su A Varese Salvini prova a ricucire passato e futuro della Lega, ma Bossi non c'è
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.