L’esperienza dei domiciliari, senza aver mai commesso reati
Il racconto di Sara: "La "nuova normalità" per me é aver dovuto sperimentare tolleranza, ascolto, collaborazione, pazienza, condivisione"
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Di seguito la storia di Sara.
All’inizio sembrava fosse una semplice influenza che non avrebbe intaccato più di tanto la nostra esistenza. La Cina, Paese lontano, pareva non averci lanciato nessun messaggio. Nemmeno dai servizi trasmessi in tv. Assistevo, con grande stupore, alla rapida costruzione di un ospedale, senza però rendermi conto più di tanto di quello che, di lì a poco, sarebbe accaduto qui da noi.
Eppure quando mi é stato detto di non recarmi più in ufficio, ho pianto. Non di felicità, strano a dirsi. Bensì di grande tristezza. Non sapevo come avrei affrontato la mia nuova quotidianità a casa con i miei genitori, abituata a vederli poche ore al giorno, divisa com’ero tra lavoro e impegni vari.
Ho dovuto trovare da metà marzo un nuovo equilibrio che permettesse a me di non invadere troppo la quotidianità di due pensionati, ormai abituati ai loro orari e alla loro routine.
Si parla tanto da giorni di nuova normalità. Ma siamo sicuri che si tratti di qualcosa di “nuovo”? E non della riscoperta di antichi e semplici valori, dimenticati nel frastuono di una quotidianità colma di impegni e di poca attenzione a chi ci sta intorno, in primis i nostri familiari?
La “nuova normalità” per me é aver dovuto sperimentare tolleranza, ascolto, collaborazione, pazienza, condivisione. Anche via social con altri familiari distanti e non raggiungibili, tramite videochiamata. E per fortuna che, in questa società “nuova” che vogliono realizzare, ci viene garantita la possibilità di restare in contatto vocale e visivo. Momenti tanto importanti, quanto unici che rendono meno pesante, dal punto di vista psicologico, l’esperienza dei domiciliari, senza aver mai commesso reati.
Sara Di Gioia, Casciago
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