“Nessun rumore o lamento: solo il fischio incessante dell’ossigeno nei caschi”

Gianluca è un infermiere del reparto MAI2. Ha affrontato l'emergenza consapevole della sua importanza storica. Ed è ancora più convinto del valore della sua professione

infermiere gianluca mai2

Gianluca è un infermiere del “sesto piano”. Sin dal conseguimento della laurea, è entrato nella squadra della medicina che occupa l’ultimo piano del monoblocco di Varese.

L’emergenza coronavirus lo ha visto al lavoro sempre nel suo reparto che, però, da un giorno con l’altro si è letteralmente trasformato: « Siamo diventati MAI2, medicina ad alta intensità, tutta dedicata alle patologie Covid . Di fatto sono rimasto “a casa” nel mio piano che, però, in 24 ore ha cambiato completamente faccia. Abbiamo spostato scaffali e mobili, rivisti percorsi e accessi. Un lavoro d’equipe che ci ha coinvolto tutti, in modo flessibile e produttivo».

Gianluca, nella sua formazione infermieristica, aveva affrontato situazioni di crisi e aveva seguito un master in cui aveva affrontato situazioni di maxi emergenza: « Direi che dal punto di vista professionale ero ed eravamo tutti pronti. Ma è stato comunque un’esperienza dal forte impatto emotivo».

Il giovane infermiere sa di aver vissuto un’esperienza “storica”: « Stiamo affrontando un momento storico anche dal punto di vista professionale e sociale. Eravamo tutti consapevoli e ciò ci ha dato grandi forza ed energia : in corsia siamo diventati uno squadrone, tutti insieme medici infermieri, oss. Nessuna gerarchia, solo una sinergia dove ciascuno faceva al meglio il suo compito. Appena abbiamo trasformato il reparto in MAI2, sono arrivate nuove figure, volti mai visti con cui si è instaurata immediatamente una collaborazione, come si lavorassimo fianco a fianco da anni. Le divise non esistevano più: si indossavano quelle che c’erano, dimenticando i colori che contraddistinguono i diversi ruoli. La mancanza di simboli gerarchici ha contribuito a motivare tutti ancora di più».

In corsia al fianco dei pazienti, e nelle aree pulite a cercare soluzioni, informarsi, leggere e studiare i protocolli che arrivavano quotidianamente: « Ogni giorno ci si aggiornava su cosa stava accadendo, a livello mondiale si decidevano nuove strategie perché si scopriva sempre qualcosa di nuovo di questo virus. All’inizio soprattutto si lavorava nell’incertezza: non tutto era chiaro e definito. Ovviamente ci affidavamo e fidavamo delle indicazioni date dal coordinatore infermieristico che ci ragguagliava per farci lavorare in sicurezza».

Anche per Gianluca, l’esperienza professionale è stata influenzata anche da quella emotiva: « I primi pazienti sono arrivati da fuori provincia, spaventati perchè si sentivano estranei: vedevamo negli occhi delle persone la drammaticità dell’evento. Noi gestivano il grande clima di incertezza perché  non sapevamo ancora che strada prendesse la malattia. A noi spettava il compito di fornire risposte, pur in una situazione in continua evoluzione: i pazienti si affidavano completamente a noi, sia l’anziano sia il cinquantenne catapultati in una situazione difficile. Il nostro era un reparto di alta intensità, il livello precedente alla terapia intensiva. Avevamo a disposizione diversi livelli di supporti al respiro, sino alla Cpap».

infermiere gianluca mai2

(Gianluca con i segni della mascherina dopo un turno di lavoro)

Ed è il sibilo continuo della pressione dell’ossigeno spinto nei caschi che rimarrà scolpito nella memoria di Gianluca: « Una sera sono entrato in reparto. Nessuno parlava, o si lamentava. Si sentiva solo quel sibilo. Un rumore continuo che alimentava il clima di paura. Gli occhi dei pazienti ti cercavano per avere anche solo un sorriso o una parola di conforto. Bastava loro un gesto, una sistemata al casco, un attimo di liberazione. La Cpap è un’ottima cura ma è abbastanza duro da sopportare. Gli anziani lo accettavano di più, le persone più giovani facevano fatica. Io cercavo di sostenerli, aiutarli e motivarli, ma ero onesto: quel casco era faticoso ma necessario e si doveva accettare l’idea di rimanerne intrappolati».

Supportare e sostenere i malati è stato più difficile del previsto proprio per il clima di paura e incertezza: « Lo spirito di solidarietà che si è creato ci ha permesso di fare fronte comune anche in momenti difficili, quando l’emozione ti travolgeva e ti sentivi sfinito. È stata questa la forza del gruppo che ci ha permesso di procedere insieme, magari sdrammatizzando tra di noi e anche con i ricoverati. Insieme per darci la forza di andare avanti».

Oggi La MAI2 ha chiuso. Tutti i pazienti sono stati dimessi o spostati. Il reparto deve riacquistare il suo volto e presto arriveranno nuovi pazienti, con altre problematiche. Ma i due mesi  non potranno essere dimenticati: « Tante, troppe le emozioni come la concentrazione nel momento della vestizione, l’accoglienza dei pazienti, il gesto dell’estrema unzione sul volto di chi stava morendo. Noi infermieri siamo autorizzati a dare l’estrema unzione. Il parroco non poteva salire in reparto così avevamo l’olio per coloro che lo chiedevano. E noi c’eravamo perché quel gesto dava conforto, concedeva una spiritualità che pervadeva chiunque fosse presente».

Ora si riparte ma nulla sarà più come prima: « Voglio prendermi cura delle persone con meno burocrazia. Abbiamo imparato tutti a comunicare con gli occhi:  l’espressione racconta ed è importante cogliere ogni variazioni di umore o bisogno di psicologia clinica.  Abbiamo scelto questo lavoro non perché è più facile ma perché è davvero ciò che vogliamo. Io so di voler essere un infermiere».

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 03 Maggio 2020
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.