Sui treni mascherine e distanze. E qualcuno cambia orari di lavoro

Siamo andati a verificare come funziona il trasporto ferroviario e come cambiano i comportamenti delle persone. Responsabilità e adattamento, anche in mancanza di una strategia complessiva sul lavoro e sulle grandi città

Come è il viaggio su un treno del mattino di questi tempi? Come stanno adattando le loro vite le persone che lavorano a Milano? È un tema enorme, che abbiamo iniziato appena ad esplorare, nel giorno due della “Fase due”.

Prima prova: un treno in partenza da Gallarate verso Milano alle 8.35 del mattino. Fuori dalla fascia pendolare “classica” di massimo carico, ma ancora una corsa che in condizioni normali sarebbe ben frequentata (arriva a Porta Garibaldi alle 9.14).

La presenza di passeggeri è ancora limitata: anche alle porte di Milano si riesce ancora a garantire la presenza di una sola persona per ogni modulo di quattro sedili.

Né sul treno da Gallarate per Milano, proveniente da Domodossola, né su quello suburbano S5 di rientro abbiamo visto indicazioni sui sedili da utilizzare, che invece erano state previste e annunciate.

La totalità delle persone in viaggio utilizza mascherine o comunque strumenti di copertura di bocca e naso: nella stragrande maggioranza vengono usate con grande responsabilità, tenendole indossate per tutto il viaggio. Un comportamento adottato in maniera abbastanza uniforme da tutte le fasce: da chi va in ufficio ai “rider” stranieri con bici al seguito, dai giovani come dagli anziani, da chi ha ripreso viaggio quotidiano a chi viaggia in modo saltuario. Chi usa il trasporto pubblico a Milano si sente mediamente ancora al sicuro.

Guarda anche il viaggio da Saronno a Cadorna:

 

Viaggio in treno “fase due”: le persone hanno cambiato comportamenti con il Coronavirus?

La grande maggioranza dei pendolari ancora sta lavorando da casa, in “smart working”, anche se alcuni sono rientrati al lavoro a Milano proprio da lunedì 4 maggio. Alcuni valutano di passare all’automobile o anche all’autobus, se aumentasse il flusso di persone. Alcuni ci hanno raccontato di aver effettivamente cambiato anche gli orari della giornata, iniziando a lavorare più tardi (9.30-10) e uscendo più tardi la sera per evitare i momenti di maggiore affollamento.

Il ripensamento degli orari di vita delle città era una delle richieste che venivano dalle aziende di trasporto, che si sono espresse attraverso le due associazioni che raggruppano le imprese (il 90% di quelle operanti in Italia). Tema non facile, che di certo trova anche forti resistenze nella vita delle persone. Per le aziende di trasporto è una scelta inevitabile se si vuole evitare il contagio  (troppa gente sui mezzi) o il collasso dei trasporti (troppo traffico, ingorghi e conseguente blocco del trasporto pubblico di superficie, autobus e tram).
Gli orari diversificati andrebbero accompagnati poi con mantenimento e implementazione di un reale smart-working, per ridurre i flussi.
D’altra parte su questo la stessa Regione Lombardia, che è titolare del trasporto pubblico locale, non ha ad oggi indicato un piano preciso: si riparte “come se nulla fosse”, come scrivevamo ieri. E come hanno lamentato anche comitati pendolari e sindacati.
Il Comune di Milano, che aveva una struttura dedicata ai tempi della città, sta puntando sulla dimensione “di quartiere” per ridurre i flussi di spostamenti interni alla città.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 05 Maggio 2020
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