Mio suocero è morto convinto di essere stato abbandonato. Ma noi eravamo fuori a fare il tifo

Lo sfogo di una donna a cui è mancato il suocero ammalato di Alzhemier. Vittima della legionella è stato ricoverato in ospedale e non ha potuto essere seguito e rincuorato dai suoi famigliari

ricovero

Non credevo si potesse parlare ancora di legionella pneumophila nel 2020. Questo virus può essere letale e in alcune circostanze è quasi impossibile debellare l’infezione. È il caso di mio suocero, un uomo che io considero essere il mio papà, deceduto il 4 luglio a causa della legionella, dopo essere risultato negativo al covd-19.

Mio papà soffriva di Alzheimer, seppur manifestava alcune patologie legate all’anzianità (89 anni), nel complesso la sua salute risultava buona.
Il 25 giugno la febbre, il vomito e la mancanza di respiro mi hanno spinto a portarlo al pronto soccorso, da quel momento non l’ho più rivisto.

È stato trasferito in pneumologia, l’infezione della legionella era ormai in corso. Desideravo stargli accanto, ormai era 6 anni che viveva con me, me ne prendevo cura tutti i giorni e so bene che una persona malata di alzheimer non ha la facoltà intellettiva di capire dove si trova e la percezione di quello che deve fare, soprattutto nel caso in cui abbia bisogno. Solo dopo mi hanno detto che si toglieva costantemente l’ossigeno perché non aveva idea di cosa fosse realmente. Mi sono accorta in un secondo tempo che il pigiama, restituitomi al momento del decesso, era pieno di sangue dalla spalla al polso, ho chiesto spiegazioni e mi hanno detto che continuava a togliersi la flebo con forza e non usava il campanello dell’allarme perché non si ricordava dov’era.

Era impossibile che medici e infermieri lo potessero sorvegliare a dovere h.24 perché oltre a lui ci sono altri pazienti che hanno bisogno di essere accuditi.

Per questo motivo non chiedevo altro che assisterlo, me ne sarei presa cura come facevo a casa; avrei indossato il necessario per stargli accanto, per evitare che si togliesse l’ossigeno, elemento fondamentale per la cura della polmonite, e facesse altre cose che hanno inevitabilmente peggiorato il suo stato di salute. Ora, io mi domando, con queste malattie legate all’aspetto cognitivo, come l’alzheimer e la demenza senile, perché un familiare non può stare con loro?

Capisco che siamo in un momento di emergenza sanitaria, ma avrei preferito assisterlo indossando tutte le precauzioni del caso, facendo anche il tampone, piuttosto che vederlo nel reparto, luogo in cui non ci hanno permesso di assisterlo, sul letto di morte. Invece è rimasto solo, in una stanza a lui sconosciuta, in un letto a lui ignoto, nudo con solo mutande e pannolone. Perché?

Giovanni Panarelli, 89 anni, due settimane prima della sua scomparsa

Magari uno sguardo amico, una voce amica avrebbero potuto aiutarlo a curarsi nel migliore dei modi. Non parlo di sopravvivenza, purtroppo non posso dirlo, ma sicuramente ad oggi ho il dubbio che non avendo avuto modo di attenersi in tutto e per tutto alle cure, la sua ora sia arrivata prima del previsto. Sono certa che se avessero permesso di far stare con lui un familiare, certe azioni si sarebbero potute evitare.

Quello che mi fa rabbrividire è la mancanza di umanità di questo sistema rigido, è morto da solo, senza che se ne siano accorti, non hanno nemmeno chiamato il prete per l’estrema unzione. Parlo con rabbia perché ho visto molte ingiustizie e incoerenze!

Quando è arrivato e gli hanno fatto le domande per compilare la cartella hanno sbagliato l’indirizzo di residenza per fare i controlli dell’acqua, hanno sbarrato la casella di “alcolizzato” quando in realtà non beveva e non fumava, le domande le rivolgevano a lui senza considerare che era una persona affetta da alzheimer.

Per questo voglio fare un appello: alcune leggi devono essere rivisitate, occorre prendere in considerazione la possibilità che un familiare possa stare accanto a persone che hanno un deficit mentale per evitare che nasca in loro lo stato di abbandono, perché sono convinta che mio “papà” si sia sentito abbandonato da tutti, anche se noi eravamo là fuori a fare il tifo per lui.

Ida Iavicoli

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Luglio 2020
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