Alessandro Alfieri: “Ecco i punti della pre-intesa con la Svizzera su frontalieri e ristorni”

Il senatore varesino del Pd spiega i due punti fermi che hanno permesso di riaprire le trattative con la Svizzera: nessun cambiamento di regime per i frontalieri attuali e ristorni affiancati da un fondo strutturale

Il senatore varesino del Pd Alessandro Alfieri fa parte della Commissione Esteri del Senato e ha lavorato con il Governo al dossier sull’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri su cui questa mattina è stata raggiunta con le autorità svizzere una pre-intesa. Una riapertura del confronto che, come annunciato dal presidente del Consiglio Conte, potrebbe portare alla firma dell’accordo già entro a fine di quest’anno.

A lui abbiamo chiesto di spiegare i punti che hanno permesso di riaprire il tavolo negoziale,  e gli obiettivi che il Governo intende raggiungere.

Senatore Alfieri, cosa ha permesso di sbloccare la situazione che era ferma dal 2015?

Abbiamo raggiunto quella che viene definita una pre-intesa, cioè un chiarimento che ha portato a fissare due punti fermi che ci consentono di far ripartire il tavolo negoziale sull’accordo fiscale per i frontalieri. Domenica la Svizzera ha detto no al referendum su limitazioni all’immigrazione ma in Ticino ha vinto il sì, anche se di misura, e il nostro obiettivo era mettere in sicurezza gli attuali lavoratori frontalieri e le risorse destinate ai comuni di frontiera.

Quali sono i punti fermi che permetteranno di riaprire il negoziato?

Riassumendo con uno slogan: non un euro in più di tasse ai lavoratori attuali, non un euro in meno ai territori di frontiera.

In pratica cosa succederà lavoratori frontalieri? Come cambierà il loro regime fiscale?

Nella pre-intesa abbiamo definito che per gli attuali lavoratori frontalieri non cambierà niente. Ci sarà un regime speciale che manterrà la situazione attuale. Questo perché non è corretto andare a toccare situazioni consolidate su cui i lavoratori hanno fatto scelte di vita e progetti, magari il mutuo per la casa o lo studio dei figli.

Per i nuovi lavoratori frontalieri ci sarà un nuovo regime, con una parte di tasse pagate in Svizzera fino ad un certo ammontare che sarà definito, che verranno però portate in detrazione da quelle dovute in Italia. In pratica si andrà ad uniformare il trattamento tra chi risiede entro la fascia dei 20 km e chi è fuori.

Stiamo cercando anche di portare all’aumento della franchigia, in modo da aiutare i redditi più bassi.

Le soglie di tassazione e i dettagli della nuova imposizione saranno definiti nel negoziato che verrà avviato.

Per quanto riguarda i Comuni di frontiera, cosa cambierà? Ci saranno ancora i ristorni?

Il sistema dei ristorni porta risorse importanti ai territori di frontiera, ma è da sempre soggetto alle decisioni del governo del Canton Ticino, che in più occasioni li ha bloccati come mezzo di pressione, come nel 2011, oppure li ha trattenuti in parte, come nel caso dei debiti di Campione d’Italia. Il nostro obiettivo era quello di mettere in sicurezza le risorse destinate ai territori, a cui deve essere garantito lo stesso livello di risorse attuale. Per questo si avvierà una fase transitoria in cui i ristorni esisteranno ancora ma saranno affiancati da un fondo strutturale per i territori di frontiera, costituito con parte delle tasse pagate in Italia dai frontalieri. In un arco di tempo molto lungo i ristorni andranno a finire, ma nel frattempo si sarà consolidato il fondo strutturale. Anche in questo caso dettagli e modalità della transizione saranno definiti in fase negoziale.

Che tempi prevedete per la chiusura del negoziato?

Il confronto di oggi ha permesso anche di dare ad entrambe le parti una deadline: obiettivo arrivare a parafatare e firmare l’accordo entro la fine di quest’anno.

Prossime tappe verso l’accordo?

Verranno fissati nuovi incontri, ma abbiamo chiesto il tempo per incontrare le parti sociali, i rappresentanti dei lavoratori frontalieri, e i rappresentanti dei territori per presentare loro gli aspetti salienti della pre-intesa e per raccogliere il parere e le preoccupazioni prima di arrivare a definire gli aspetti più delicati del negoziato.

Quali sono state le richieste della Svizzera?

Sostanzialmente l’obiettivo delle autorità elvetiche è quello di aumentare l’imponibile sui nuovi lavoratori frontalieri, così da prelevare più tasse. Questo per contro porterebbe ad una maggiore quota detraibile dalle tasse pagate in Italia. In pratica ci rimette un po’ il fisco italiano, ma è una scelta politica del Governo, in un’ottica di tutela dei lavoratori frontalieri.

Soddisfatto del risultato odierno?

Sì, perché si è arrivati alla riapertura di un negoziato in stallo dal 2015, si sono definiti due importanti punti fermi, a partire dal fatto che il nuovo regime riguarderà solo i nuovi frontalieri, e ci siamo dati dei tempi. Il confronto è stato serrato, ma siamo arrivati ad un equilibrio sulle rispettive esigenze.

Mariangela Gerletti
mariangela.gerletti@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Settembre 2020
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