Bulleri: “Allenare è un mio sogno, voglio un’Openjobmetis aggressiva”

Il nuovo allenatore biancorosso si è presentato alla Enerxenia Arena: "Ho studiato tanto per questo ruolo: se sono pronto lo diranno i risultati"

Massimo Bulleri basket

«Quando l’ho chiamato al telefono la prima volta, Massimo mi ha risposto: “A Varese ci vengo sui gomiti”». Toto Bulgheroni rivela una battuta della trattativa lampo che ha portato sulla panchina della Openjobmetis un ex campione del parquet come Massimo Bulleri, che proprio qui – al palasport di Masnago – fece le sue prime esperienze dentro a uno staff tecnico nell’estate di tre anni fa, dopo il ritiro dal basket giocato.

Dopo quindici stagioni da avversario – fiero, fischiato, talvolta insultato ma in fondo rispettato – le strade di Varese e di Bulleri si sono incrociate una prima volta, generando un innamoramento e un legame reciproco che ha permesso di arrivare a questa decisione: ingaggiare il “Bullo” per sostituire Attilio Caja, l’uomo che per ultimo lo aveva diretto dalla panchina. «Oggettivamente, non credo che ci sarebbe potuta essere una società diversa da Varese capace di propormi questo clamoroso stravolgimento di vita», ricambia il neo tecnico della Openjobmetis, prelevato – non senza difficoltà da Ravenna dove era il vice di Cancellieri.

Massimo Bulleri basket

Bulleri, dopo aver ringraziato il club romagnolo e il suo ex “superiore” («Canc è un grande amico con cui ho condiviso momenti esaltanti») sottolinea anzitutto il piacere di aver ricevuto apprezzamenti sul piano umano e morale da parte di Toto Bulgheroni e di tutto l’ambiente varesino, al momento della chiamata. E ammette che, tra le tante telefonate ricevute, ci sono state anche quelle di numerosi suoi ex allenatori, gente capace di vincere tutto («Mi suona strano sentirmi dire che ora faccio il loro lavoro. Farò di tutto per essere “veramente allenatore”, ci vorrà del tempo»). Il Bullo non fa nomi, ovviamente, ma ci pensa Bulgheroni a ricordare qualcuno dei coach per cui Massimo ha giocato: Messina, Obradovic, D’Antoni, Recalcati, Tanjevic e lo stesso Caja.

NESSUNA RIVOLUZIONE, TANTA AGGRESSIVITÀ

Che Varese vedremo, con Bulleri in panchina? Lo spiega lo stesso neo-tecnico che non prevede rivoluzioni, tanto meno nel breve periodo. «Non mi sogno di stravolgere niente; piuttosto cercherò di mantenere quello che c’è e che assomiglia al gioco che voglio fare, con al massimo qualche piccola correzione almeno fino all’ultima partita di Supercoppa con Brescia. Poi vedremo come usare la settimana successiva per entrare più a fondo nelle mie idee di basket, però eredito una preparazione tecnica molto importante, perché le capacità sul campo di Caja sono eccellenti. Conosco il suo gioco e farò tesoro degli anni trascorsi qui da assistente. Quello che sicuramente voglio dalla squadra è una grande aggressività, unita a spirito di sacrificio e desiderio di competizione. Il primo modo per legare la squadra ai tifosi e alla città: è il mio primo obiettivo, quello più importante e quotidiano».

HO CHIESTO RISPETTO, DARÒ RISPETTO

Nella prima riunione con la squadra, avvenuta martedì all’Enerxenia Arena, Bulleri non è tornato sulla partita persa lunedì a Desio. «E comunque non ho visto una squadra spenta – tiene a dire – ma un gruppo che ha lottato fino in fondo pur con qualche innegabile errore di troppo». Piuttosto, il discorso è ruotato intorno al termine “rispetto”: «Ho aperto con i ragazzi un canale comunicativo sugli aspetti morali. La parola chiave è “rispetto”, in entrambe le direzioni: quello dell’allenatore verso la squadra ha dei connotati, quello della squadra verso l’allenatore ne ha degli altri. L’ho detto ieri, spero sia stato capito e apprezzato. Dopo le parole però ci vogliono i fatti quindi darò ed esigerò la stessa quantità di rispetto».

STUDIO, SACRIFICI E UNA SCELTA CHE VIENE DA LONTANO

Bulleri non arriva impreparato – almeno dal lato teorico – all’esordio da capo allenatore. Ci arriva coronando la prima parte di un sogno iniziato tanti anni fa, quando faceva il playmaker, ben prima del suo ritiro. «Il ruolo di allenatore è via via diventato una figura per me affascinante, quasi un modello da impersonificare. L’idea di sedermi in panchina non è nata il giorno dell’ultima partita ma molto prima. Ho avuto tempo per maturare la convinzione che fosse la scelta giusta: questo lavoro prevede sacrifici a livello di tempo e di famiglia non comuni rispetto ad altri mestieri ma non ho avuto dubbi: quando si è spenta la fiammella del giocatore era già accesa quella dell’allenatore».
Una professione che, comunque, non ci si inventa: «Ho studiato tanto al video, sulla carta, a bordo campo guardando gli altri e sentendoli parlare, chiacchierando al telefono e via dicendo. Ho messo dedizione, sacrificio e desiderio: questa è la base da cui voglio partire, spero che basti e mi auguro che l’esperienza a Varese mi dia la certezza che quello che ho fatto è stato utile e concreto». Di certo – se la cava con una battuta, la differenza tra giocare, assistere e dirigere in prima persona «sta nella quantità delle ore di sonno. Al ribasso. Mi sento pronto? Lo siamo quando produciamo risultati. Sono stato allenato da gente che di risultati ne ha ottenuti parecchi e ho capito che non basta essere bravi, ci vuole qualcosa di più. E allora, oltre al bagaglio tecnico, provo a “rubare” loro qualcosa anche sul piano morale».

IO E LUIS, TRA VITORIA, TREVISO, ATENE

In questi giorni, sui social, sono riapparse vecchie foto della finale Olimpica di Atene 2004 in cui Bulleri in azzurro sfida Luis Scola in albiceleste. «Ci siamo affrontati in Eurolega quando io ero a Treviso e lui al Tau e ci siamo annualmente sfidati nel clou della stagione: nel 2002-03 vincemmo a Vitoria e ci qualificammo alle Final Four, due anni dopo perdemmo e passarono loro. Poi c’è stata la finale delle Olimpiadi: aver calcato quei parquet crea una assonanza che va avanti negli anni. Anche se non ci vedevamo da una vita».
Ma da oggi saranno compagni di avventura, a Varese, pur con due ruoli molto diversi, e qualche volta antitetici. Buon lavoro.

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 09 Settembre 2020
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