Da Varese all’Isola di Lesbo, la catena di solidarietà fa “sold out”

In due giorni si è attivata una importante catena di aiuti e sono stati raccolti beni di prima necessità destinati ai profughi. "Un piccolo gesto, una goccia nel mare, ma ci vuole davvero poco»

Generico 2018

Il passaparola è stato così veloce da riempire quattro macchine in due giorni. Quando sono partite da Varese in direzione Novara erano stracolme di scatoloni con dentro vestiti, coperte, scarpe, alimenti e prodotti per l’igiene personale. Destinazione: l’isola di Lesbo.

La raccolta di beni di prima necessità destinati ai profughi è arrivata fino in Valcuvia. Complice Facebook, alcuni cittadini hanno coinvolto amici e conoscenti ricevendo così vestiti, ma anche giacche e coperte. E poi saponi, assorbenti, pannolini per bambini, piatti, pentole, padelle, intimo e tutto ciò che può servire a chi da tempo non ha più una casa. Una catena di solidarietà che ha raggiunto il Nord e il Sud della provincia. La missione ha avuto una risposta così positiva che gli organizzatori hanno dichiarato il sold out nel giro di poche ore. Nulla va buttato comunque, le raccolte sono tante e in diverse città (Milano e Torino ma anche la Svizzera, ad esempio) e i viaggi per la Grecia sono frequenti.

Per partecipare o attivare una raccolta infatti, è possibile seguire la pagina Facebook dell’attivista umanitaria Nawal Soufi (il giornalista Daniele Biella le ha dedicato una biografia) sulla quale vengono pubblicati aggiornamenti continui. Anche la catena umanitaria di Varese è iniziata così. È seguito quindi lo stoccaggio delle scatole e il trasporto a Novara dove viene organizzato un container che parte una volta al mese, sempre grazie alla volontà di privati.

Martina, Dimitri, Eleonora, Alessandro, Marta, Guglielmo, Mariagrazia, Mari Cruz sono solo alcune delle persone che hanno trascorso il fine settimana a sistemare scatoloni. La consegna poi, è stata una grande soddisfazione ma ricordano che l’emergenza non è finita e gli incendi che recentemente hanno colpito il campo di Moria hanno solo peggiorato una situazione già disumana. «Di questi tempi, dove politicamente nelle alte sfere sembra che l’empatia sia morta, almeno tra le persone normali è ancora viva. E per un piccolo gesto come il nostro, una goccia nel mare, ci vuole davvero poco», spiegano.

Per chi vuole capire di più di Lesbo e delle storie che si intrecciano nell’hotspot di Moria, può leggere il libro di Anna Clementi, operatrice e mediatrice linguistico-culturale, autrice del volume “Al-Amal, nei campi greci con i profughi siriani” (qui per info). Il ricavato è destinato in beneficenza.

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Pubblicato il 30 Settembre 2020
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