Il Coronavirus tra sanità, politica e informazione: a Varese continua “Scienza e fantascienza”

Tra gli ospiti della seconda conferenza Raffaele Pugliese, direttore del Dipartimento polichirurgico dell’Ospedale Niguarda di Milano, il deputato Maurizio Lupi e il giornalista Davide Re, vice-capocronaca di Avvenire

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Un’analisi del Coronavirus sotto i punti di vista più diversi per riuscire a dare uno sguardo inedito alla pandemia. Giovedì pomeriggio si è svolto online il secondo appuntamento di “Scienza e fantascienza“: il seminario organizzato da Paolo Musso, docente dell’Università dell’Insubria. Si è discusso sui problemi legati alla gestione dell’epidemia, e alla situazione del sistema sanitario, ma anche sul ruolo dei media e su quali siano i prossimi passi per la ripresa. Alla conferenza hanno partecipato ospiti d’eccezione, come Raffaele Pugliese (direttore del Dipartimento polichirurgico dell’Ospedale Niguarda di Milano), il deputato di Noi con l’Italia Maurizio Lupi e il giornalista Davide Re, vice-capocronaca di Avvenire.

«Il covid – ha commentato Raffaele Pugliese – è diventato uno spettacolo. Non è l’Apocalisse. La mortalità è vicina a quella di una influenza grave, ma il problema è che l’insorgere di troppi casi nello stesso momento rischia di saturare gli ospedali. Nei miei anni di carriera al Nuguarda di Milano ho visto medici andare in pensione e non essere sostituiti. Ci siamo ritrovati a dover affrontare un’emergenza grande con un sistema sanitario debole. Bisogna però essere realisti, è necessario proteggere le persone, soprattutto i più deboli, ma non trasformare questa emergenza in Apocalisse con una narrazione scorretta».

«In Lombardia – ha poi aggiunto il professore – si è attaccato il sistema pubblico-privato che gestisce la sanità. Questo sistema invece secondo me è stato un’ottima trovata, perché ha favorito la realizzazione di un gran numero di strutture. Quello che è rimasto fragile in Lombardia è il territorio. Le Ats in questa emergenza hanno ricevuto compiti, come i tamponi e il tracciamento, che non hanno le forze di gestire».

«Quello che è mancato – ha affermato Davide Re è stato un piano per l’emergenza. Le epidemie avvengono una o due volte ogni secolo, non sono quindi un evento così raro. Abbiamo atteso troppo tempo prima di prendere provvedimenti e l’epidemia ha finito per coglierci alla sprovvista».

«In Italia – ha precisato il giornalista – si è scelta una strategia comunicativa di  “guerra”, con un’enfatizzazione che è sfuggita di mano. Ha fornito alla politica l’opportunità di fornire soluzioni senza il bisogno di rifletterci sopra più di tanto. L’epidemia ha messo in crisi i modi di lavorare, studiare, andare a scuola, ma anche di fare informazione. La stampa per anni si è basata solo su una formazione prevalentemente umanistica, spesso affiancata da un impegno politico. Questo ha portato i media a dare spesso più peso a una notizia politica rispetto a una corretta e puntuale analisi dei dati».

«Nella prima fase – ha raccontato Maurizio Lupi – ci siamo trovati in una situazione nuova, in cui non si sapeva come reagire. In questi casi si può scommettere o sulla responsabilità dei cittadini oppure sulla paura dell’intervento dello stato. La reazione da parte dei cittadini nella prima fase è stata stupefacente sotto ogni punto di vista, soprattutto quello della solidarietà. Ora siamo nella fase più difficile. Le libertà che vengono soppresse senza ragioni chiare prima o poi provocano una reazione. Il nostro errore è stato quello di non dare ragioni, ma puntare solo sulla paura. Rabbia e tensioni sono frutto dell’incertezza. Dobbiamo imparare a convivere col virus con serietà e responsabilità, motivando le decisioni che coinvolgono la libertà dei cittadini».

«Ora – ha poi affermato il deputato di “Noi con l’Italia” – c’è l’opportunità di poter sfruttare poteri e fondi come mai prima d’ora nel nostro Paese. Tutto questo potrebbe trasformarsi in una grande opportunità di ripresa, ma anche in un rischio. Come usarli quindi? Le misure di assistenza sono interventi temporanei, ma per il futuro bisogna formulare un progetto. Un punto fondamentale su cui investire per la ripartenza è l’istruzione, non solo sulle infrastrutture, ma anche sui docenti e sul rapporto tra la scuola e le famiglie. La didattica a distanza ha mostrato che le persone più deboli con la pandemia lo sono diventate ancora di più. È inoltre necessario sostenere le imprese: il pilastro fondante di tutta la nostra società».

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Pubblicato il 30 Ottobre 2020
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