L’operaio del futuro è uno smart worker

I lavori che si possono svolgere da remoto sono tanti e saranno sempre di più. C'è la convinzione che lo smart working sia la prerogativa di una minoranza privilegiata, ma è una convinzione generata da modelli mentali ormai superati

Lavoro generiche

Michelangelo non poteva creare la Cappella Sistina nella sua bottega. Uno street artist non può dipingere un murale nella sua stanza. Monet dipinse quasi tutte le ninfee dello stagno del giardino di casa. Unterthiner, il fotografo italiano più premiato di sempre al Wildlife photographer of the year, difficilmente può trovare ispirazione e soggetti come i gipeti dal balcone di casa. Ma un’installazione artistica di realtà aumentata è probabilmente stata creata da un team multi-disciplinare che collabora da remoto.
Nelle economie occidentali la quota di lavoro che si può svolgere, teoricamente, da remoto varia in funzione del settore, del ruolo, dell’organizzazione aziendale. In Italia l’Istat (Istituto nazionale di statistica) ha stimato al 30%, non dissimile dal 37% USA, la percentuale di occupazioni “remotizzabili”. (Foto di Markus Baumeler da Pixabay )
Quindi si conclude spesso e velocemente che lo smart working è per una minoranza privilegiata, anche perché mediamente occupata in professioni intellettuali, meglio retribuite e più protette dall’obsolescenza indotta dalla tecnologia.
Verissimo secondo la visione limitata dai nostri modelli mentali di come funziona il mondo. Ma è davvero così?
Pensiamo alla Forze Armate. Oggi c’è la guerra iper-tecnologica e senza l’utilizzo di forze sul campo (droni, satelliti, cyber), molto più da remoto di quanto non si potesse mai immaginare prima.
Pensiamo alla medicina: in Cina c’è già stato il primo intervento di neurochirurgia remota grazie a tecnologia 5G su un paziente a 3000 km di distanza.  E la telemedicina preventiva sta facendo passi da gigante.
Pensiamo al controllo degli impianti e delle infrastrutture: con i contatori elettronici è diventato da remoto il controllo dei consumi; coi sensori di sorveglianza le centrali di monitoraggio sono virtuali. L’operaio del futuro, che non si chiama più così, forse controlla l’automazione industriale dal salotto di casa.
Pensiamo all’educazione: se ho una connessione internet stabile, posso seguire i corsi delle migliori università del mondo, gratis, anche dalle steppe della Patagonia, con Federica Web Learning, ad esempio, la piattaforma multimediale dell’università Federico II di Napoli.
Le organizzazioni che giustamente si stanno chiedendo fino a che punto, per quali ruoli, con che modalità, si possa riorganizzare il lavoro per abilitare al massimo lo smart working fanno bene a guardare il presente e il futuro prossimo. L’invito è di alzare ulteriormente lo sguardo e far volare l’immaginazione.
Il futuro è già arrivato. Solamente non è ancora stato uniformemente distribuito” (W. Gibson).

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Pubblicato il 25 Ottobre 2020
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