Busto Arsizio apre alla proposta di Amga per salvare Accam ma la Lega si sfila
Forza Italia e Fratelli d'Italia con il sindaco per approfondire la proposta, Pd e Italia Viva aprono alla discussione e chiedono di essere coinvolti. I 5 Stelle per la chiusura dell'impianto, come la Lega
Le nubi scure che si stagliano sulla ciminiera di Accam non sembrano volersi dissolvere. Anche la commissione affari generali di Busto Arsizio, che si è svolta ieri in videoconferenza, non ha chiarito quale sarà la soluzione per uscire dal pantano di debiti e di governance in cui si trova la società che gestisce l’inceneritore.
In campo c’è la soluzione proposta da Amga, società partecipata del Comune di Legnano, che ha teso la mano al presidente Angelo Bellora con un piano industriale che punta a risanare i conti della società, ormai ad un passo dalla richiesta di fallimento a causa dei danni dell’incendio di gennaio scorso, senza turbine per la produzione di energia, senza i vantaggi dell’in house e con altri 4,4 milioni di fatture da pagare ad Europower che gestisce l’impianto. Una situazione che scoraggerebbe chiunque.
Proprio di questo si è parlato nella riunione di ieri dopo che il sindaco Antonelli non aveva partecipato al voto sul piano industriale che spostava la chiusura dal 2027 al 2032 con l’ingresso di Amga e Agesp nella società al posto dei 27 comuni che da anni approvano piani industriali senza alcuna prospettiva di riuscita. Per non parlare delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto i vertici durante la gestione Bordonaro, finita in manette insieme ad altri, nell’ambito dell’inchiesta Mensa dei Poveri che ha messo in luce un sistema clientelare di gestione degli incarichi anche all’ombra dell’inceneritore di Borsano, con la regia di Nino Caianiello.
Il sindaco Antonelli non ha, però, chiuso la porta alla proposta di Amga e ha annunciato una due diligence per capire se ci sono i presupposti per un passo di questo genere. Il fallimento sarebbe un problema per Busto e per tutti i comuni soci (con la Corte dei Conti pronta ad accendere un faro sulla gestione di questi anni turbolenti) oltre a far perdere il controllo di una parte importante del ciclo dei rifiuti sul territorio a vantaggio di altri impianti gestiti da privati: «Effettivamente è l’ultima possibilità che rimane sul tavolo ma non intendiamo cedere il terreno ad una eventuale newco – ha detto ai consiglieri – e via anche la data di chiusura. Solo così la società può avere un futuro».
Per i 5 Stelle, che non sono contrari ad una società che metta insieme le due partecipate di Legnano e Busto Arsizio per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, non è più il tempo dei se e dei ma: «Dicano qual è il vero obiettivo di questa operazione perchè se anche l’idea di un’unica società del territorio può avere un senso, non possiamo accettare che si basi su un’idea di incenerimento vecchia, superata e che danneggia la salute dei cittadini. Chiudere l’inceneritore si può e da tempo è la stessa regione Lombardia a dire che non è essenziale e che è disponibile a contribuire alla bonifica dei terreni. D’altra parte è noto che l’impianto di Busto sta aumentando continuamente la quota di rifiuti speciali per mancanza di rifiuti urbani».
Il Pd ha chiarito la posizione tramite Cinzia Berutti: «Siamo disponibili a collaborare ad un’ipotesi di società tra Agesp e Amga, senza impegno e con alcuni paletti: innanzitutto si lavori insieme davvero su questo piano e che non sia la proposta arrivata l’unica possibile soluzione. Che sia una base di intervento per una svolta ecologica della gestione di questo problema. Usiamo questo momento di crisi come occasione per ripensare al tema». Favorevole anche Italia Viva che vede in questa proposta «la possibilità per Accam di uscire da una gestione fallimentare e sconsiderata degli incarichi operata da Caianiello e soci».
Il vero nodo, tutto interno alla maggioranza bustocca, è la Lega che fa sapere di essere ancora ferma sulla volontà di chiudere l’impianto nel 2027. La posizione del segretario cittadino Speroni rimane questa ma avrebbe anche affermato che si rimetterà alla volontà della maggioranza nel caso si dovesse decidere altro.
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