“Com’eri vestita?”, una mostra per fermare i pregiudizi e la violenza

Il 25 novembre sarà inaugurata la mostra virtuale con gli abiti indossati dalle donne vittime di violenza sessuale. Un'iniziativa voluta dalla Cgil, Cisl e Uil di Varese in collaborazione con la rete di associazioni impegnate nella tutela di chi soffre abusi

Generico 2018

“Chissà com’era vestita”! Certo perché se una donna subisce violenza un po’ se l’è cercata: la gonna troppo corta, la camicetta scollata, il tacco a spillo. E invece non è così. Sarà una mostra a smantellare un luogo comune, magari sottaciuto, ma da sempre troppo diffuso. Appesi al muro ci sono gli abiti di chi, vittima di abusi, ha raccontato anche com’era vestita: jeans, maglioni, un vestitino da festa in spiaggia, la tuta da ginnastica. Abiti che ogni donna ha nell’armadio.

E’ solo un punto di partenza, apparentemente banale, per raccontare il mondo sommerso della violenza sulle donne. Il 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne e Cgil, Cisl e Uil di Varese hanno promosso un’iniziativa che sarà lanciata su tutti i canali social dei sindacati e di tutte le associazione che aderiscono alla Rete Interistituzionale Antiviolenza di Varese. La mostra “Com’eri vestita” sarà inaugurata virtualmente alle 9 del 25 novembre: promossa dall’associazione culturale Libere Sinergie di Milano e allestita negli spazi della Biblioteca Comunale di Como l’esposizione verrà mostrata attraverso un tour virtuale, appunto, mentre attori professionisti narreranno le storie di alcune donne che hanno subito violenza.

L’iniziativa è stata illustrata oggi, nel corso di una conferenza stampa, alla presenza di rappresentanti della Cgil Cisl e Uil e dell’assessore alla Pari Opportunità del Comune di Varese, Rossella Dimaggio.

Una ricorrenza, quella della Giornata contro la violenza sulle donne, che cade in un momento davvero drammatico: il lockdown provocato dalla pandemia ha costretto in casa con il loro aguzzino, mogli, compagne, madri. I casi di violenza e i femminicidi sono aumentati in maniera esponenziale. «Il numero delle vittime femminili, solo nel primo semestre del 2020, è cresciuto arrivando al 45% del totale degli omicidi -a ha spiegato Maurizio Manfredi della Uil -. Secondo i dati Istat, tra marzo e giugno del 2020, il numero delle chiamate telefoniche e via chat al numero verde antiviolenza è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno 2019. Quello su cui dobbiamo lavorare è proprio il cambiamento di un atteggiamento culturale».

«Varese è capofila della rete Antiviolenza che raccoglie diversi enti, dalla prefettura, all’Ats, dall’ufficio scolastico territoriale, alle strutture che si prendono cura delle donne – ha spiegato la Dimaggio – . Sono quattro i centri antiviolenza che operano sul territorio: EOS, un centro di ascolto, il centro antiviolenza ICORE, “Dico Donna”, attivo all’interno dell’ospedale, e Donna Sicura (nei link tutti i contatti ndr). Il loro compito è l’ascolto, che può trasformarsi poi in presa in carico, assistenza e supporto legale. Se occorre possiamo trasferire le donne vittime di violenza in una delle tre case che abbiamo a disposizione sul territorio, una con indirizzo segreto e due rifugi di secondo livello in cui vengono accolte quelle persone che devono essere allontanate dall’abitazione teatro del loro incubo. Tutto questo in stretta collaborazione con le forze dell’ordine. Importantissima poi – ha concluso l’assessore Di Maggio – la prevenzione all’interno della scuola».

Di un aspetto che invece viene poco trattato ha parlato Oriella Riccardi della Spi Cgil, la violenza nelle Rsa: «E’ un tema molto sottovalutato – ha detto la Riccardi- ma i numeri sono altissimi, parliamo di 25 mila casi all’anno. La violenza nei confronti delle persone anziane può assumere diverse forme. Può consistere in abusi fisici e psicologici. Occorre che anche questo aspetto della violenza sugli anziani venga trattato con più attenzione. Sarebbe importante, infine, si facessero maggiori investimenti economici nelle case rifugio e nei centri anti violenza».

Di cambiamento culturale hanno parlato Elisa di Marco della Cisl  dei Laghi e Roberta Tolomeo della Cgil Varese che presentando l’iniziativa del 25 novembre ha spiegato l’origine di questa ricorrenza: «Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime del dittatore della Repubblica Dominicana. Il 25 novembre 1960 le sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare. Condotte in un luogo nascosto nelle vicinanze furono stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi essere gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente. L’assemblea generale delle nazioni unite ha scelto quella come data simbolo. Di tempo ne è passato molto da allora, ma di strada da fare ce n’è ancora parecchia da fare per eliminare la violenza di genere».

 

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Pubblicato il 23 Novembre 2020
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