“La medicina del territorio impoverita dalla riforma della sanità è lasciata sola”

Dura critica del Presidente dell'Ordine dei Medici Cambielli al sistema sanitario lombardo. I medici di medicina generale, chiamati ad arginare gli effetti pericolosi del virus, sono senza strumenti adeguati e costretti a una burocrazia asfissiante

coronavirus

La medicina del territorio è in grave difficoltà. Chiamata ad arginare il dilagare del SarsCoV2 e a evitare l’intasamento degli ospedali, si ritrova a fare i conti con una molteplicità di incombenze, non ultima la campagna vaccinale contro l’influenza che la vede protagonista. Una novità, rispetto agli altri anni, perchè tutti gli over 65enni devono rivolgersi al proprio medico curante. A evitare il collasso, occorre ricordarlo, è il ritmo di consegna delle dosi, molto rallentato rispetto alla richiesta ( ogni medico potrà avere 100 dosi entro metà novembre).

Le notizie che si susseguono a livello nazionali, come i test rapidi negli ambulatori medici, o i centri diagnostici territoriali, primo avamposto della cura ai pazienti Covid, risuonano come annunci che si scontrano con realtà ben diverse e decisamente più povere in termini di uomini ma anche di spazi. Oggi, la gran parte dei medici di famiglia ha ambulatori in condomini, senza possibilità di realizzare percorsi di accesso in sicurezza. Questo vanifica ogni possibilità di realizzare punti territoriali di assistenza.
Ogni medico di medicina generale ha una media di 1500 assistiti, un numero impossibile da gestire in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo e con tutto il carico di burocrazia imposto.

Il dottor Marco Cambielli, Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Varese, lancia l’allarme:

«E’ ormai da giorni che i casi di Covid-19 segnalati nella provincia di Varese si collocano per numero ai vertici della classifica regionale ed è ampiamente noto come le strutture ospedaliere della provincia siano in affanno così come i medici che vi operano.

MEDICI LASCIATI SOLI
Meno nota è la condizione dei medici di medicina generale che sono la prima barriera all’incremento, che poteva essere previsto, dei casi, ma che finora sono stati lasciati soli nel momento decisionale fondamentale dell’approccio diagnostico e clinico –terapeutico proprio delle fasi iniziali della malattia, considerata anche la lunghezza del tempo che intercorre, allo stato attuale, tra la richiesta e l’esito dei tamponi, per motivazioni note.

TROPPA BUROCRAZIA
Viene in particolar modo segnalato che i medici del territorio stanno curando i casi di Covid-19, che stanno continuamente aumentando in modo esponenziale, con uno sforzo straordinario che mantiene in vita la rete ospedaliera, medici per di più ulteriormente aggravati dal peso di numerose richieste burocratiche che causano notevoli perdite di tempo, essendo attualmente impegnati nella più grande campagna vaccinale mai realizzata che li vede in prima linea.

I DANNI DELLA RIFORMA MARONI DEL 2015
La genesi remota di questa fase di crisi risiede nella legge 23 del 2015 della Regione Lombardia che ha centralizzato la gran parte della attività sanitaria sull’ospedale, sguarnendo pericolosamente il territorio, errore che viene riconosciuto dagli stessi responsabili politici visto che è stata istituita dal Presidente regionale attuale una commissione di 5 saggi incaricati di presentare le loro proposte   al fine di cambiare le regole fissate all’epoca del governatore Maroni, dimostratesi il tallone di Achille organizzativo per questa pandemia.

CENTRI DIAGNOSTICI TERRITORIALI, MA NON A VARESE
Apprendiamo, secondo le recentissime dichiarazioni dell’Assessore al Welfare, avv. Gallera, che finalmente partiranno le attività dei Centri diagnostici territoriali ( hotspot) gestiti dagli specialisti delle aziende sanitarie, con medici e pediatri di famiglia, infermieri di comunità, in collaborazione con le amministrazioni comunali intese ad integrare le prestazioni della medicina territoriale con quelle specialistico-ospedaliere, offrendo così ai medici di medicina generale un punto di riferimento di prossimità verso cui indirizzare i pazienti che necessitano di un accertamento o stadiazione della patologia da coronavirus.

Il paziente inviato all’hotspot , secondo quanto viene riportato delle dichiarazioni dall’avv. Gallera, viene sottoposto all’attività diagnostica per SARS-Cov-2  con visita specialistica adeguata e supportata con apparecchiature per ecografie e RX Torace. Lo stesso paziente potrà, quindi, essere inviato a casa in tele-monitoraggio oppure, se necessario, direttamente al ricovero in reparto saltando quindi il passaggio in pronto soccorso.

LE USCA SONO POCHE E MAL ATTREZZATE
In sostanza si è cercato un metodo perché si realizzasse quanto avevo auspicato con una lettera inviata già il 23 Ottobre dall’Ordine dei Medici di Varese ai direttori di ATS, ASST Settelaghi e ASST Valle Olona, raccogliendo le voci dal campo.  Ma , accertato che nella provincia di Varese viene lamentata anche  una  insufficiente attività delle USCA  ( Unità speciali di continuità assistenziale, incaricate dell’assistenza domiciliare), sono costretto ad annotare che purtroppo gli interventi annunciati  dallo stesso Assessore   sono limitati alla provincia di Brescia ( 3hotspot), a quella di Monza e Brianza ( 3 hotspot) ed a quella di Milano (4 hotspot).

QUANTO DOVREMO ASPETTARE?
Nelle dichiarazioni dell’Assessore , né da altre comunicazioni, si sa nulla di creazioni di strutture nella provincia di Varese, simili o uguali a quelle sopra descritte,  già presenti in altre regioni viciniori con buon risultato,  che allevino il peso della pandemia sugli ospedali e sul territorio varesino . Quanto bisognerà aspettare? A chi imputare questo attrito operativo? Esiste nei fatti una preoccupazione deontologica per l’andamento attuale della situazione e rinnovo la mia disponibilità, e quella dell’Ente che rappresento, per una soluzione rapidissima ai problemi evidenziati.

Dottor Marco Cambielli
Il Presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi ed Odontoiatri della provincia di Varese»

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Pubblicato il 02 Novembre 2020
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