Le otto domande che devi porti quando usi whatsapp

Quando si sceglie di comunicare il proprio pensiero, spesso si agisce d'istinto senza porsi le domande giuste su quel gesto con conseguenze che possono essere anche spiacevoli

whatsapp

Mia madre, 84 anni, ha iniziato a usare whatsapp solo quando le ho insegnato a registrare messaggi vocali. Prima non le piaceva digitare “Short Message Services”. Mia moglie, evergreen, usa whatsapp per tutte le sue comunicazioni digitali abituali e quotidiane. Niente mail, niente social media. Le mie figlie, giovani ventenni, mandano brevi messaggi whatsapp e occasionalmente cambiano la foto di status.
Mio figlio, 9 anni, usa whatsapp, sul telefono di mamma, per fare le video chiamate con i cugini in lockdown.
Io detto i miei messaggi whatsapp per trasformarli velocemente in testo (spesso lungo) e leggo quelli che ricevo sul PC su cui normalmente lavoro, con l’applicazione desktop.

UNO STRUMENTO, TANTI MODI DI (AB)USARLO.

Quando mandavamo una lettera per via postale avevamo un numero limitato di scelte a disposizione: dimensione, tipologia, peso, scritta a mano o stampata, cartolina, e poc’altro. Passando dai media tradizionali a quelli digitali, si moltiplicano i canali, le piattaforme, gli strumenti e soprattutto cresce esponenzialmente il set di opzioni a nostra disposizione. Questo richiede una nuova meta-sintassi della comunicazione da parte di tutti per evitare la confusione, il caos, lo stress.

Secondo Jeffrey Hall, autore del recentissimo Relating Through Technology: Everyday Social Interactions (Advances in Personal Relationships), le dimensioni rilevanti per costruire questa nuova alfabetizzazione sono:

1. Sincronia o asincronia: questo è un continuum che comprende l’aspettativa implicita sui tempi di risposta (ad esempio l’email è asincrona con un’aspettativa di risposta normalmente in 24 ore; whatsapp è anch’esso asincrono ma ci si aspetta che la risposta arrivi in alcune ore al massimo)

2. Social clues (indizi): la capacità di includere efficacemente elementi non verbali varia molto da media a media; se facciamo una videocall con la telecamera spenta, tanto valeva forse fare una semplice telefonata tradizionale, a meno che magari non sia un incontro di lavoro oltre orario e stiamo implicitamente segnalando al nostro interlocutore che sarebbe meglio non invadere la nostra privacy a quell’ora per argomenti non urgenti.

3. Reach: è il numero di persone cui il messaggio è mandato e comprende anche la possibilità più o meno immediata di essere inoltrato potenzialmente a molte altre persone. Oggi, ogni comunicazione, attraverso un’app di registrazione audio-video (anche accesa in background senza comunicarlo agli interlocutori) o una fotografia istantanea dello schermo di ogni device, può generare un contenuto diffondibile a tutto il mondo immediatamente.

4. Permanenza: la longevità della traccia digitale è un argomento molto complesso. La nostra identità fisica ha limiti “naturali”, mentre quella digitale è potenzialmente eterna, multipla, modificabile, hackerabile. A volte, come nel caso dell’episodio recente del like dall’account Instagram di Papa Francesco sulla foto di una modella brasiliana, anche rimuovere il like è troppo tardi.

5. Searchability: mio padre quando ero piccolo telefonava tutte le sere a suo fratello per un saluto e aggiornamento famigliare. L’unica traccia di quelle comunicazioni è forse nei vecchi tabulati della SIP degli anni ’60 e nelle nostre memorie di famiglia a lungo, ma finito, termine. Dopo, l’11 settembre, invece, quasi ogni comunicazione, transazione, spostamento, è tracciato automaticamente da sistemi molto avanzati che possono alla bisogna determinare chi, dove, quando, quanto, cosa, come si è comunicato. A volte i dati sono accessibili solo alle forze dell’ordine e di sicurezza, e ai loro avversari, in altri casi basta una semplice ricerca google.

6. Mobility: a parte le conversazioni e le comunicazioni in presenza fisica, ormai la portabilità degli smart phone è tale per cui, ammessa e non concessa l’affidabilità e velocità della banda di connessione, possiamo accedere e essere “accessi” in ogni parte del mondo, in ogni momento. La portabilità della comunicazione è di fatto ubiqua e va gestita attivamente.

7. Interattività: la comunicazione è sempre un canale a due vie quindi interattiva, non fosse altro che con un applauso o la scelta di voto oppure di acquisto (asincrone). Ma i nuovi media offrono possibilità di interazione immediata e molteplice che amplifica l’arena comunicativa, rendendola multi-dimensionale e soprattutto partecipata. Mettendo un like, commento o inoltro, fecendo domande durante un webinar o una lezione multi-mediale, l’audience diventa attore e co-creatore dell’esperienza originata dall’autore.

8. Quantificabilità: la facilità di accesso e di visualizzazione della fruizione del messaggio sono il motore del valore delle grandi piattaforme che vendono dati di utilizzo (a volte illegalmente) per migliorare la precisione degli investimenti di comunicazione e renderli sempre più personali. Il fenomeno influencers nutre il proprio pubblico con la diffusione stessa dei dati, alimentando un circuito di ulteriore attrazione. Davanti a questa complessità, spesso le scelte sono guidate dalle abitudini e corriamo rischi di incomprensione o molto peggio. È meglio che le nostre scelte diventino intenzionali per distinguere canali e opzioni per ogni situazione.

La costruzione di questa competenza linguistica digitale è un processo lungo e non scontato, anche a causa della continua evoluzione delle tecnologie. Quindi è tanto più importante e urgente intraprenderlo a livello personale, del sistema educativo e sociale. Possiamo iniziare anche subito abituandoci a praticare le regole di ecologia dei media personali con alcune domande da porci ogni volta che abbiamo un pensiero e scegliamo come comunicarlo:
– Devo comunicarlo?
– A chi? Pubblico privato o pubblico?
– Qual è il livello di urgenza?
– Dove si trova la mia audience fisicamente?
– È necessaria una forma scritta?
– Quali sono i requisiti di confidenzialità?
– Qual è la quantità di contenuto-informazione rilevante?
– Quanto sono importanti gli elementi non verbali?

Conoscere vantaggi e svantaggi, aspettative implicite e uso appropriato di ogni media è sempre più fondamentale per il nostro e altrui benessere.
«Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono». Parola di George Bernard Shaw.

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Pubblicato il 29 Novembre 2020
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