Pandemia, paura e potere tra realtà e fantascienza: se ne parla all’Insubria

Si è svolto mercoledì il terzo incontro online a tema Coronavirus della rassegna "Scienza e fantascienza" dell'Università dell'Insubria

Università dell'Insubria di Varese Bizzozzero

Realtà e fantascienza a confronto per osservare gli effetti che l’emergenza Coronavirus ha scatenato nel giro nel giro di pochi mesi all’interno della società e della politica. Se ne è parlato mercoledì 11 novembre al terzo incontro online di “Scienza e fantascienza“: la rassegna di conferenze organizzata da Paolo Musso, docente dell’Università degli studi dell’Insubria.

La discussione si è aperta con una riflessione sui regimi totalitari all’interno dei classici della letteratura, e su come spesso abbiano come fine il “bene” della popolazione. «Oltre alla paura – ha spiegato il critico di fantascienza Gianfranco De Turris -, una dittatura può contare su altri strumenti coi quali condizionare la popolazione: uno di questi è il “buonismo”. In 1984 Orwell descrive un regime che si fonda sul monitoraggio capillare di tutti gli abitanti attraverso il “Grande fratello”: una figura che grazie alla tecnologia vigila sul popolo e afferma di condurlo verso quello che ritiene bene».

La società tra paura della morte e influenza della tecnologia è invece stata al centro dell’intervento di Paolo Bellini, docente di Linguaggi politici all’Università dell’Insubria. «La società in cui viviamo – ha affermato Bellini – non è più in grado di accettare la morte. Riusciamo ad accettarla solo quando possiamo assumerne il controllo attraverso una procedura sanitaria con tappe precise che assume le caratteristiche di un rito. La paura del virus nasce quindi dalla sua incontrollabilità».

«Accanto al bisogno di sentirsi protetti – ha poi aggiunto il professore – abbiamo però paura di un controllo invasivo della nostra riservatezza. La pandemia ha messo in luce  proprio quanto sia capillare il controllo che la tecnologia ha sulla vita delle persone. Gli algoritmi dei motori di ricerca, delle app e dei social network orientano i nostri comportamenti a favore dei fornitori di beni e servizi. Se la sorveglianza è troppo elevata e non è garantita la privacy dell’individuo, allora non può esistere la libertà».

Ma se la tecnologia è un fenomeno che ha caratterizzato solo la società contemporanea; tra le pagine dei capolavori del passato si possono trovare altre situazioni molto simili a quelle che si sono verificate durante l’epidemia di Covid-19.

«Manzoni – spiega Rosanna Pozzi, docente di Letteratura italiana al Liceo scientifico Tosi di Busto Arsizio – ha studiato a fondo la Peste del ‘600 e nelle sue opere critica pesantemente il modo in cui Milano ha gestito l’epidemia. Nonostante si fosse individuato il primo focolaio di Peste in un villaggio vicino, le autorità preferirono ascoltare opinioni più rassicuranti, per poi chiudere la città quando ormai era già troppo tardi. Nonostante le migliaia di morti, i milanesi a quel punto erano ancora ossessionati dalla ricerca di colui che aveva portato la Peste in città e dalla caccia agli untori. Tutto questo mentre le persone ricorrevano a rimedi più scaramantici che medici».

Sempre nei “Promessi sposi” si trova però anche quell’aspetto umano che emerge soltanto nella difficoltà, proprio come è capitato durante l’epidemia di Covid-19 grazie alla solidarietà di tante persone verso i più deboli.

All’incontro di mercoledì ha partecipato anche Francesca Zanetto, medico presso l’Ospedale Sacra famiglia Fatebenefratelli di Erba. Dal 2006 al 2010 la dottoressa Zanetto ha vissuto insieme alla sua famiglia in Uganda, dove ha lavorato come medico. Un’esperienza che l’ha messa di fronte a un realtà molto lontana da quella italiana, e a un modo completamente diverso di intendere la sofferenza e la morte.

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Pubblicato il 12 Novembre 2020
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