Revenge Porn: l’appello della Questura di Varese nella giornata contro la violenza alle donne
"Non lasciate alcun materiale in mano a nessuno perchè da un momento all’altro potrebbe ripercuotersi negativamente nei vostri confronti, e vi espone ai ricatti più biechi"
E’ un tema purtroppo molto attuale, quello del revenge porn, e diffuso in ogni angolo del mondo.
Neanche il nostro territorio si sottrae a questa orribile pratica, che vede il materiale osè prodotto durante una relazione utilizzato come ricatto e violenza una volta finita la relazione: «Purtroppo anche noi abbiamo riscontrato diversi casi – spiega Angela De Santis, dirigente della divisione anticrimine della Questura di Varese, alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza alle donne – E quando le donne si rivolgono a noi, vittime di ricatti biechi perchè magari un uomo con cui hanno avuto una relazione sentimentale sta utilizzando con il ricatto delle immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito, si ritrovano in una situazione di ansia e vivono una vita veramente poco serena».
Per questo la Questura ha deciso di fare un appello ufficiale alle donne di tutte le età che potrebbero ritrovarsi a ricevere la proposta di fare una foto o un video osè: «La raccomandazione è, soprattutto in questo periodo di restrizione dove magari è piu facile lasciarsi andare con i social, non farlo. Pensateci mille volte prima, assolutamente non date questo materiale in mano a nessuno perchè da un momento all’altro potrebbe ripercuotersi negativamente nei vostri confronti. E’ un invito che facciamo a tutte le donne, e lo facciamo anche alle mamme, perchè parlino liberamente con le figlie più giovani, che non devono prendere con leggerezza questa questione, devono assolutamente essere consapevoli dei rischi a cui vanno incontro».
Un problema che è molto diffuso tra le ragazze giovani, che vivono più leggermente le relazioni social, ma che coinvolge anche donne adulte, che hanno magari molto da perdere: un marito, un lavoro importante, un rapporto famigliare: «Noi vediamo che le donne hanno molta difficoltà a denunciare, perchè si vergognano. E spesso il ricatto della divulgazione di questo materiale si associa ad altri atti vessatori, cosi la loro vita diventa insostenibile – continua De Santis – Quando vengono da noi arrivano veramente in condizioni pietose, e a noi dispiace questo. Noi cerchiamo di aiutarle, di usare tutti i nostri mezzi per tamponare la situazione, ma è importante che sappiano che cedere questo materiale significa cedere al ricatto».
«Bisogna essere consapevoli che questo materiale può essere divulgato ai famigliari, agli amici, nell’ambiente di lavoro – ricorda la dirigente dell’anticrimine – Il datore di lavoro che vede questo materiale finirà per riconsiderare la posizione lavorativa, anche se consolidata nel tempo, e quindi si avranno solo ripercussioni negative. Insomma, il nostro consiglio è assolutamente evitare di farlo».
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Mi spiace, ma questi messaggi paternalistici e sessisti non sono più accettabili nel 2020.
“Non mandare le foto osè” è il nuovo “non mettere la minigonna” e questa cosa è semplicemente vergognosa.
Ricordiamoci che chi commette un reato è chi condivide il materiale, non chi lo manda!
Mi piacerebbe vedere una comunicazione che puntasse seriamente il dito verso i colpevoli e non verso le vittime.
Non credo che nessuno stia rigirando le colpe verso la vittima ma quello della questura è solo un invito ragionevole! Occorre sempre prendersi tutte le precauzioni verso chi un giorno potrebbe tramutarsi in un mostro pronto a far leva sulla vittima grazie a del materiale acquisito in precedenza.
E’ ridicolo come inneschiamo polemiche sulla tutela della privacy quando dobbiamo installare una applicazione come Immuni per il tracciamento anonimo di una pandemia e dall’altro lato affrontiamo con assoluta leggerezza questioni legate alla divulgazione legittima o meno di materiale audio/video sensibile, personale ed intimo.
Nulla toglie che chi lo fa commette un reato grave e va perseguito senza sconti.