Il sindaco di Brenta: “È il momento di riflettere sul ruolo dei medici di base”
"Non esiste soltanto il medico di famiglia nella sua forma tradizionale di cura della cronicità, ma una figura che allarga l’orizzonte verso la cura delle patologie acute gestibili nel suo ambito"
Il sindaco di Brenta, Giampiero Ballardin, interviene sulla situazione che, a causa dell’epidemia si trovano ad affrontare diversi piccoli (e non solo) comuni della provincia di Varese. È il secondo appello del primo cittadino per sostenere il lavoro dei medici di base. Pubblichiamo la sua nota:
Nel mio appello alle Istituzioni Regionali e alle strutture provinciali di ATS, di martedì 10 novembre, CHE AD OGGI NON HA AVUTO LA BENCHÉ MINIMA ATTENZIONE E/O RISPOSTA, ho evidenziato una situazione di grave difficoltà vissuta in un momento importante del territorio dovuta al rilevante dato di contagio da covid-19. Il comune di Brenta oggi ha 47 abitanti positivi al tampone e 34 persone in quarantena fiduciaria.
In questo momento la situazione vede una forte difficoltà posta in affanno, non solo dall’enorme mole di lavoro, ma da situazioni di contagio che vedono coinvolti alcuni medici di base. Ritengo necessario, oltre all’appello contingente dovuto ad una situazione elevato contagio virologico, porre a ragionamento collettivo una funzione importante, evidenziata, non solo in questa fase pandemica, sull’importante ruolo svolto dai medici di base.
Lo sforzo di tutelare la salute della popolazione durante la pandemia ha comportato e comporta tuttora il tentativo di minimizzare la morbilità e la mortalità ottimizzando risorse e strategie che possono richiedere limitazioni sui diritti e sulle preferenze individuali. Il medico di base è di fatto, il primo mattone di qualsiasi sistema di sorveglianza della salute, in quanto custode delle informazioni sulla salute dei cittadini ed in costante rapporto con la rete dei servizi ospedalieri e di sanità pubblica delle aziende sanitarie locali.
Se qualcosa ci dovrebbe insegnare l’attuale pandemia nel suo percorso è nella necessità di valorizzare le funzioni di prevenzione e sorveglianza anche con adeguate forme di riorganizzazione della sua attività professionale, in quanto non esiste soltanto il medico di famiglia nella sua forma tradizionale di cura della cronicità, ma una figura che allarga l’orizzonte verso la cura delle patologie acute gestibili nel suo ambito, dando un significato ancora più esteso alla medicina di comunità. Il medico di base, specie in questa fase, è chiamato ad intraprendere un percorso diagnostico terapeutico che prevede un intervento diretto nella scelta terapeutica a livello domiciliare, in una scelta di gestione efficace dei casi di pazienti sintomatici presso il proprio domicilio o nelle case di riposo.
Questo anche per ridurre il flusso costante verso gli interventi ospedalieri di primo soccorso che rischiarano in questa fase di collassare. Questa tipologia d’intervento consente di estendere le proprie competenze: dalla “cronicità”, riservata ai pazienti di età superiore ai 65 anni, alle cosiddette patologie gestibili a livello residenziale e domiciliare, alla medicina di intensità supportata da una diagnostica specialistica di primo e secondo livello, gestibile a domicilio, o nei casi più avanzati, nelle strutture di cure intermedie e riservandosi il ricorso alla medicina ospedaliera nel caso di situazioni cliniche che, come dicevo prima, richiedano interventi di maggior complessità e più elevata competenza specialistica. Durante il periodo pandemico il ruolo del medico evidenzia quindi delle nuove peculiarità: da medico della cronicità diventa medico di prima linea anche della gestione delle malattie acute trattabili a domicilio, attuando forme di sorveglianza e di prevenzione attiva.
La prevenzione diventa perciò una prassi da consolidare laddove il controllo e la sorveglianza della popolazione, per quota parte assegnata ad ogni medico di base, diventeranno i punti cardine per l’evidenza dei sintomi e di situazioni cliniche. Così come non possono essere trascurati gli aspetti legati alla diversa reazione psicologica individuale, dovuti a fenomeni indotti di stress, stato ansioso-depressivo del paziente che può diventare facile preda di stati depressivi a causa delle misure di contenimento, o le manifestazioni di panico e di isteria, che possono manifestarsi soprattutto in soggetti attribuibili a diverse cause: paura del contagio, incapacità a riprendere la vita all’esterno di casa, mancanza di protezione, timori per la ripresa del lavoro, ecc. Dall’epidemia in corso dobbiamo trarre alcune riflessioni e porre delle questioni in merito alle problematiche attive in ambito di medicina “pubblica: In primo luogo si evidenzia come i medici di base possono avere un ruolo “equilibratore” nelle funzioni del servizio sanitario nazionale, in quanto possono modulare, in senso positivo e funzionale per il sistema, i loro interventi tra cura e prevenzione, sorveglianza e monitoraggio a fronte di difficoltà oggettive che si riscontrano sul territorio. In secondo luogo come l’ospedalizzazione e la gestione territoriale di primo livello/domiciliare delle intensità mediche, e non solo delle cronicità, diventa una realtà d’assistenza e cura da cui nasce l’esigenza di un nuovo modello di gestione. In terzo luogo si evidenzia come Il rapporto tra ospedale e medicina del territorio dovrebbe muoversi in sinergia fra questi settori d’intervento per un’ottimale gestione sanitaria, rendendo compatibile, in un’economia di scala, le peculiarità dell’approccio territoriale alle cure sanitarie del medico di base con quelle dell’ospedale di medicina generale e specialistica.
In emergenza pandemica è importante rimarcare questi ruoli non solo a tutela della salute dei pazienti ma anche del ruolo esercitato dal medico di base che va riconosciuto nella sua funzione essenziale di assistenza preventiva e di cura prioritaria della persona e delle sue patologie.
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