È morto Nedo Fiano, uno degli ultimi testimoni della Shoah

Aveva 95 anni. Arrestato nel febbraio del 1944 e condotto nel campo di Fossoli, fu deportato ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: Nedo fu l’unico superstite

Generica 2020

A Milano si è spento oggi, sabato 19 dicembre, all’età di 95 anni  Nedo Fiano, uno degli ultimi testimoni della Shoah.

Fiano era nato a Firenze nel 1925. Fu arrestato nel febbraio del 1944 e condotto nel campo di Fossoli; il 16 maggio dello stesso anno fu deportato ad Auschwitz assieme a tutta la sua famiglia: Nedo fu l’unico superstite. Era stato liberato nel campo di Buchenwald, dove era stato condotto dalle SS in fuga alla fine della guerra.

In un incontro di alcuni anni fa al Tosi di Busto Arsizio: “Una condanna iniqua e assassina”, ricorda Fiano, “questi provvedimenti ci caddero addosso come un macigno: non ci fu quella solidarietà che ci aspettavamo”. Emarginati dalla vita pubblica, a Nedo e alla sua famiglia mancò il conforto e la vicinanza di amici e vicini che spesso chiusero la porta davanti alle loro richieste di aiuto.

Il ricordo di Roberto Cenati Presidente Anpi provinciale di Milano

Ci ha lasciato, nel tardo pomeriggio di oggi, Nedo Fiano, sopravvissuto alla Shoah e instancabile testimone delle nefandezze del nazifascismo. Nedo Fiano nasce a Firenze il 22 aprile 1925. Dopo dopo l’emanazione, nel 1938, delle leggi antiebraiche fasciste firmate dal re Vittorio Emanuele III, Nedo dovette abbandonare la scuola a 13 anni per la sola colpa di essere nato. Dopo l’8 settembre 1943 i mentre i tedeschi occuparono l’Italia centro settentrionale Fiano e la sua famiglia cercarono rifugio nelle dimore di amici. Il 6 febbraio 1944, all’età di 18 anni, i fascisti lo arrestarono mentre passeggiava in via Cavour a Firenze e lo rinchiusero nel carcere della città. Successivamente Nedo venne trasferito nel campo di concentramento di Fossoli insieme con altri undici membri della sua famiglia.I l 16 maggio 1944 fu deportato, insieme con tutti i suoi familiari , nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. Il viaggio durò sette giorni e sette notti all’interno di un vagone usato per il trasporto di bestiame, senza sapere cosa stesse succedendo e il perché. Ad Auschwitz arrivò il 23 maggio. L’11 aprile 1945 fu liberato dalle forze alleate, nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato trasferito dai nazisti in fuga, unico superstite della sua famiglia. “Ciò che ha connotato tutta la mia vita – sottolineava sempre Nedo – è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita” Nel suo libro “A 5405 (il suo numero di matricola ad Auschwitz) Il coraggio di vivere” Nedo scrive: “Il tempo si è fermato ad Auschwitz. Dopo una vita quel ” non luogo” è duro, arcigno, severo come allora. Sono lì in visita. Io sono cambiato, lui no. Mancano le SS, i cani…
Avverto la severità e il silenzio di un grande cimitero; la gola mi si secca, gli occhi si inumidiscono, la mente va lontano e ricostruisce quello che il tempo e gli uomini hanno distrutto. Penso al tempo andato e al timore per i molti fantasmi che ancora si muovono nel nostro tempo. Stento ad andarmene, ho ancora uno strano sentire da prigioniero che non sa, che non può lasciare quel luogo di dolore. Molti sono i pensieri che si affollano, si accalcano nella mia mente: i miei cari, gli amici, me stesso. Non riesco a piangere.”
Nedo, finchè le forze glielo hanno consentito si recava nelle scuole a testimoniare sui crimini e le nefandezze commesse dal nazifascismo.
Lo ricorderemo sempre con affetto, commozione, con riconscenza.
A Emanuele Fiano, ai familiari all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, alla Comunità Ebraica di Milano esprimiamo la nostra commossa e affettuosa vicinanza.

Il figlio Emanuele ha scritto: “Papà ci ha lasciati. Ci rimarranno per sempre le sue parole e il suo insegnamento, il suo ottimismo e la sua voglia di vivere. Non avrò mai io la forza che ebbe lui e che lo fece risalire dall’abisso, ma da lui ho imparato che per le battaglie di vita e contro ogni odio bisogna combattere sempre. Questo ci ha insegnato la memoria che lui ha contribuito a diffondere. Sia lieve a papà la terra che lo accoglie e sempre su di noi la sua mano ci protegga”.

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Pubblicato il 19 Dicembre 2020
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