Davide Galli: “Al 2021 serve certezza del credito. Pronti a incontrare e ascoltare le banche”

Il presidente di Confartigianato Varese usa parole forti: "I rubinetti chiusi, o politiche più orientate alla finanza che al sostegno economico delle imprese, metterebbero fuorigioco un numero molto rilevante di Pmi"

Davide Galli

«Il 2021 dovrà essere l’anno del credito, quello vero, a favore dell’economia reale, la stessa che genera benessere al territorio. I rubinetti chiusi, o politiche più orientate alla finanza che al sostegno economico delle imprese, metterebbero fuorigioco un numero molto rilevante di Pmi».

Davide Galli usa parole forti a proposito del primo, vero, appuntamento con la ripresa del 2021, perché il difficile accesso al credito da parte delle Pmi è un male che potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi in un Paese nel quale il sistema bancario va costruendosi sempre di più a misura d’industria.

Le stesse grandi acquisizioni del luglio scorso (Intesa-Ubi) hanno cambiato lo scacchiere del sistema bancario sul territorio, dove il debutto di Bper genera il timore di un allentamento della prossimità, fondamentale per le piccole e medie imprese.

«Il momento è complesso ma non possiamo permetterci le braccia corte né possiamo accettare un sistema bancario che impone le regole severe alle imprese, chiedendo loro di uniformarsi alle sue necessità di ristrutturazione, burocrazia e razionalizzazione. Uno sforzo al quale mi domando quali benefici corrispondano».

Le parole di Galli sono dure quanto lo è la portata del problema: «E’ paradossale che le imprese, ovvero i clienti delle banche, debbano sostenere indirettamente parte dei costi del sistema senza trarne vantaggi espliciti. Anzi, convivendo con il rischio di ulteriori riassetti che rischiano di allontanare ancora di più gli istituti di credito dal territorio e dal suo sistema economico». D’altro canto, che il credito sia il cuore della ripresa non è un mistero per nessuno. «I finanziamenti occorrono per ristrutturare le aziende piegate dal Covid e per dare la spinta a quelle che puntano a nuovi business» prosegue Galli che, a questo punto, aspetta Bper, e non solo, al varco: «Siamo qui, ci piacerebbe avviare un confronto per illustrare la portata e il valore delle piccole e medie imprese nel contesto del nostro tessuto economico e trovare convergenze favorevoli».

D’altro canto, le banche rimangono il baricentro del credito: difficile, ad oggi, immaginare una finanza alternativa veramente competitiva. Secondo quanto documenta il 2° Quaderno di Ricerca (La Finanza Alternativa per le PMI in Italia) dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, da luglio 2018 a giugno 2019 alle Pmi italiane attraverso questi canali sono arrivati 3 miliardi di euro, rispetto ai 2,3 miliardi dell’anno precedente. Cifre in crescita ma ancora marginali.

Diverso il contesto bancario, «con i finanziamenti che occorrono per ristrutturare le aziende piegate dal Covid e dare la spinta a quelle che puntano a nuovi business» prosegue Galli guardando alla fame di liquidità certificata dall’Istat: «Tra giugno e ottobre/novembre 2020, il 35,4% delle imprese ha scelto di accendere un nuovo debito bancario, anche attraverso le misure di sostegno disposte dal Governo». Non è difficile, per l’Istituto di statistica, diagnosticare da chi provenga il grosso della richiesta: chi si orienta verso un nuovo debito sono soprattutto le piccole e medie imprese (35,1 e 37%), specie se coinvolte nelle chiusure.

La manifattura, costretta alla serrata nel solo lockdown di primavera, si attesta a quota 37,4%.

In soldoni, è l’analisi dell’Istat, a partire dal giugno 2020, il 37,7% delle imprese con 3 addetti e oltre ha fatto richiesta di prestiti assistiti da garanzia pubblica quali il Fondo centrale di garanzia per le Pmi o le garanzie Sace per le grandi imprese (42,8% a maggio 2020). Alla base della richiesta c’è quasi sempre il finanziamento dell’attività corrente dell’impresa (86,7%).

Come evolverà la situazione è difficile a dirsi ma è possibile affidarsi ancora una volta all’Istat secondo cui il 42% delle imprese dichiara un aumento del livello di indebitamento al 31/12 rispetto allo scorso anno. E, tra queste, il 12,5% parla di aumento consistente.

E, nonostante la prima fonte sia l’autofinanziamento (60,5% delle aziende), il finanziamento bancario rimane pur sempre fondamentale per tutte sia a medio-lungo termine (21,3%) che a breve termine (16,7%).

«Alla luce di questi dati è evidente che la fame di credito è cresciuta insieme all’avanzare della pandemia e che alle aziende dobbiamo riuscire a dare un messaggio: state tranquille, i finanziamenti arriveranno, non resterete sole con il vostro sforzo di resistenza o il vostro desiderio di crescere» incalza Galli, che non dimentica quanto la disponibilità economica rappresenti un salvagente per rispettare i pagamenti e onorare i debiti contratti nei tempi previsti.

«L’altra faccia della medaglia è l’investimento per il lavoro: un territorio dove le aziende non possono investire è un territorio che rischia la cancrena, e la provincia di Varese, che lascerà sul tappeto più del 12% di Pil in corso d’anno, non se lo può permettere». «Alle banche che sono su questo territorio diciamo che la composizione della provincia di Varese è fortemente sbilanciata sulle Pmi, ed è con ciascuno di questi imprenditori che devono dialogare». Noi, dice Galli, «cercheremo dal canto nostro un dialogo con ciascuna, per rappresentare la situazione e rassicurarle in quanto a solvibilità». Al contempo «lavoreremo sulle imprese per sostenerle nel percorso di accesso al credito, che oggi richiede preparazione, chiarezza di idee e precisione».

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Pubblicato il 04 Gennaio 2021
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