Fiori davanti alla tomba di Carletto Ferrari in ricordo di un eroe della resistenza varesina
Carletto Ferrari aveva 32 anni quando venne ucciso a pochi metri dai Miogni di Varese. Era l’11 gennaio 1945
Cerimonia silenziosa ma ricca di significati storici per la pace nella nostra Repubblica Italiana, dopo i tremendi drammi della guerra combattuta a prezzo della vita, quella che si è appena svolta al Cimitero di Bizzozero davanti alla tomba di famiglia di Carletto Ferrari, eroe della Resistenza.
Solamente il suono della tromba e la deposizione dei fiori hanno rappresentato il motivo della presenza davanti alla cappella di famiglia di Carletto ed alle tombe di Sergio De Tomasi, deportato a Mauthausen e del partigiano Franco Lonati.
Ester de Tomasi figlia di Sergio, presidente provinciale dell’ANPI ha guidato il percorso dei presenti.
Presente il consigliere comunale Luca Paris.
(Dal post di Giuseppe Terziroli)
CHI ERA CARLETTO FERRARI
Carletto Ferrari aveva 32 anni quando venne ucciso a pochi metri dai Miogni di Varese. Era l’11 gennaio 1945. Il racconto drammatico di quei momenti fu ricostruito da un ragazzo poco più che ventenne, Filippo Conti, che probabilmente nel tentativo di aver salva la vita, confessò d’aver partecipato all’assassinio dell’ex-tenente degli alpini, figlio di una famiglia dell’alta borghesia livornese, presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Varese attivo nel gruppo dei partigiani della Val D’Intelvi.
Conti lo aveva messo per iscritto su un foglio d’appunti facendo i nomi di coloro che avevano partecipato e del mandante. Il biglietto diceva: “Noi sottoscritti Filippo Conti, Innocente Cappelletti e Cataldo Mignona dichiariamo che, dopo aver avuto l’ordine dal capitano Triulzi di ammazzare Carletto Ferrari, abbiamo eseguito l’ordine, sparando una raffica di mitra per ciascuno al petto di Carletto Ferrari”. (leggi la ricostruzione del giornalista e storico Franco Giannantoni)
Carletto Ferrari era nel mirino dei fascisti “per aver distrutto con altri il 26 luglio 1943 il Gruppo Rionale “Mussolini” di Varese” e per questo condannato nel 1944 in contumacia dal Tribunale Straordinario Provinciale a nove anni di carcere. In uno scontro a fuoco qualche mese dopo la condanna fu inoltre accusato del delitto del vice brigadiere Giuseppe Silvino e costretto a rifugiarsi nel Comasco per continuare la Resistenza.
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