L’addio della cultura a Giancarla Bezzecchi, appassionata dispensatrice di arte

I ricordi di chi l'ha conosciuta. L’ultimo saluto verrà dato alle 15.30 di giovedì 7 nella chiesa parrocchiale di Velate

Personaggi generiche

«Entrambi siamo nati nel 33’, per compensare un qualche modo l’ascesa al potere di Hitler. Noi due abbiamo molto in comune, tu sei un’insegnante e anch’io lo sono diventato, lo sono diventato , ho insegnato, figurati un pò , ai cowboys ! Negli USA! ….ho letto i tuoi versi nei quali c’è un’eterna virginale fanciullezza, il desiderio di staccarsene nella passione del flamenco che vive in te ..i tuoi versi sono il diario della tua anima..”»

Cosi scriveva Evghenij Evtushenko di Giancarla Semeghini Bezzecchi, figura straordinaria che da Gonzaga si era trasferita a Varese, è stata insegnante per decenni alla Rasa e, durante la sua attività di educatrice, moglie e madre ha frequentato le più alte personalità della cultura italiana e mondiale, mentre inondava generazioni di varesini con le sue tre grandi passioni: scuola, poesia, flamenco, portate tutte ai massimi livelli.

È morta Giancarla Semeghini Bezzecchi, “poetessa della vita”

L’ultimo saluto, a Giancarla, verrà dato alle 15.30 di oggi, giovedì 7 gennaio 2021, nella chiesa parrocchiale di Velate.

I RICORDI DI CHI L’HA CONOSCIUTA

Così scrive alla figlia ora Lora, la vedova del grande sceneggiatore e poeta Tonino Guerra: «Cara Rossella, la Tua mamma era la Donna Assoluta. Piena di curiosità per la vita con lo sguardo di una poetessa, una creatrice, una dolcissima danzatrice, una mamma, una grande Donna.  Anche se con Tonino non si sono mai incontrati fisicamente, l’incontro con Tonino è avvenuto davvero perché Giancarla ha conosciuto ciò che Tonino ha fatto negli ultimi venti anni della sua vita, il suo museo, i luoghi dell’anima, e l’ha apprezzato come solo Lei poteva. Voglio inchinarmi davanti a Lei e dire “addio”, non nel senso di arrivederci, ma “A Dio!».

«Giancarla Bezzecchi. Ovvero l’energia vitale, l’autenticità, l’entusiasmo più genuino concentrati in un solo essere umano – ricorda il poeta Silvio Raffo – Il primo contatto che ebbi con lei fu in seguito a una sua lettera in cui mi faceva i complimenti più vivi per il coraggio che avevo ad alimentare la cultura nella nostra città. Con la scuola e il teatro il suo era un rapporto viscerale, di totale partecipazione emotiva. Per decenni era stata la maestra per antonomasia nella scuola della Rasa, per decenni aveva insegnato con dedizione indefessa ai suoi allievi l’arte del recitare oltre che l’amore per la natura, per la cultura e soprattutto per la vita. Ma le passioni di Giancarla Bezzecchi non si limitano alla scuola e al teatro: i suoi due ultimi amori (ultimi cronologicamente parlando) danno frutti altrettanto rigogliosi. Mi sto riferendo alla danza e alla poesia. Da quando Giancarla scopre di avere dentro di sé quella magica scintilla che gli esperti chiamano “duende” (e glielo dice a chiare lettere il più famoso coreografo di Siviglia, Manolo Marin: “Usted tiene arte!”) nessuno può frenare o contenere il suo estro dionisiaco: in pochissimi anni diventa maestra della danza più difficile e pittoresca, il flamenco, raccogliendo intorno a sé uno stuolo di allievi e proseliti con cui riesce a stabilire anche rapporti di durevole amicizia. “Il flamenco è la ricerca dell’anima profonda e universale – sono parole sue – è modo di sentire, modo di pensare; è arte, filosofia di vita”. La musa di Calliope l’assiste non meno proficuamente di Tersicore. Alla poesia, incoraggiata addirittura dal grande poeta russo Evghenij Evtushenko, si dedica con fervore e continuità costante fino al 2017, anno in cui, non senza tristezza, firma la sua ultima silloge “Il canto si è fermato”. A fermarsi non sarà mai la sua esuberanza spirituale, il suo partecipare fervido e palpitante al rinnovarsi quotidiano del miracolo della vita, sostenuto da una fede incrollabile nella dimensione del divino ma anche e più specificamente nell’immortale forza del cuore».

«È davvero difficile parlare di qualcosa che non ha parole, ma possiamo dire della vita che ha attraversato Giancarla in questo splendido luogo che si chiama esperienza – ha commentato invece Dino Azzalin, poeta varesino ed editore – Qui si è svolta la sua vicenda umana tra l’amore, la famiglia, l’insegnamento ma soprattutto le sue grandi passioni il Flamenco, l ‘arte e la poesia. Ricordarla in queste sue profondità significa indagare il mistero della sua esistenza, dell’amore con cui noi possiamo ora parlarle. È tutto qui dopo il rumore della strada e del vivere umano dobbiamo pensare a quanto amore ci ha dato, con la musica, l’arte e le sue parole, le uniche che restano forti del suo passaggio terreno. Questo è il testimone che Giancarla lascia a quanti le hanno voluto bene».

«Condivido la grande commozione, in questo momento, per la scomparsa di Giancarla che non fu solo docente di una intera generazione di varesini, ed in tempi più recenti dei loro figli, ma ispiratrice di passioni che ancora oggi nell’animo di molti rivelano tracce del suo passaggio – racconta Carla Tocchetti, Curatrice e scrittrice  – Qualche anno fa ho desiderato conoscere Giancarla Bezzecchi perché volevo raccontare il suo percorso di maestra elementare alla Rasa fin dal 1955. Grazie alla figlia Rossella sono stata invitata a casa di Giancarla, allora poco più che ottantenne, donna bellissima, dal sorriso aperto e dal cuore generoso. La sua casa di Sant’Ambrogio era uno scrigno di preziosi ricordi, con la soffitta piena di scenografie, costumi, spartiti musicali realizzati per le recite, i cassettoni pieni di ritagli di giornale sui tantissimi premi vinti, e sui tavoli e tavolini attestati, menzioni speciali, medaglie.Nata in una città emblema della cultura italiana, Gonzaga, appassionata di lingue, danza e recitazione, e dotata di fine animo poetico, Giancarla credeva fermamente che i bambini andassero educati secondo «una scuola nuova, espressiva», concetto che alla fine degli anni’ 60, in piena epoca di sussidiari, era decisamente rivoluzionario. Aveva quindi sviluppato un metodo didattico originale che privilegiava attività creative da sempre trascurate nel processo educativo: partiva dall’ambiente, con i suoi valori di concretezza ed interesse, compreso quello linguistico-dialettale, che offriva il terreno più vivo e vitale per una migliore comprensione delle problematiche. Giancarla riuscì coraggiosamente a traghettare le attività di teatro-danza, prima considerate come semplice sostegno alle materie del mattino, ad una vera e propria sperimentazione interdisciplinare. Grazie ai risultati sorprendenti, i bambini crescevano armonicamente, innamorati della natura, della musica e del movimento, privi di blocchi psicologici. Il “metodo Bezzecchi”, applicato con generosità e passione, fu applicato per trentuno anni, poi proseguì con un decennio di esperienze in altre scuole del territorio».

UN PREMIO DI POESIA, VINTO POCHI GIORNI PRIMA DELLA SCOMPARSA

Giancarla aveva, pochi giorni fa, vinto uno dei suoi tanti premi di poesia nella sua lunga vita, il premio “Dai Monti ai laghi”, dove era arrivata terza nella sezione poesia edita. «E’ con dolore che devo annunciarvi che Giancarla ci ha lasciati questa mattina e non potrà leggere la motivazione che ha condotto al risultato ha scritto il presidente della Giuria, Rodolfo Vettorello – Ci sembra quanto meno doveroso trascrivere qui il giudizio critico. E la prima parola di commento alla Raccolta premiata, “Il canto si è fermato” è: Generosità. Generosità di sentimenti, di emozioni, di partecipazione e di condivisione con persone, luoghi, atmosfere, memorie, tutto. Il cuore dell’autrice è stato generoso di parole per tutto quanto nella vita ha avuto modo di conoscere. e frequentare, per la vastità delle esperienze esistenziali, per gli incontri. Qualcuno ha detto che la vita è l’arte dell’incontro e Giancarla ha messo in pratica come pochi quest’arte e lo ha fatto con cura estrema, con lo spirito di chi non vuole che nulla si perda alla memoria e la sua Raccolta si configura, prima che in altre maniere, come un reliquiario di preziosi ricordi. Ha citazioni per persone conosciute nella vita, per il marito, per la sua prole, per chi ha solo conosciuto come protagonista di eventi particolari, Nelson Mandela, Pompidou, Alda Merini, Jack Hirshman cui chiede con insistenza: Jack che ne sarà della Poesia? La Poesia vive quando qualcuno come Giancarla la può usare come una lingua segreta per dire anche l’inesprimibile. “Il Canto si è fermato”, dice il titolo e l’asserzione fa pensare che l’autrice stessa considerasse questa sua opera una specie di canto del cigno. La sua finezza di osservatrice delle vicende umane avrebbe trovato sicuramente altri temi da acquisire alla sua memoria o di far diventare canti differenti per arricchire ancora la sua opera. Qualcuno però decide per noi quale sarà il nostro ultimo canto. Purtroppo lo ha detto ora per Giancarla».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Gennaio 2021
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