Le figlie di Piccolomo “sconcertate e incredule” per l’annullamento dell’ergastolo del padre
L'avvocato di parte civile Antonio Cozza riporta le parole delle due sorelle che chiedevano giustizia per la fine della madre, morta bruciata in auto 18 anni fa
«Oltre ogni ragionevole dubbio». La formula ricorre nelle aule di giustizia per garantire all’imputato la certezza dei ragionamenti giuridici che portano a una decisione di condanna: non devono esserci dubbi.
L’avvocato Antonio Cozza usa questa formula per commentare la colpevolezza a suo dire di Giuseppe Piccolomo, giudicato colpevole in primo grado per aver ucciso in un modo tremendo la moglie Marisa Maldera in una gelida notte di febbraio del 2003 a Caravate simulando un incidente, narcotizzandola e incendiando l’auto con taniche di benzina mentre la donna era ancora viva.
Ma questa ricostruzione che incastrò giusto un anno fa il killer delle mani mozzate – di Carla Molinari – e per quell’omicidio ora in carcere a vita a Bollate, oggi suona per Piccolomo a vuoto dopo la decisione della Corte d’assise d’Appello di Milano che annulla la sentenza varesina dell’ergastolo.
Oltre ogni ragionevole dubbio dunque l’avvocato che tiene le parti delle figlie Tina e Cinzia (nella foto, il giorno della sentenza di primo grado che condannò il padre all’ergastolo con l’avvocato Nicodemo gentile a Varese) non si aspettava una tale decisione, «che per tre volte è stata di fatto rigettata nei gradi di giudizio precedenti, dinanzi a gip, gup e Assise di Varese che ha peraltro motivato la decisione di non accogliere il ne bis in idem invocato dalla difesa con una dettagliata ordinanza».
Dunque allo stato dei fatti il processo per quella morte non si celebrerà, rimanendo fermi alla decisione del patteggiamento che risale a tre anni dopo i fatti, nel 2006, decisione che la corte dovrà motivare.
«E le attendiamo queste motivazioni, fra 15 giorni. Per il momento ci limitiamo a rispettare la decisione del giudice», spiega l’avvocato Cozza che già annuncia l’impugnazione in Cassazione, intenzione già esplicitata dalla procura generale.
Le figlie di Piccolomo, parti civili del processo «e principali testimoni», Tina e Cinzia Piccolomo si dicono tramite il loro legale «sconcertate e incredule» per la decisione della corte meneghina, «perchP pensavano di aver dato giustizia alla mamma».
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