La storia di Luca La Marca: “Il mio sogno artistico l’ho realizzato in Canton Ticino”

Dagli studi economici "per trovare un lavoro" a una identità artistica, con Dario Ballantini come ispirazione e la duttilità come talento. L'interessante storia di un artista "altro"

Luca La Marca - Pittore

Diventare artista è il sogno di molti, che si tratti di pittura, di cinema o di musica. Al giorno d’oggi, soprattutto tra i giovani, le difficoltà legate al raggiungimento di obiettivi nel mondo dell’arte sono sottovalutate, forse a causa delle nuove tecnologie e del nuovo tipo di fama che si sta facendo largo negli ultimi anni grazie ai social network.

Ci sono ragazzi che iniziano quasi per gioco e diventano famosi in poco tempo, altri che per quanto ci provino non riescono a sfondare. Non è mai stato semplice raggiungere risultati e notorietà, ma adesso la mentalità è cambiata, come anche la qualità delle opportunità che si presentano. Molti artisti sono privi di idee originali e finiscono con l’omologarsi alla massa privandosi della propria unicità. 

Luca La Marca è un artista di Varese, ormai da molti anni affermato nel mondo dell’arte. Ci racconta come è riuscito a raggiungere il proprio successo partendo da zero, grazie alla propria passione, al coraggio di sapersi reinventare e alla tenacia nel proporre sempre nuove idee.

Come hai scoperto di voler diventare un artista?
«Quando è arrivato il momento di scegliere che scuola superiore frequentare, io desideravo iscrivermi al liceo artistico. Purtroppo, mi sono ritrovato nella situazione in cui i miei professori delle scuole medie affermavano che avevo troppe lacune per potermi iscrivere ad un liceo, e dall’altra parte i miei genitori non avrebbero mai voluto che frequentassi proprio l’artistico: erano gli anni ’90 e l’idea che si aveva su questa scuola era completamente diversa da oggi. Mio padre voleva che studiassi una materia che mi permettesse di imparare un lavoro: così mi sono diplomato in elettronica col massimo dei voti.  

Dopo un periodo trascorso lavorando in fabbrica, mi sono iscritto all’università e mi sono laureato in banca e finanza. Il mio sogno era lavorare come grafico pubblicitario, nelle comunicazioni. Alla laurea è seguito un periodo di “lavori disperati”: quei lavori che nessuno vorrebbe fare se si possiedono delle ambizioni. Tutti impieghi trimestrali, che non mi permettevano di guadagnare molto. 

Era il 2009 e vedevo il mondo in altra maniera rispetto a prima: ero arrabbiato, forse depresso. Trovai lavoro come cameriere in un locale dove venivano esposti quadri. Osservavo quelle opere d’arte e mi dicevo che anche io potevo, volevo, farli. Avevo pochi soldi, non conoscevo l’arte e non avevo mai dipinto, ma non avevo niente da perdere. Andai al Brico di Varese e comprai i miei primi pennelli e i miei primi colori. Da quel momento nacque una vera e propria scommessa con me stesso: fare arte partendo da zero.

Ho iniziato a dipingere qualche quadro e ho preso confidenza. Dovevo ottenere visibilità e per farlo dovevo osservare cosa offriva il mercato e creare quello che il mercato non aveva. Dovevo trovare la mia identità ed essere ricordato. Così, sempre quell’anno, ho chiamato un locale dicendo che dipingevo dal vivo durante le serate. La proprietaria rimase sorpresa e mi chiese da quanto lo facessi. Risposi “da mai”, ma le dissi anche che lo sapevo fare. Volevo ottenere visibilità in un posto dove ci fosse tanta gente. Ogni volta arrivavo al locale cercando di vendere anche tutti i quadri che avevo già dipinto, quindi ero goffo e impacciato, gettato al buio in un’attività che mi stavo inventando dal nulla. Mi rendevo conto che potevo farlo perché non avevo paura di fallire».

Luca La Marca - Pittore

Quando hai capito che il successo non era solo un desiderio ma una possibilità concreta?
«E’ stata una scalata. Innanzitutto, dipingere nei locali è stata un’attività andata avanti per molto tempo. Una sera sono stato contattato da un organizzatore di eventi. Grazie a lui ho potuto lavorare a serate importanti, ma non vendevo tanto. Un’estate mi sono proposto come scenografo in un villaggio turistico, anche se non sapevo niente di scenografia. Non ero un talento ma il mio punto di forza era l’elasticità, il saper essere flessibile e pratico in qualunque ambito artistico, mettendomi in gioco e puntando sempre a riuscire in tutto quello che facevo. Mi sono sempre adattato, ottenendo così un effetto catapulta: i lavori che producevo non erano perfetti, ma funzionavano.

Tornato a Varese però non riuscivo più a vendere quadri. Sono stato assunto da un’azienda di assicurazioni. I tempi stavano cambiando e io volevo imparare qualcosa di nuovo, senza mai mettere da parte l’arte. In quel periodo ho iniziato ad usare la tecnica mista, creando collage composti di vari materiali. 

Dario Ballantini e i suoi lavori mi hanno dato la chiave per avvicinarmi alla mia reale identità artistica. Creavo quadri simili ai suoi. Ed è stato proprio durante una sua mostra, che ho realizzato di cosa avevo bisogno per attirare le persone verso la mia arte: Ballantini si era messo a dipingere dal vivo e i presenti hanno avuto fin da subito una reazione strana, tutti volevano fare video, erano tutti attenti. Ho capito che dovevo dipingere dal vivo perché poteva funzionare, lo avevo visto con i miei occhi. Nel 2013 ho dipinto in tanti posti, a feste e matrimoni, in negozi di abiti da sposa e di antiquariato, ma non guadagnavo tanto. Ho deciso così di sperimentare. Ho raccolto sassi, ferro e altri materiali di scarto e li ho incollati sulla tela, cercando qualcosa che fosse nuovo e tutto mio. È grazie a questo che ho capito che potevo migliorare ancora. La creatività doveva essere il mio punto di forza. 

Il lavoro con il gruppo assicurativo andava bene, mi dava soddisfazione, ma ho deciso comunque di licenziarmi e di trasferirmi in Canton Ticino, dove finalmente sono riuscito a mettere l’arte al primo posto. Ho ricominciato a dipingere dal vivo e ho ottenuto una reazione immediata: la gente mi guardava, mi chiedeva informazioni, voleva comprare, voleva sapere. Grazie alla collaborazione con un importante ristorante di Lugano, dove potevo esporre e dipingere dal vivo, ho notevolmente ampliato il mio giro di contatti. Grazie a questi e alla mia personale idea di arte, sono riuscito a crescere. Ho iniziato da zero e ho realizzato il mio sogno». 

Quali sono i tuoi punti di forza e come sei arrivato a riuscire a vivere solo di arte?
«Capto, apprendo, mi faccio vedere. Quando credi nelle tue potenzialità e hai fame di lavoro, nessuno può fermarti. Lo spirito di intuizione, unito al coraggio di buttarsi nelle cose, mi ha portato dove sono ora.  Avevo uno studio di quattordici metri quadri e ora vivo in una villa, sono un professionista a tutti gli effetti e nel mio curriculum conto clienti importanti, come ad esempio due cliniche farmaceutiche, Dior, Mercedes, Audi e Toyota, per citarne alcune. Ma ho lavorato anche per famiglie importanti. Sono bravo nel mio lavoro non solo per le qualità artistiche o la mia attitudine positiva, ma soprattutto perché sono in grado di creare ciò che la gente vuole».

Come hai affrontato i lockdown e le restrizioni anti-covid?
«La pittura dal vivo è fondamentale per il mio lavoro e l’impossibilità di metterla in pratica quest’anno è stato un grosso limite. Così, non potendo dipingere all’esterno, ho lavorato all’interno. Sono riuscito a rimanere in piedi creando quadri personalizzati su commissione. La chiave per restare a galla nei periodi negativi è avere voglia di reinventarti. Non esiste la saturazione del mercato. Esiste l’utilizzo di tecniche nuove adattate ad un mercato vecchio. Mi sono creato la continuità di cui avevo bisogno. Se sei libero professionista è più facile demoralizzarsi, è molto più difficile riscoprirsi e reinventarsi. Se la situazione proseguirà tra lockdown e divieti, mi sposterò sulla decorazione di interni. Non bisogna diversificarsi troppo, ma mantenere il proprio focus aprendo la propria mente a nuove possibilità».

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Pubblicato il 13 Gennaio 2021
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