Montecarlo Eden delle bocce, nella nazionale Andy Garcia e Nicolas Laugier

È uno sport molto praticato nel Principato di Monaco che vanta quattro campi all’aperto e otto al coperto al quinto piano della stadio Louis II

Bocce varie

A Montecarlo – più correttamente Principato di Monaco, Montecarlo è uno dei sei quartieri – da Place d’Armes, nel quartiere di La Condamine, si sale, per una ripida scalinata a bassi e distanziati gradini, verso il Palazzo del Principe, si attraversa l’antico e pittoresco borgo costellato da infinite botteghe che vendono di tutto, ma soprattutto souvenir, fino a sbucare a Rocher nella zona terminale del promontorio, dove a destra troneggia il Museo Oceanografico, lambito dal mare, e a sinistra l’imponente Ministère de l’Etat e il Pavillon Bosio, scuola d’arte moderna.

Quattro passi ancora fra palme e pini marittimi, poi, dopo un giardino straordinariamente ordinato e pulito, si sbuca in quello che parrebbe il proseguimento del medesimo, affacciato su un altro lato dello stesso mare che praticamente gli ruota attorno. Non è così.

È la sede del Club Bouliste de Rocher Denis Ravera. È aperto, entro e chiedo se è possibile intervistare il presidente: arriverà più tardi, verso le 11, mi rispondono. Alle 11 in punto supero il cancello, passo per il bar e, comodamente assiso a uno dei tavoli dell’annesso ristorante c’è lui, il presidente, che mi aspetta. Mi invita a sedere di fronte a lui, siamo all’aperto e la temperatura sfiora i 13 gradi, in modo tale che abbia alle spalle i muri del basso edificio e dinanzi lo spettacolo di Monaco e del suo mare, azzurro intenso come sovente accade in queste mattinate luminose e prive di nubi, con un atteggiamento di grande sensibilità e gentilezza.

Alle mie domande Philippe Grauss, non solo presidente del CBR Ravera ma anche vice-presidente della Federazione Monegasca, risponde con affabilità e con dovizia di particolari: «Il Club Bouliste de Rocher è dedito alla specialità del punto/volo, non è l’unico club di Monaco, ne esiste un altro a Fontvieille che pratica solo la petanque. Noi abbiamo i quattro campi all’aperto che vede qui a fianco e altri otto al coperto sempre a Fontvieille al quinto piano della stadio Louis II, dove si trovano anche 32 campi di petanque».

Al quinto piano? Come è possibile?
«Sì lo stadio possiede tutta una serie di campi per i vari sport, bocce comprese, che si sviluppano all’interno della zona predisposta. Sa da noi gli spazi non sono praterie e dobbiamo sfruttare anche l’altezza per riuscire ad essere funzionali. Ora giochiamo all’aperto per la faccenda virus, ma abbiamo sempre sfruttato anche quelli al coperto, soprattutto quando le temperature non permettono di giocare facilmente fuori».

Quanti giocatori, quale età media hanno, e quanti soci avete?
«Abbiamo quasi 300 Soci e oltre 50 giocatori agonisti, dai 10 anni in poi, copriamo tutte le fasce d’età, molti nella categoria elite, infatti disputeremo il Campionato Francese a squadre elite, siamo stati appena promossi e sappiamo che non sarò facile, ma proveremo a farci rispettare». Soggiunge poi con orgoglio: «Deve sapere che ai campionati mondiali del 2019 a Mersin in Turchia due nostri giocatori – Andy Garcia e Nicolas Laugier -, in rappresentanza del Principato, hanno conquistato la medaglia d’oro nella specialità coppie oltre a un bronzo, sempre con Laugier nell’individuale. Monaco si è piazzata al quinto posto della classifica per Nazioni con i nostri atleti».

Intanto ci raggiunge al tavolo Edgar Berti, che racconta con evidente nostalgia della sua partecipazione ai campionati del mondo del 1960, tenutisi a Biella, purtroppo senza conseguire i medesimi brillanti risultati dei suoi quasi nipoti, agonisticamente parlando.

Fate pagare l’uso dei campi e come vi sostenete economicamente?
«I campi sono completamente gratuiti, così come le divise, l’unica spesa che l’atleta deve sostenere è quella del cartellino e dell’assicurazione connessa. La nostra fonte di finanziamento principale è connessa al bar e al ristorante: qui si mangia bene, il luogo è ameno e la gente viene volentieri a pranzare e a cenare. Certo le spese ci sono e bisogna finanziare quello che va al di fuori dei margini delle entrate di ristorazione. Abbiamo anche una scuola bocce per i giovani, che rappresenta un po’ il nostro fiore all’occhiello, perché vogliamo consentire ai giovani di praticare questo sport ai vari livelli, nei vari campionati. È un impegno notevole, sia logistico, sia organizzativo».

Ma il reclutamento è arduo?
«Non proprio. Il Ministero dell’Istruzione ha programmato d’inviare tutte le settimane una classe, con i relativi insegnanti, a effettuare uno stage sui nostri campi, in modo tale che i ragazzi possano praticare direttamente il gioco delle bocce. Come può ben capire c’è sempre qualcuno che ne è attirato, per cui il reclutamento è facilitato. Noi siamo ben lieti di collaborare con le scuole, non ci crea nessun problema e quindi tutto scorre naturalmente».

Ci accomiatiamo da monsieur Philippe e monsieur Edgar, con il loro francese pronunciato non velocemente per favorire il dialogo con l’interlocutore italiano – un’altra genuina cortesia – e ci avviamo sotto il tiepido sole verso La Condamine. Ci sembra di essere più eterei, di essere in una dimensione nuova, soprattutto se confrontata con l’italico atteggiamento, burocratico e precluso alle novità, in particolare per la facilitazione allo sport da parte della scuola.
Lasciamo l’Eden monegasco augurandoci che finalmente avvenga la contaminazione – non diciamo contagio, si potrebbe essere fraintesi -.

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Pubblicato il 10 Gennaio 2021
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