Obbligare un lavoratore a vaccinarsi è lecito? Alcune aziende pagano i dipendenti per farlo

L'americana General Dollar è stata la prima al mondo a pagare i suoi 150mila collaboratori per farsi vaccinare, mentre Unilever in Europa comprerà 200mila vaccini. Ma il dibattito sulla libertà di scelta rimane aperto

Vaccine Day - Parte la campagna di vaccinazione contro il Covid 19

La storia umana è intrecciata a quadruplo filo alla storia delle epidemie, che hanno sempre avuto un peso determinante sul piano sanitario, demografico, sociale ed economico, ponendo spesso dilemmi etici oltre che pratici. È disarmante come, nonostante i progressi nelle discipline mediche, gli strumenti di contenimento disponibili ai nostri giorni siano gli stessi elaborati nel 1300, proprio nel nord Italia.

LA PESTE E I PROVVEDIMENTI PER CONTENERLA

Gian Galeazzo Visconti, duca di Pavia, conquistò Milano, traendo in trappola lo zio Bernabò con la scusa di un pellegrinaggio al santuario di Santa Maria del Monte, sopra Varese. Sotto di lui Milano raggiunse il periodo di massima espansione, arrivando fino allo Stato della Chiesa, il Piemonte orientale ed il Veneto. Senza di lui il Duomo di Milano sarebbe di mattoni rossi, invece che di bianco marmo di Candoglia. Prima di morire nel 1402, insieme ad altri 100 milioni di appestati, un quarto della popolazione mondiale dell’epoca, ideò molti dei provvedimenti che solo molto più tardi furono adottati in altre parti d’Europa.

A Venezia, invece, si deve il primo Lazzaretto della storia. Nel 1423 il Senato della Repubblica collocò nella laguna sud l’ospedale per l’isolamento dei miasmi pestilenziali, che prese il nome dal convento di Santa Maria di Nazareth, la cui volgarizzazione in Nazaretum e poi Lazaretum fornì alle lingue europee la denominazione di “Lazzaretto”.

In effetti le misure di contenimento delle pandemie, fino alla fine del 1700, sono sostanzialmente identiche a quelli contenute nel primo decreto Mattarella del 23 febbraio 2020: divieto di accesso e di uscita dalle città colpite, stretta sorveglianza sui movimenti di merci e persone, cordoni sanitari, isolamento, quarantena (inventata a Ragusa nel 1377) e “quarantena generale” (ovvero lockdown con modalità identiche a quelle attuali); divieto di assembramento e di ritrovo, chiusura delle attività commerciali (eccetto alimentari e farmacie), delle taverne (in particolare nelle ore serali e notturne), delle scuole, dei luoghi di pubblico intrattenimento; cancellazione delle manifestazioni di ogni tipo, comprese le fiere e i mercati; divieto di partecipare a cerimonie religiose, processioni, funerali; “bollette e fedi di sanità” (=passaporti che consentivano la circolazione di persone e merci attestando la provenienza da luoghi non contagiati).

LA DIFFERENZA LA FANNO I VACCINI

Tutto uguale fino ai vaccini, con la cui scoperta il cerchio si chiude: dagli animali le infezioni, dagli animali la cura. La maggior parte delle pandemie ha un’origine animale, sono, cioè, delle zoonosi. In alcuni casi nascono dalla stretta convivenza tra persone e animali da allevamento e sono poi favorite dai grandi agglomerati urbani con elevata densità abitativa. Altre epidemie, invece, sono determinate dalla colonizzazione e dalla conquista di nuovi territori: virus e batteri sconosciuti ai sistemi immunitari delle popolazioni autoctone che causano vere e proprie stragi.

Ne è un esempio il periodo della conquista spagnola in America del Cinquecento, quando il vaiolo uccise milioni di indigeni mesoamericani e contribuì all’invasione dei conquistadores europei molto più di fucili e moschetti. Ma è proprio dalla forma di vaiolo che colpisce le vacche, il vaiolo vaccino, che Jenner scopre la cura e un italiano la “industrializza”. Edward Jenner, uno scienziato inglese, osservò che i contadini contagiati dal vaiolo bovino, una volta superata la malattia, non si ammalavano della sua variante umana, molto più grave.

Così, nel maggio 1796 prelevò dalla pustola di un mungitore affetto da vaiolo bovino del materiale purulento e lo iniettò nel braccio di James, un ragazzo di 8 anni. Dopo alcuni mesi, al ragazzo fu inoculato del pus vaioloso umano, ma, come previsto da Jenner, il virus non attecchì. James fu il primo a diventare immune al vaiolo senza esserne mai stato ammalato.

In Italia, fu Luigi Sacco (1769-1836), medico della Repubblica Cisalpina, a diffondere la vaccinazione di Jenner. Alla fine del 1799 vaccinò sé stesso e poi cinque bambini con il pus raccolto da due vacche affette da vaiolo bovino. Nel 1806 Sacco riferì di avere fatto vaccinare o vaccinato personalmente più di 130.000 persone. In breve, i vaccinati del Regno d’Italia giunsero a un milione e mezzo, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo.

VACCINO SÌ VACCINO NO

La vaccinazione è considerata tra le più grandi scoperte mediche fatte dall’uomo. Il suo valore fu compreso fin da Napoleone che ordinò campagne di vaccinazioni in tutto l’impero (seguito da Putin ai giorni nostri che ha ordinato vaccinazioni di massa con l’autarchico Sputnik V). Ma i progressi scientifici pongono spesso temi etici. Il tema dell’equilibrio tra libertà individuale e salute pubblica è centrale nella lotta alle epidemie. Per far rispettare le misure restrittive si ricorse, soprattutto a partire dal ‘500, a vere e proprie forme di dittatura sanitaria.

I Provveditori di Sanità erano dotati di amplissime facoltà: potevano ordinare il rogo delle merci e delle navi infette e condannare a morte chiunque fosse stato sospettato di aver diffuso, anche in modo involontario, il contagio; la facoltà di arrestare gli inquisiti e di sottoporli a tortura. Ovunque si minacciava di giustiziare davanti alla porta di casa chi non avesse rispettato la quarantena, e molte condanne venivano eseguite.

Persino i Cappuccini incaricati nel 1576 e nel 1630 di gestire il Lazzaretto di Milano non ebbero scrupoli ad adottare tali metodi, come abbiamo imparato tutti dal Manzoni. Un’altra misura fondamentale fu la chiusura delle scuole per tutto il periodo dell’epidemia, perché, come si affermava in una missiva sanitaria fiorentina del 1630, le scuole sono come serre in cui si coltivano le pianticelle più giovani, e non è giusto condannare a morte i virgulti da proteggere.

SETTE PERSONE SU DIECI VOGLIONO VACCINARSI

Tornando a tempi più vicini, dopo 300 milioni di morti di vaiolo solo nel secolo scorso, dal 1966 al 1977, l’Organizzazione Mondiale della Sanità iniziò una campagna di vaccinazione internazionale che riuscì a debellare la malattia, divenendo uno dei successi più sostanziali della sanità pubblica globale di sempre, e spostando ulteriormente l’opinione pubblica a favore delle vaccinazioni.

Oggi, «a livello globale, la stragrande maggioranza delle persone è favorevole a ricevere il vaccino contro il coronavirus: 7 persone su 10 dichiarano di voler essere vaccinate, un interesse che non differisce se si considera il genere o le diverse fasce di età», afferma WIN, l’associazione mondiale delle ricerche di mercato, nel report pubblicato a fine dicembre 2002. Vietnam (98%), Cina (91%) e India (91%) sono i tre paesi che guidano la classifica mondiale; Serbia (62%), Croazia (59%), Francia (56%) e Libano (56%) sono i fanalini di coda. In Italia sono il 70% i cittadini che dichiarano di volersi vaccinare contro il coronavirus (il 33% dichiara che sicuramente si vaccinerà, mentre il 37% probabilmente si vaccinerà).  Rimane decisamente più bassa la percentuale di italiani che sicuramente non intende vaccinarsi (10%); molto meglio di Francia (24%) e Germania (16%). Fonte: https://winmr.com/win-world-survey-covid19-vaccine-and-intention-to-travel-in-2021/

Nonostante la maggior parte dei cittadini intervistati, a livello mondiale, siano favorevoli alla vaccinazione contro il coronavirus, rimane comunque un lavoro importante da fare a livello di comunicazione e consapevolezza dove prevale ancora un certo scetticismo. Dopo le vaccinazioni mediatiche di Joe Biden, Papa Francesco, Netanyahu, le categorie di priorità vaccinale stanno entrando nelle nostre vite, creando nuove graduatorie intra ed extra famigliari.

Nella mia famiglia, Paola, mia moglie, in qualità di medico libero professionista, ha ricevuto la comunicazione dall’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Varese che le offre la possibilità di aderire alla campagna di vaccinazione SARS-CoV-2 e sarà vaccinata a breve. Le nonne e il nonno, ultraottantenni, saranno vaccinati in qualità di persone a rischio. Mentre, io, ex-manager Whirlpool, ora, sano per dovere di partita Iva, e i miei 3 figli dovremo aspettare molto in fondo alla lista. Anche nella società nel suo complesso si creano nuove divisioni tra chi ha accesso a corsie preferenziali, lecite e anche no.

LA MULTINAZIONALE CHE PAGA I DIPENDENTI PER FARSI VACCINARE

Un caso interessante sono i dipendenti pubblici e privati, che potrebbero avere un aiuto dalle loro aziende per vaccinarsi. Probabilmente Dollar General non ci dice molto come impresa. Però ha 150 mila dipendenti ed è al 112° posto della lista Fortune 500 delle maggiori aziende americane con 27 miliardi di dollari di fatturato. Vende general merchandise attraverso 16 mila magazzini soprattutto nell’America rurale. È diventata apparentemente la prima al mondo a pagare i propri collaboratori per farsi vaccinare.

Parte di un piano di più ampio sostegno alla salute e protezione dei dipendenti, ha annunciato un pagamento una tantum equivalente a 4 ore di paga per chi si farà vaccinare, oltre al riconoscimento retribuito dei tempi di lavoro persi per le iniezioni. A lei si stanno già aggiungendo altre organizzazioni come Trader Joe (2 ore pagate) e Instacart (25 dollari a testa). Chi si vaccina corre dei rischi, prossimi a zero ma non zero, aiuta se stesso, la società e salva vite umane.

Perché non ci dovrebbe essere un incentivo a farlo, che non è un obbligo? Lo Stato impone le cinture di sicurezza sulle auto e i seggiolini per i bambini, perché non incentivare la vaccinazione? In tutto questo, che ruolo hanno le imprese? Il dibattito è aperto: fino a che punto si possono proporre incentivi e modalità per spingere, gentilmente o meno, i collaboratori a vaccinarsi?

Guidare un’impresa è un’impresa sempre più difficile, e quindi avvincente, per chi ha il coraggio e la generosità di farlo, anche per il bene comune di chi verrà domani. Trovare la sintesi tra le esigenze e opportunità di mercato, la valorizzazione piena e libera delle persone e in coerenza con i fattori ambientali, normativi, culturali e sociali, è un esercizio di ascesi quotidiano, in Italia probabilmente più che altrove, perché siamo votati al martirio e all’autoflagellazione.

I COSTI DELLA PANDEMIA GRAVANO SULLE AZIENDE

Il Covid-19 ha complicato le cose immensamente ad esempio sul piano sanitario. La difficoltà di gestione pubblica della pandemia, soprattutto in alcune regioni italiane, ha forzato le aziende a internalizzare costi di prevenzione, protezione e gestione medica che normalmente sono responsabilità dell’amministrazione statale e regionale. Mascherine, test, tamponi, disinfezione e sanificazione sono diventati costi di gestione ordinaria. Adesso arriva il vaccino e si aprono nuovi scenari. Possono le imprese obbligare i dipendenti a vaccinarsi per tornare a lavorare in presenza? Anche se fosse legale, avrebbe senso che lo facessero? In ogni caso, cosa stanno concretamente facendo?

L’esempio di Dollar General non è a caso. Gli Stati Uniti sono all’avanguardia sul tema, non fosse altro perché Pfizer e Moderna sono americane. Dopo un periodo di incertezza, hanno chiarito il riferimento legale: le aziende possono richiedere il certificato di vaccinazione ai propri dipendenti per reimmetterli a lavorare “normalmente”, facendo attenzione ad alcune categorie particolari, quali donne in gravidanza, appartenenti a fedi religiose contrarie alla vaccinazione e portatori di alcune disabilità o condizioni mediche.

LA SPINTA GENTILE PER I NO VAX

Tuttavia il 26% degli americani probabilmente o certamente non si vorrà vaccinare. Quindi obbligare i propri collaboratori rischia di generare un diluvio universale di cause, oltre che una fortissima reazione allergica al proprio datore di lavoro. Infatti la maggior parte delle grandi corporazioni, ad esempio Google, sta orientandosi verso la persuasione morale, fatta di raccomandazioni e spinte gentili.

In Europa, è uscita allo scoperto Unilever, multinazionale globale anglo-olandese del largo consumo, molto attenta quindi alla gestione della reputazione, che ha dichiarato recentemente che non obbligherà alla vaccinazione, perché, tra l’altro, non vuole “saltare la fila” rispetto a chi ha massima priorità come il personale sanitario e le fasce vulnerabili della popolazione. Allo stesso tempo sta contemplando di comprare 200 mila dosi di vaccino dove teme che i programmi di vaccinazione siano deficitari come in India, da utilizzare al 50% per i propri dipendenti e donando il resto alla sanità pubblica.

In Italia, giuristi del calibro di Pietro Ichino e altri hanno indicato nel combinato disposto dell’articolo 2087 del Codice Civile (che impone l’obbligo all’imprenditore di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori) e dell’articolo 32 della Costituzione sulla tutela della salute (che prevede sia l’interesse della comunità che la libertà di scelta del trattamento sanitario) i paletti giuridici da tenere in considerazione.

Sembra che i datori di lavori possano imporre l’obbligo vaccinale pena rischio licenziamento, ma con prevedibile sorgere di un impraticabile contenzioso. Infatti i sindacati chiedono una legge in merito e le aziende per ora nicchiano. Il tema è dunque complicato e il rischio di creare ulteriori divisioni sociali è dietro l’angolo.

LA COOPERAZIONE DEVE ESSERE GLOBALE

Chi e come deciderà di permettere o ignorare gli spostamenti internazionali, in prima classe transoceanica o in barcone trans-mediterraneo, tra paesi con tassi di immunità di gregge diversi?  Dalla scoperta del primo vaccino da parte di Jenner sono passati quasi 200 anni, durante i quali sono morte centinaia di milioni di persone per mancanza di adeguate vaccinazioni.

Oggi abbiamo mezzi, conoscenze, capacità incommensurabilmente maggiori e possiamo sconfiggere o almeno controllare i coronavirus, se siamo capaci di attivare un livello di cooperazione globale che comprenda stati, imprese, e organizzazioni non governative. Non si deve assolutamente disperdere il patrimonio di conoscenze e di valori acquisito attraverso secoli di lotta alle grandi epidemie.

Imparare dunque dall’esperienza per gestire con successo il presente. La posta in palio è in realtà duplice. Facendolo bene, potremo costruire le strutture e i modelli di gestione e governo per affrontare anche il cambiamento climatico, l’altra minaccia epocale che incombe.

“Chi non conosce il proprio passato rimane un bambino”, Ippocrate di Kos, V secolo a.C., padre della medicina.

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Pubblicato il 19 Gennaio 2021
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