Pazza iva per le erbe aromatiche: quattro diverse aliquote dal 4% al 22%
Prezzemolo al 4%, basilico al 5%, Timo al 10%, lavanda al 22% una situazione che genera spesso molta confusione
Una delle tante questioni fiscali italiane irrisolte è quella relativa alla moltitudine di aliquote iva applicate alle cosiddette erbe aromatiche. Una situazione che genera spesso confusione e dubbi nell’applicazione.
Per individuare la corretta aliquota iva da applicare alle erbe aromatiche non letteralmente menzionate dal legislatore fiscale, è necessario individuarne l’appartenenza da un punto di vista tecnico-merceologico così come indicato dalla tariffa doganale o altrimenti rifarsi alle istanze di interpello che comunque normalmente rimandano alla Taric (Tariffa integrata comunitaria).
Basilico, salvia, rosmarino freschi e origano destinati all’alimentazione sono le uniche erbe aromatiche letteralmente menzionate dal legislatore che, con la legge 122/2016, scontano l‘iva agevolata al 5%.
Per tutte le altre erbe è necessario rifarsi appunto alla Tariffa integrata comunitaria o a documenti dell’amministrazione finanziaria. Prezzemolo, cerfoglio, estragone (dragoncello) crescione e maggiorana coltivata vengono individuate tra gli “ortaggi” e, quindi, essendo gli ortaggi indicati al n. 5 Parte II Tabella A del DPR 633/72 le relative cessioni scontano l’aliquota del 4%.
Per ruta, lavanda, melissa e menta bisogna invece rifarsi alla dichiarazione della direzione regionale entrate per la Liguria del 20 ottobre 1999 che classificandoli come prodotti utilizzati principalmente in profumeria, medicina o nelle preparazioni di insetticidi, antiparassitari o simili vanno ricompresi nella voce della Taric Capitolo 7 – Voce 12.11 e non essendoci per queste voci l’inquadramento in alcuna fattispecie agevolata di cui alla tabella A devono ritenersi soggetti all’aliquota del 22%.
Timo, alloro e finocchio selvatico vengono inquadrate dalla Taric come erbe che scontano l’aliquota iva del 10%. Infine, erba cipollina e dragoncello si applica l’iva del 4%.
Il problema si complica ulteriormente quando si parla di confezioni di aromi misti per le quali l’individuazione dell’aliquota Iva deve essere fatta «tenendo in considerazione la merce che conferisce all’insieme il carattere essenziale», considerando «quantità, volume e valore», con le difficoltà che ne conseguono e le innumerevoli interpretazioni rispetto alla composizione.
Secondo Emilio Ferrara (foto sopra), direttore dell’organizzazione di produttori “Terra e orti”, «sarebbe necessario armonizzare le aliquota iva da applicare alle erbe aromatiche per uso alimentare perché la presenza di una pluralità di aliquote (4%, 5%, 10% e 22%) ingenera confusione e spesso un’errata applicazione della norma. Bisognerebbe individuare un’unica aliquota iva agevolata da applicare a tutte le erbe aromatiche per uso alimentare che dovrebbe essere quella del 4% come tutti gli ortofrutticoli. In alternativa, potrebbe essere discussa e mediata una aliquota del 5%, comunque agevolata, ma che compenserebbe le perdite subite dal taglio dell’aliquota del 22% e del 10% con l’incremento del punto percentuale sui volumi, di gran lunga superiori, relativi alle erbe che scontano il 4%».
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