Cinque anni fa la diagnosi di tumore, oggi 93 km di corsa lungo la Via Francisca

Nicola Gallicchio ha corso 93km in 12h per tornare dove gli diagnosticarono la malattia, questa volta non in ambulanza ma sulle sue gambe

Generica 2020

Nicola Gallicchio, ingegnere italo svizzero di 38 anni residente a Lavena Ponte Tresa, ha voluto celebrare a suo modo il quinto anniversario della diagnosi che gli cambiò la vita, quella del linfoma non Hodgkin, un tumore del sistema linfatico.

Era una giornata come tante di cinque anni fa, Nicola aveva corso i suoi 20 km abituali e tutto era nella norma, a parte una leggera tosse persistente da qualche tempo. Niente a cui dare troppa importanza, pensava. E invece nel giro di poche ore la sua vita è cambiata. A seguito di uno svenimento venne portato in ospedale a Luino e da lì – grazie alla corretta intuizione del medico di turno – a Pavia. Direzione Policlinico San Matteo, centro d’eccellenza europeo nella cura dei tumori del sangue. Un viaggio d’urgenza, in ambulanza.

Qui trovarono purtroppo conferma i sospetti del medico di Luino: c’era, al centro dell’addome, una massa tumorale di 13×8 centimetri, inoperabile. “Mi sono guardato allo specchio. Sono morto in quel momento. Ma sono anche rinato, perché da lì è iniziata la mia nuova vita.”

Il tempo di capire con precisione di quale tipo di tumore si trattasse e poi via subito il primo ciclo di chemio. Sarebbero stati sei, sempre a Pavia e in day ospital: “Seguivano tre giorni terribili a letto, dopo i quali piano piano mi alzavo e mi mettevo sul tapis roulant. Per combattere la nausea e la malattia a modo mio.” Terminate le sei chemioterapie sono seguite 17 radioterapie, questa volta a Varese. Oggi il tumore è in fase di remissione e va tenuto sotto controllo con esami continui.

Mentre era in ospedale Nicola vide su una rivista un articolo che parlava del Tor des Géants, la corsa in montagna che si tiene ogni anno in Valle d’Aosta, una delle gare più dure del mondo dove gli atleti corrono oltre 300 km affrontando 24’000 metri di dislivello. Chi la vince solitamente non dorme più di un paio d’ore in tre giorni, il resto del tempo corre. “Se arrivo a quarant’anni voglio provarci”, si è detto dal letto dell’ospedale.

E anche se ai quaranta mancano ancora due anni, quest’anno voleva in qualche modo celebrare il quinto anniversario della sua nuova vita. E voleva farlo a modo suo: correndo.

L'autunno sulla via Francisca

“Nel mentre in questi anni ho visto che era nato questo cammino, la Via Francisca del Lucomagno, che parte proprio da casa mia, Lavena Ponte Tresa, e giunge a Pavia. Quella Pavia dove iniziò la mia nuova vita. Ho pensato che fosse il giusto modo per celebrare la ricorrenza, quello di andarci a piedi tutto d’un fiato. Purtroppo non ho potuto farla tutta a causa del coprifuoco, che rischiavo di violare. Così il 20 febbraio sono andato in macchina fino a Castiglione Olona, visto che le prime tappe le avevo già percorse molte volte negli allenamenti giornalieri, e da lì in 12 ore sono arrivato a Pavia.”

A differenza di cinque anni prima non era a bordo di un’ambulanza, mezzo svenuto e in balia della nausea. Era sulle sue gambe che urlavano silenziosamente al mondo, passo dopo passo, la sua determinazione e la sua forza. Durante il viaggio, affrontato con uno zaino di 4 chili sulle spalle, Nicola ci ha raccontato di aver apprezzato la bellezza dei paesaggi e di essere rimasto colpito dalla quantità di animali che ha incontrato: aironi, ibis, nutrie, cinghiali e caprioli. Incontri resi ancora più suggestivi quando avvenuti all’alba, mentre correva ancora al buio con la sua torcia. Solo, nel bosco, con il suo obiettivo davanti agli occhi.

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La Via mi è piaciuta tantissimo, la parte del Parco RTO – Rile Tenore Olona –  è quella dove ho incontrato più animali…ad un certo punto persino conigli! E’ stata molto ben riqualificata ed è resa suggestiva dal passaggio della vecchia ferrovia della Valmorea” ci racconta ancora Nicola, “la parte più surreale è stata l’ultima, quella dell’arrivo a Pavia. Intanto perché attorno ai 50km la stanchezza iniziava a pesare. Ero arrivato alla ”soglia dei 50”, un ben noto punto di difficoltà per chi corre: fino a quel momento per me era solo un sentito dire, visto che era la prima volta che lo raggiungevo. Poi perché mentre ero in un certo senso “chiuso” nel mio mondo, rivivendo l’arrivo di cinque anni prima, accanto mi esplodeva la vita.

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Era il week end, la gente camminava e io facevo lo slalom fra le famiglie. Il tutto indossando la mascherina, che non aiutava ad alleviare la fatica, anzi. A Pavia, proprio come cinque anni fa, mi ha accolto un cielo grigio. Un cielo sotto cui però è iniziato quello che, sarà paradossale per tanti, è stato il periodo più bello. Quello in cui tutto ha assunto un valore diverso, autentico.”

Oggi Nicola ha al suo fianco la moglie Roberta e il loro bimbo Francesco Antonio “una benedizione arrivata un anno fa”. Continua i suoi allenamenti sperando un giorno di poter correre al Tor des Géants ed è seguito dal preparatore atletico Stefano Ruzza “che ringrazio moltissimo: da Baltimora si è scervellato per supportarmi e per prepararmi”. Sta scrivendo un diario racconto della sua esperienza e non esclude un giorno di pubblicarlo, con l’obiettivo di dare speranza a chi come lui si trova a vivere l’esperienza della malattia.

“Perché lo faccio? La fatica che provo nel trail running mi fa sentire vivo, e quel che faccio è un modo per ringraziare e dimostrarmi meritevole di questa nuova vita.”

 

Eleonora Martinelli
eleonora.martinelli@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Febbraio 2021
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