I commercianti di Luino e Lavena Ponte Tresa chiedono ristori: “Con le dogane chiuse siamo in ginocchio”
Lettera aperta di Ascom a governatore e assessore regionali: "Centinaia di attività sono a rischio chiusura. Venite a trovarci nel giorno del mercato, ve ne renderete conto"
«La chiusura delle dogane ha creato e sta creando un violento arresto economico per diverse centinaia di piccoli imprenditori e inizia a farsi concreto il rischio che si possa assistere alla chiusura forzata di molti esercizi commerciali».
È uno dei passaggi della lettera “a cuore aperto” partita da Luino con destinazione Milano, sede della Regione Lombardia. Precisa e circostanziata la richiesta rivolta ai vertici del Pirellone: «Ristori specifici, calibrati in relazione alla specificità del nostro territorio».
Franco Vitella e Luca Gobbato, rispettivamente presidente e direttore di Confcommercio Ascom Luino, si rivolgono direttamente al governatore Attilio Fontana e all’assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi. Ai due amministratori regionali viene illustrata la situazione del Luinese e dell’Alto Varesotto, area che a causa dell’emergenza Coronavirus sta pagando un prezzo altissimo, il più alto dell’intera provincia.
“Venite al mercato per rendervi conto”
«Il rischio di nuove e ulteriori chiusure», denuncia Vitella, «è purtroppo reale. Per questo invitiamo ufficialmente il governatore Fontana e l’assessore Guidesi a farci visita, per rendersi conto di persona della situazione. Siamo pronti ad ospitarli al mercoledì, giorno del nostro storico mercato, che negli ultimi mesi ha registrato un calo di presenze del 50-70 per cento.
Quella del mercato settimanale è lo specchio della enorme crisi che ci sta investendo e che, a nostro parere, richiede provvedimenti ad hoc».
Il perché della crisi di Luino e del Luinese è presto spiegato, come si legge nella missiva firmata da Vitella e Gobbato: in questa parte del territorio il tessuto imprenditoriale è prevalentemente formato da micro e piccole imprese (commercio, turismo, terziario, servizi, artigianato e professioni) che compensano la limitata presenza di industrie e manifatture e l’assenza di aziende di grandi dimensioni.
«Si tratta di attività», chiarisce il presidente di Ascom Luino, «che hanno nella vicinissima Svizzera il principale bacino di utenza, venuto meno nel periodo del primo lockdown e ancora dal 10 dicembre scorso in poi, con il divieto di ingresso dei cittadini elvetici in Italia». Le frontiere di fatto chiuse non hanno consentito l’accesso anche a cittadini tedeschi, olandesi e, in minor numero, francesi e di altre nazionalità, «che abitualmente, in particolare durante le festività natalizie, raggiungevano le nostre zone».
Nel solo mese di luglio “spariti” 50mila svizzeri
I dati forniti da un sistema di monitoraggio delle presenze che Confcommercio provincia di Varese sta mettendo a punto, parlano da soli: nel solo mese di giugno si sono registrati rispetto allo stesso periodo del 2019 qualcosa come 50mila cittadini svizzeri in meno; 20mila in meno le “visite elvetiche” in luglio (frutto dell’allentamento delle misure anti Covid); 30mila in meno a novembre (effetto dei nuovi provvedimenti), 35mila in meno a dicembre. In quattro mesi quasi 150mila visitatori elvetici in meno, ai quali si aggiungono quelli di altre nazionalità.
«Un durissimo colpo», prosegue Vitella, «per l’economia locale strettamente legata al Canton Ticino, sia per il flusso dei frontalieri italiani che lavorano oltre confine, sia per il rilevante peso dei consumatori ticinesi sul totale dei clienti delle nostre imprese commerciali, del turismo e del terziario. Una realtà importante, testimoniata dal rapporto tra l’elevato numero di attività commerciali (circa 200, di cui 35 parrucchieri e 30 ristoranti) presenti, ad esempio, a Lavena Ponte Tresa rispetto ad una popolazione di circa 5.700 abitanti: un contesto commerciale che si è sviluppato e vive grazie ai clienti svizzeri, ma che ora è al collasso proprio a causa della loro assenza».
Occupazione e risvolti sociali: il futuro preoccupa
In un simile contesto, prosegue la lettera, inizia a farsi concreto il rischio che si possa assistere alla chiusura forzata di molti esercizi commerciali (negozi, bar, ristoranti, parrucchieri, estetisti…).
«Se questa situazione dovesse protrarsi non poche imprese potrebbero non riprendere più l’attività, soffocate dal peso dell’indebitamento e dall’impossibilità di far fronte agli impegni presi. Uno scenario con risvolti pesanti sul piano dell’occupazione e per gli aspetti sociali».
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