Coronavirus: nell’ultimo bollettino Lombardia a rischio “basso” ma manca l’impatto della zona gialla

Come sempre è opportuno considerare che le valutazioni del bollettino del Comitato Tecnico Scientifico si basano su dati di 14 giorni prima, quando la regione era appena passata da zona rossa ad arancione.

Saronno in zona gialla

Resta sostanzialmente immutato l’ultimo calcolo dell’indice Rt sulla regione Lombardia diffuso oggi, venerdì 12 febbraio, dalla cabina di regia nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel bollettino settimanale del Comitato Tecnico Scientifico la regione si presenta con un indice dello 0.97 (la scorsa settimana era dello 0.94), al di sotto della soglia dell’uno, considerata critica.

La Lombardia migliora invece nella classificazione complessiva del rischio che passa da essere considerata “moderata” a “bassa”, con casi di positività e focolai in decrescita.

Come sempre è opportuno considerare che le valutazioni del bollettino del Comitato Tecnico Scientifico si basano, soprattutto quella del calcolo dell’indice Rt, su dati che arrivano solo fino al 27 gennaio, quando la Lombardia arrivava da una settimana di zona rossa e da una di zona arancione. Questo avviene perché il calcolo per essere preciso può essere fatto solo su dati sufficientemente consolidati e questo avviene dopo una decina di giorni dal periodo che si intende prendere in considerazione.

La valutazione dell’impatto dall’inizio della zona gialla, cominciata l’1 febbraio, comincerà ad essere fatta a partire dal prossimo bollettino settimanale.

 

Intanto a livello nazionale sale a 0,95 l’Rt dallo 0,84 della scorsa settimana. Inoltre sette regioni si presentano con un Rt puntuale maggiore di 1 anche nel limite inferiore compatibile con uno scenario di tipo 2, in aumento rispetto alla settimana precedente.

Emerge anche un dato da prendere con molta serietà, si tratta dei risultati dell’indagine sulla circolazione della variante inglese in Italia promosso dall’Istituto Superiore di Sanità. È emerso che nel nostro paese il 17,8% delle infezioni sono dovute a “variante inglese”, ovvero uno su cinque.

Tomaso Bassani
tomaso.bassani@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Febbraio 2021
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