Recovery Fund, “un’opportunità per liberare il potenziale lavorativo femminile”

La tavola rotonda di Adgi Busto Arsizio (Associazione donne giuriste italiane) in cui si è riflettuto sul Recovery fund e sulla situazione delle donne nel mondo del lavoro

femminismo

Recovery Fund, questione femminile collegata al mondo del lavoro: tante le riflessioni alla tavola rotonda “L’emergenza covid e il lavoro delle donne tra Recovery Fund, welfare attivo e cassa forense”, promossa dall’associazione Donne Giuriste (sezione di Busto Arsizio), tenutasi giovedì 4 marzo su Zoom.

Ad aprire le danze Rosalba Folino, neopresidentessa dell’associazione, che ha ringraziato chi l’ha preceduta, Marilena Desca, «L’evento è stato voluto e organizzato da chi mi ha preceduto, Marilena Desca, oggi in qualità di moderatrice. Ringrazio le relatrici e i relatori, che ci hanno permesso di organizzare questa giornata su un argomento di forte attualità e forte interesse, specialmente per le lavoratrici femminili, con i dati alla mano».

“Investire nell’occupazione femminile”

Paola Centomo, giornalista di Io donna – l’inserto del venerdì del “Corriere della Sera” – ha parlato di Recovery Fund e sull’importanza di investire nel lavoro femminile: «Il Pil crescerebbe del 7% se in Italia avessimo il 60% delle donne occupate, ora al 48.4%. La non occupazione femminile è un problema drammatico. In più, le donne sono destinatarie dei contratti più fragili con meno garanzie», ha affermato, riferendosi ai 99mila (su 101mila) posti di lavoro persi dalle donne nel 2020. Facendo lavorare le donne, infatti, l’economia si alzerebbe e il paese diventerebbe più ricco.

Quanto al Recovery Fund, «un’opportunità irripetibile per liberare il potenziale femminile inespresso», Centomo ha raccontato dell’associazione Half of it  e di quanto si sta muovendo per la parità di genere nel destinare i fondi europei. «Half of it è un movimento tumultuoso per politiche integrate di genere: se tutte le donne che vogliono lavorare riescono a farlo incrementano il Pil». Dunque, lo scopo è evitare una penalizzazione delle donne negli investimenti del Recovery Fund: «Chi riceverà i finanziamenti dall’Europa non dovrà lasciare indietro le donne: il Recovery Fund dovrebbe avere lo stesso impatto su uomini e donne».

Inoltre, secondo la giornalista, per correggere gli squilibri bisogna «creare infrastrutture sociale che permettano alle donne di rimanere nel mondo del lavoro o di decidere pienamente del proprio sviluppo lavorativo. Carlo Cottarelli, in una recente intervista a Repubblica, ha affermato che per far ripartire l’economia bisogna investire in asili nido». Costruire più asili nido e infrastrutture di cura concorrer ad alleggerire il peso famigliare e sociale che gravano sulle donne. Un’altra mossa è aumentare i congedi per i padri, per avere «un ritorno economico e sociale del ruolo femminile nel lavoro e nella cultura italiana. Fa bene a tutti una maggiore occupazione femminile: non è una questione di genere, ma di essenzialità di vita moderna».

La legge e la donna lavoratrice

«Negli anni cinquanta era stata approvata la legge Noce a tutela della lavoratrice madre nel posto di lavoro – una delle prime e più innovative in Europa – ma è stata disapplicata, perché in Italia vigeva un modello culturale per cui, parlando della parità di salario di uomo e donna, che nella realtà dei fatti identificava il ruolo della donna essenziale non come lavoratrice, ma come moglie e madri», ha parlato poi Matteo Crespi, consulente del mondo del lavoro. Ciò che per Crespi è fondamentale è «un profondo cambiamento culturale». «Forse – è intervenuto Beatrice Bassi, avvocato di Adgi – alcune cose sono arrivate troppo presto rispetto alla mentalità corrente».

«Se ci fosse una condivisione più equa della cura paterna e materna dei figli, sarebbe molto meglio. Abbiamo tutelato molto bene la maternità e dovremmo tutelare la paternità allo stesso modo: gli uomini dovrebbero essere contenti di questo», ha concluso Centomo.

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

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Pubblicato il 07 Marzo 2021
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