Ciò che mafia non è: gli studenti del Geymonat raccontano i nuovi “Don Puglisi”

La II CS dell'istituto di Tradate partecipa a un concorso promosso dal Politecnico. La scelta del titolo legata al libro di Alessandro D'Avenia

isis geymonat

Ciò che mafia non è. È questo il titolo del progetto realizzato dagli studenti della II SA del liceo Geymonat di Tradate in gara al concorso “Policultura” proposto dal Politecnico di Milano alle scuola superiori . Obiettivo: narrare, attraverso uno storytelling digitale, l’impegno di chi si contrappone alla mafia. I ragazzi hanno ascoltato protagonisti della lotta alla malavita organizzata: da Salvatore Borsellino fratello del magistrato Paolo alla referente Libera Milano ad altre realtà lombarde che gestiscono beni confiscati.

«Per motivare la classe ad aderire con entusiasmo al progetto – spiega la professoressa Claudia Floreani Coordinatrice e referente del progetto –  si è cercato di far comprendere che tale lavoro avrebbe dato consistenza alle lezioni svolte in DAD, dal momento che ne sarebbe scaturito un prodotto concreto, prova delle competenze digitali acquisite durante il biennio 2020-2021. In breve, si è proposto di “dare senso alle ore spese al computer”. Il tema è stato scelto dai ragazzi, sull’onda di un ciclo di lezioni sulla narrativa realista contemporanea, il docente ne ha delimitato i confini affinché la ricerca non fosse dispersiva. Alcuni studenti hanno coinvolto le loro famiglie, confrontandosi con loro sul progetto e chiedendo consigli su chi intervistare, recuperando poi i rispettivi contatti».

L’intento dei docenti mirava sia al valore educativo ma anche al percorso di conoscenza degli strumenti culturali e metodologici per promuovere una comprensione approfondita e sistemica dei temi legati alla persona e alla società nella realtà contemporanea. Un lavoro che stanno realizzando anche gli studenti di altre classi del Geymonat, la 1sd e la 4E che, però, non parteciperanno al concorso.

La classe è stata suddivisa in 8 gruppi, ciascuno di 2/3 componenti, formati dopo una lezione sull’empatia, secondo il metodo del dott. Stefano Rossi, durante la quale gli studenti sono stati invitati a riflettere sulle loro competenze relazionali e ad esprimere le loro preferenze sui compagni con cui lavorare. Ogni gruppo aveva il compito di individuare e intervistare un personaggio, che fosse un testimone positivo di una realtà dell’antimafia.

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I ragazzi si sono così organizzati per intervistare il personaggio assegnato che hanno contattato via email per fissare un appuntamento on line. Dopo l’incontro sono state realizzate le interviste scritte, confluite in un unica cartella drive dal titolo “Ciò che mafia non è”.

Il lavoro, avviato nel dicembre scorso è stato ultimato proprio qualche giorno fa e presentato al Politecnico. A ispirare la classe il romanzo di Alessandro D’Avenia “Ciò che inferno non è”, che racconta la storia di don Puglisi , coraggioso prete che sacrificò la sua vita per strappare alla criminalità organizzata i destini di tanti giovani della periferia di Palermo.

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Il filo conduttore del racconto è stata la domanda: ci sono ancora persone che si impegnano in questo 2021 a costruire ciò – che –non -è-mafia? I ragazzi si sono messi sulle tracce dei nuovi Don Puglisi, li hanno trovati, incontrati e ascoltati per rilanciare la voce dei testimoni di giustizia.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Aprile 2021
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