Giuseppe Piccolomo, Procura e difesa ricorrono in Cassazione
Lo hanno presentato i legali delle figlie parti civili e il sostituto procuratore generale d'Appello
È vero che nel diritto italiano vige il principio del ne bis in idem, non si può cioè venir giudicati per lo stesso fatto, ma se il fatto alla base di un accadimento non è lo stesso?
È la domanda che si fanno i legali delle figlie di Giuseppe Piccolomo che hanno impugnato in Cassazione l’ordinanza della corte d’assise d’Appello di Milano che scagionò il padre dall’accusa di aver ucciso volontariamente la madre nell’incendio dell’auto da lui guidata nel febbraio del 2003: Piccolomo venne condannato nel 2006 per quel fatto, patteggiando una pena, ma per omicidio colposo, alla stregua di un incidente stradale.
Secondo la Corte d’Assise di Varese invece l’imbianchino di Corato avrebbe inscenato l’uscita di strada a Caravate, cospargendo successivamente di benzina l’auto nella quale sedeva la moglie, intontita dai tranquillanti per poi dare fuoco alla macchina.
Una tesi sostenuta dall’accusa e appunto finita con la condanna all’ergastolo. La difesa di Piccolomo sollevò già in primo grado il ne bis in idem che tuttavia non venne accolto dalla corte, cosa invece avvenuta dinanzi ai giudici di Milano.
Ora la palla passa alla Cassazione che dovrà decidere sulla legittimità della decisione dei giudici di secondo grado.
I ricorsi sono due. Uno è della famiglia – le figlie Cinzia e Tina – , patrocinata dall’avvocato Antonio Cozza, e uno presentato dal sostituto procuratore generale Daniela Meliota.
Giuseppe Piccolomo sta scontando la condanna dell’ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari la tipografa 82enne assassinata nel 2009 nella villetta di Cocquiio Trevisago: l’omicidio delle mani mozzate.
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