Dall’azienda al ristorante di “Rubitt” a Varese: la scommessa vinta de La Posteria
La storia di Simone Memmola, ultima generazione della Cobra, e del locale che avrebbe dovuto essere a Milano, ma è nato più bello a Varese. Con un'idea in testa: fare ristorazione di alta qualità, ma anche accessibile
L’anno e mezzo della pandemia è stato un banco di prova pesantissimo per ristoratori e gestori di locali, un tunnel di cui solo ora si comincia a intuire la fine. La ripresa di questi giorni ha visto il ritorno dei clienti, anche se solo all’esterno e per chi un esterno l’aveva: e per martedì primo giugno si riprende, si spera definitivamente, a poter accogliere i clienti anche all’interno dei locali, anche se distanziati.
Uno dei primi a ritrovare il “pienone” a Varese è stato un ristorante che ha compiuto i suoi primi tre anni domenica 30 maggio, che non avrebbe dovuto nascere qui ma a Milano, ma che qui è rimasto perchè ha trovato il suo “luogo del cuore”. Un locale gestito da un giovane che ha scoperto questa vocazione solo 5 anni fa, ma che ha creato un team che si sta mettendo prepotentemente in luce, ben oltre la città di Varese: La Posteria, in via Cattaneo.
«Fino al 2017 facevo tutt’altro: mi occupavo dell’informatizzazione della storica azienda di famiglia, la Cobra, che ha “passato di mano” a Vodafone in quegli anni – spiega il proprietario, Simone Memmola – Da quello ad avere un ristorante è un bel salto. Ma mi piaceva l’idea, e la sfida che questo comporta. Naturalmente, non faccio finta di avere delle competenze: non cucino e non porto un piatto. Io mi occupo di tutto il resto».
Memmola parla dallo straordinario chiostro che caratterizza il suo locale, che prima di lui ha visto il Nordic Grill e molto tempo addietro, il Balthazar. Ma ammette: «All’inizio volevo aprire a Milano, era questa la mia intenzione. Poi si è presentata l’occasione di questo locale, che ovviamente conoscevo benissimo. E’ un posto oggettivamente meraviglioso, ma era anche perfetto per quello che avevo in mente. E così ho deciso di rimanere a a Varese. Di certo avevo un obiettivo: fare un locale che fosse bello, con piatti di altissima qualità e con una cantina importante, ma che non fosse inaccessibile dal punto di vista dei prezzi, e dove si potesse venire anche solo a mangiare un piatto come si deve. Anche in questa logica sono nati I Rubitt».
I Rubitt, delle vere e proprie “tapas lombarde”, sono il piatto che caratterizza il menù del ristorante e vede assaggi minimali e sorprendenti, serviti a tre alla volta: dall’uovo cotto in bassa temperatura in crema di patate (No, non è un purè. E no, non è un uovo alla coque. Provare per credere…) al taco di pasta fillo e tartare di fassona, dal gyoza con anatra e arancia al gazpacho con la burrata.
Tutti questi piatti, pieni di studio e esperienza, sono realizzati da uno chef che ha solo 35 anni, e ne aveva 32 quando ha aperto. Malgrado la sua età ancora giovane, Gabriele Castellanza ha però un bagaglio di esperienze già densissimo: dall’aver lavorato fianco a fianco a Gordon Ramsey e Heston Blumenthal in Inghilterra, all’aver sperimentato la cucina del ristorante Sirocco di Bangkok, noto in tutto il mondo per l’incredibile terrazza al 62esimo piano: ma che ora ha “trovato casa” e libertà di chef alla Posteria.
Non capita spesso di trovare professionalità simili in città, e capita ancora meno che ci restino a lungo.« Ho voluto scegliere bene tutti i miei collaboratori cercando di motivarli a stare qui per l’obiettivo e il progetto che avevo – spiega Memmola – Io ci ho provato, e sembra che funzioni: ne sono contento, perchè loro sono molto importanti, hanno costruito questo locale quanto me».
Ora, a tre anni dall’apertura vissuta nel bel mezzo di una pandemia mondiale, quella di Simone si può dire che è decisamente una scommessa vinta: «Non siamo ancora il locale più noto di Varese, e questo un po’ mi spiace perchè penso che sia un locale davvero unico nel suo genere, specie in questa città. Ma il passaparola ha comunque funzionato benissimo, e ora dal punto di vista dei clienti non abbiamo di che lamentarci: nel primo pranzo di zona gialla avevamo già riempito i tavoli, e non smettiamo di raccogliere prenotazioni. Un bell’attestato di stima»
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