Mascherine: istruzioni (scientifiche) per l’uso

La maggior parte delle mascherine FFP2 sono NR, cioè non riutilizzabili. Anche se viene indossata mantenendo costantemente le distanze di sicurezza

Generica 2020

C’è di solito un momento che rappresenta l’inizio della pandemia a livello personale, quando abbiamo fatto “click” e ci siamo detti: “Sveglia, è arrivata anche qui”. Per me è stato una mattina quando, pochi giorni prima del paziente zero di Codogno, girando l’angolo sotto casa, mi sono quasi scontrato con una studentessa cinese che abita al secondo piano. Aveva la mascherina, e non era per lo smog. Ho scartato di lato e un brivido mi è corso lungo la schiena. Nei giorni precedenti non la portava. Ho avuto la prima percezione reale del rischio Coronavirus. Non avevo mai indossato una mascherina prima di allora in vita mia. Sono costrittivo, mi piace respirare a pieni polmoni. Quando medito, la mia pratica preferita è la respirazione consapevole. Detesto avere la museruola. Mi soffoca, irrita la pelle, tira le orecchie. Faccio fatica a riconoscere le persone e le loro emozioni. Non mi abituerò mai. Ma la scienza conferma che è bene usarle. E usarle bene non è banale.

Le mascherine, sono il dispositivo di protezione individuale per antonomasia, e il simbolo onnipresente della pandemia. In realtà sono parte delle politiche di prevenzione sanitarie già da secoli. “La storia dovrebbe essere maestra ma spesso non lo è” racconta Vittorio Sironi, docente di Storia della medicina e della sanità e Antropologia medica all’Università di Milano Bicocca, autore del libro “Le maschere della salute. Dal Rinascimento ai tempi del coronavirus” edito da Carocci. “Già nel 1918 con la Spagnola, i dati parlavano chiaro. Il solo uso della mascherina era capace di ridurre il contagio del 15-20%, tanto che le città e gli Stati che le resero obbligatorie ebbero un’incidenza del contagio diverso”.

Oggi sappiamo conosciamo meglio l’efficacia dei vari strumenti non farmacologici per debellare la pandemia. Lo studio “Conoscere l’efficacia degli interventi dei governi in Europa contro la seconda ondata del Covid-19 è stato condotto da alcune delle maggiori università europee: Oxford, Imperial College London School of Economy, Bristol, Copenaghen ed Essen. All’interno del database sono confluite oltre 5.500 voci di intervento che corrispondono a 114 aree di analisi. La raccolta dei dati ha riguardato 7 Paesi: Austria, repubblica Ceca, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Svizzera nel periodo tra il 1 agosto 2020 e il 9 gennaio 2021. La seguente è la lista di efficacia nella riduzione dell’indice Rt in percentuale delle varie misure intraprese:

#1: chiusura delle attività commerciali: Rt -35%
#2 limitazioni agli incontri tra persone estranee al proprio nucleo famigliare: Rt -26%
#3 coprifuoco notturno: Rt -13%
#4 chiusura delle attività di ristorazione: Rt -12%
#5 uso rigoroso di mascherine nei luoghi pubblici: Rt -12%
#6 chiusura di scuole e università: Rt -7%
#7  limitazioni poste a eventi culturali e alla chiusura di luoghi come zoo, musei e teatri: Rt – 3%.

Si evince che se vogliamo evitare chiusure e restrizioni, oltre ai vaccini, ci rimangono le mascherine, sempre unite alla sanificazione degli ambienti, delle mani e al distanziamento.

Nelle strutture sanitarie, il loro uso riduce chiaramente la trasmissione del virus SARS-CoV- 2. Ma per la varietà di quelle utilizzate dal pubblico, i dati scientifici sono stati a lungo non conclusivi. Ora le cose stanno cambiando. Gli scienziati confermano non solo l’efficacia generale sul loro uso, ma hanno dimostrato anche che riducono la gravità dell’infezione se le persone contraggono la malattia. Il tema è il corretto utilizzo. Ne esistono di molti tipi, indossate in una varietà di ambienti, con modalità diverse. Quindi la faccenda è molto complicata, e con il progredire delle campagne vaccinali, c’è il rischio che questo strumento fondamentale di gestione del contenimento dei contagi venga percepito come inutile e da “archiviare”.

Facciamo un piccolo ripasso sulle tipologie con l’ausilio della tabella. Le mascherine si differenziano per il livello di protezione verso l’esterno e verso chi le indossa. Le chirurgiche, azzurrine, se ben indossate, generosamente proteggono molto bene gli altri, molto poco noi stessi. Le FFP, in modo più smart, proteggono sia gli altri che noi stessi, con livelli crescenti di efficacia indicati dai numeri 1,2,3. Le FFP con valvola, egoisticamente, proteggono se stessi molto bene, molto poco gli altri. Tra quelle FFP senza valvola è meglio la FFP2, perché ha passato la più rigorosa certificazione europea che ne garantisce maggiore comodità e durata, rispetto alla N95, certificazione americana, e KN95, certificazione cinese, che hanno comunque livelli simili di protezione.

Una mascherina, al contrario dei diamanti, non è per sempre. La maggior parte delle mascherine FFP2 sono NR, non riutilizzabili. Anche se viene indossata mantenendo costantemente le distanze di sicurezza, in ambienti a basso rischio, deve comunque essere gettata al raggiungimento delle 8 ore, perché la respirazione e l’esposizione all’umidità ne compromettono progressivamente la capacità filtrante e l’integrità fisica. Una volta diventate ben umide, le mascherine FFP2 vanno smaltite (nella raccolta indifferenziata).

Anche se è ormai accertato che le migliori sono quelle FFP2, specialmente in luoghi chiusi, il loro costo non è indifferente e riducono l’assunzione di ossigeno dal 5 al 20%. Per questi motivi moltissime persone preferiscono indossare quelle chirurgiche, più economiche, oppure quelle di stoffa, più sostenibili in quanto lavabili e riutilizzabili. Sull’efficacia di queste ultime si è discusso a lungo, ma ora c’è un nuovo studio dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, che chiarisce i dubbi. I ricercatori hanno scoperto che l’efficacia stimata delle mascherine di stoffa, appare piuttosto variabile ma arriva al 75% a due condizioni precise: devono avere tre diversi strati di tessuto e devono essere ben aderenti al volto.

Attenzione però ricordiamoci di lavarle bene come suggerisce la Maria Paola Landini, direttore scientifico dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna: “Dopo aver usato le mascherine di stoffa, esse vanno lavate a 60°. Bene anche sterilizzarle con una vaporiera (quella del ferro da stiro per esempio) o disinfettarle con alcol 70° o acido ipocloroso. Se si è in giro è bene avere in borsa uno spray igienizzante, ma non sostituisce il lavaggio ad alta temperatura. Usare la mascherina con attenzione è l’altra indicazione da non sottovalutare. Indossarla alla pistolero, appoggiarla sui tavolini del bar, appenderla per giorni allo specchietto retrovisore, riduce o elimina la sua efficacia.

Ricordiamo a noi stessi e agli altri che naso e bocca vanno coperti sempre. Se ci capita di starnutirci dentro, dobbiamo cambiarla subito. Infine è meglio toccare solo gli elastici e non la stoffa e custodirla sempre in posti asciutti e puliti. Per evitare pruriti e fastidi, assicuriamoci di usare solo dispositivi certificati e da fonti affidabili.

Imparare a usare bene le mascherine comprende sapere anche quando non usarle, perché siamo in un contesto assolutamente sicuro, per ridurre gli effetti psicologici del suo utilizzo. Coprendo una parte del viso, rende non perfettamente e immediatamente identificabile una persona. Il nostro cervello è dotato di cellule che si attivano elettivamente quando abbiamo di fronte un volto e hanno il compito di riconoscerlo, che si tratti di un volto noto o meno. Le nostre strutture profonde e antiche sono state selezionate per imparare a riconoscere che tipo di reazione dobbiamo avere: se vediamo un atteggiamento ostile ci mettiamo subito in condizione di difesa, viceversa se l’atteggiamento è di tipo empatico siamo disponibili a entrare in una relazione di tipo positivo. Quando mancano elementi fondamentali, come i segni che contraddistinguono la bocca o il naso, queste cellule entrano in sofferenza perché non sono messe in condizioni di attivarsi. Anche questi sono aspetti da tenere in considerazione perché creano condizioni di squilibro che in qualche modo hanno una loro ripercussione.

“Di tutti i prodotti che ho usato negli anni per cancellare le rughe la mascherina è assolutamente la migliore”, Adele Ferrari.

 

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Pubblicato il 08 Maggio 2021
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