Tra le vittime del Mottarone anche Serena, da marzo a Verbania per studiare il Lago Maggiore
I colleghi: "Noi tutti la piangiamo, perché le abbiamo voluto tanto bene". Il tricolore illuminerà la sede del centro di ricerca di Verbania
C’era anche Serena Cosentino, tra le quattordici vittime della tragedia alla funivia del Mottarone. A lei e alle altre persone rimaste uccise nell’incidente avvenuto ieri, domenica 23 maggio, è andato il pensiero del sindaco di Verbania, Silvia Marchionini.
«Serena Cosentino – ricorda il primo cittadino – era assegnataria di una borsa di ricerca per il monitoraggio micro-plastiche nel Lago Maggiore presso il CNR Istituto di Ricerca sulle Acque di Verbania (attraverso un progetto del territorio promosso con Fondazione Comunitaria del VCO, Unione industriale, Acqua Novara VCO, Plastipak, Comune di Verbania). Per rendere omaggio a lei e a tutte le vittime della tragedia, come Amministrazione Comunale di Verbania abbiamo deciso di illuminare questa sera la sede del CNR a Verbania con il tricolore. Un piccolo gesto per unire la nostra comunità in un forte abbraccio rivolto ai famigliari delle vittime”.
“Serena – ricordano dal Cnr – aveva preso servizio il 15 marzo per iniziare un periodo di formazione sul tema emergente delle micro e nanoplastiche nelle acque dolci. Aveva vinto il concorso aperto dal CNR per una borsa di studio che era stata creata grazie ad un’idea dell’Unione Industriali VCO e al contributo di diversi Enti locali e delle Fondazioni Comunitarie del Verbano Cusio Ossola, di Novara e di Varese. Nonostante i tempi difficili dell’attuale pandemia, Serena era arrivata a Verbania piena di un entusiasmo che dava a tutti noi, Istituto di Ricerca sulle Acque, il senso vero del nostro ruolo. Un ruolo che non è solo ricerca, ma trasmissione alle nuove generazioni della passione e delle conoscenze che ci sostengono quotidianamente nel nostro lavoro, a volte reso difficile da molteplici ostacoli. Finalmente, Serena era riuscita a prendere servizio. Finalmente, si apriva per lei il futuro che tanto aveva desiderato, per il quale si era impegnata a fondo con tutta la sua capacità e tutta la sua passione. Conoscendola meglio, nello svolgimento del lavoro quotidiano, non ho potuto che apprezzarne la razionalità, la serietà che poneva in ogni impegno, l’umiltà di voler imparare a cominciare dalle basi più semplici, e la tenacia nel cercare le risposte che è la base vera della “ricerca”. In questo suo modo di porsi era favorita da una indipendenza di pensiero e capacità critica che non sono comuni in ricercatori così giovani, e ancora in fase di formazione. Queste sue qualità erano così apprezzate nel nostro piccolo gruppo di ricerca che, malgrado la giovane età, le erano già state affidate responsabilità per l’avanzamento dei progetti nei quali era già a pieno titolo coinvolta. Con Serena abbiamo perso un valore umano e di pensiero. Noi tutti la piangiamo, perché le abbiamo voluto tanto bene”.
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