Zamberletti, gli operai e le fabbriche che andarono in soccorso del Friuli

Dopo il primo articolo del 6 maggio, altri lettori ci hanno inviato ricordi degli aiuti del 1976. Che videro spesso protagonisti colleghi di lavoro, partiti sull'onda della solidarietà spontanea. Quella che poi fu organizzata nella ProCiv di "Zambo"

I varesini in Friuli per la ricostruzione dopo il terremoto

6 maggio 1976 e 23 novembre 1980: due giorni fondamentali per la Protezione Civile: sono i giorni in cui la terra trema in Friuli prima e, quattro anni e mezzo dopo, in Irpinia.
Giuseppe Zamberletti ricordava  sempre le due date, quella – il 1976 – che mostrò la forza della società civile che si mobilitava e quella – il 1980 – che dimostrava definitivamente la necessità di coordinare quella forza, dando origine al sistema di Protezione Civile.

Il Friuli fu una grande prova di solidarietà, anche di entusiasmo, talvolta di coraggio. Dopo l’articolo di poche settimane fa dedicato alla mobilitazione seguita al terremoto del ’76 in tanti ci hanno scritto, chiamato, hanno inviato foto e articoli di giornale.

«C’eravamo anche noi dell’Agusta, una missione di quindici giorni» ci ha raccontato Riccardo Carù. 
«Noi avevamo lo spaccio aziendale, siamo saliti portando un carico di cibo di ogni genere per assicurare la cucina: il gruppo faceva da mangiare direttamente per tutti. Facevamo i turni di notte, eravamo attrezzati anche con le radio per i collegamenti : il colonnello Palmieri ci aveva fornito tutto».
Come già nel caso della “colonna” di Sesto Calende che comprendeva mezzi della Siai Marchetti (di cui raccontavamo nel precedente articolo), anche quelli dell’Agusta si erano messi in moto fin dai primi giorni, se non dalle primissime ore: «Siamo partiti da Cascina Costa in una decina: da Cascina a Gemona nel cassone di un camion…».

Avevamo già accennato anche all’importanza che in quel contesto – con le linee telefoniche e telegrafiche a terra – ebbero le radio e quella strana comunità che sono i radioamatori, i primi che rilanciarono la notizia del disastro del 6 maggio 1976.
Giovanni Romeo, dell’Associazione Radioamatori di Varese, ci ha inviato un articolo della Prealpina di allora, con il riconoscimento agli appassionati di trasmissioni in onda corta. «In quella circostanza iniziò la collaborazione con Zamberletti, pure lui radioamatore» ricorda ancora Romeo.

Generica 2020

La dimensione del lavoro, della fabbrica è un elemento che ritorna: allora il posto di lavoro era (in alcuni casi lo è ancora) appartenenza, solida rete sociale, struttura organizzativa, anche attraverso il sindacato o le strutture come il dopolavoro.

Il racconto di Romeo ricorda ancora altri contributi dati dagli industriali e dalle aziende varesine: «Il presidente dell’Ari di allora, Giuseppe Carenzi, è andato direttamente a Gemona con un motocarro della Bremach, come regalo della fabbrica al commissario straordinario Zamberletti» (la scomparsa Bremach, nota per i suoi motocarri, era allora nella città di Varese, dove era stata fondata nel 1956).

I varesini in Friuli per la ricostruzione dopo il terremoto
Zamberletti in una foto d’epoca “sul campo”

Anche Oscar Misin di Samarate – per anni poi attivista per gli esposti all’amianto – partì con un gruppo di colleghi, lavorava alla centrale Enel di Turbigo. Oscar è scomparso nel 2012 , quell’esperienza è rievocata oggi dalla figlia Chiara: «Ricordo che parlava spesso di coraggio, solidarietà, unione senza alcun discrimine o risparmio. E ricordo, questo personalmente, la tanta paura che continuava a persistere in alcuni. A quel tempo mio padre aveva stretto care amicizie con persone del luogo che aveva conosciuto e, a più riprese, negli anni, siamo tornati a trovarli con la mia famiglia».

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Un quadro in ricordo dell’esperienza di volontariato in Friuli del signor Aldo Tosi

Anche questa è stata l’esperienza del Friuli: gemellaggi e rapporti rimasti negli anni. La passione di tanti, la necessità di organizzare quella  solidarietà spontanea furono la base per Zamberletti per la sua “creatura”, la Protezione Civile che sarebbe nata nell’arco del decennio successivo.

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Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 20 Maggio 2021
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