Ciao “Topino”, balleremo e brinderemo alla tua. Perché tu ci hai chiesto che fosse così
Un ricordo di chi ha conosciuto Stefano, gli ha voluto bene e lo avrà sempre nel cuore per ciò che era
Adesso è il momento del dolore da ricacciare giù. Dell’avrei voluto salutarti, dell’avrei voluto chiamarti una volta in più, del rileggere i messaggi che ci siamo scambiati, del riso dolce amaro davanti al ricordo degli strambi, allegri momenti passati insieme. Non solo per me, che ho incrociato la tua vita di striscio, ma anche e soprattutto per i tuoi tanti amici sparsi dal nord al sud d’Italia.
Di te ricorderò sempre l’impegno per dare una svolta alla tua vita. Quanti curricula abbiamo stampato, quante volte alla vigilia di un colloquio sei passato a berti una birra al bar dove lavoravo, con la gioia negli occhi e la speranza (al limite, ogni volta, della certezza) di essere preso. Non avevi un passato facile e non lo hai mai nascosto. La maggior parte delle persone non riusciva ad andare oltre l’etichetta che ti avevano messo addosso. Peccato, per loro. Si sono perse la possibilità di conoscerti da vicino, di scoprire la fantasia che avevi dentro e che mettevi per migliorare la tua vita.
E’ facile fare progetti rosei coi soldi sul conto e la strada spianata. Tu non avevi né l’uno, né l’altro. Ma io ti ho visto tentare e ritentare. E inventare, sempre, qualcosa che potesse farti avere la prospettiva di una sicurezza economica da cui partire per raggiungere la serenità. Tutti noi che ti abbiamo voluto bene ricorderemo col magone i tuoi ingegnosi tentativi imprenditoriali. Un periodo ti sei messo a fare pastiere napoletane, le fotografavi, le postavi su FB e le vendevi. Consegna a domicilio inclusa. Un’altra volta ti sei dato alle collanine. Chissà dove l’avrò messa quella che mi regalasti. Poi per un periodo ti eri inventato di fare il giro dei negozi del centro a chiusura, offrendo ai proprietari più in là con gli anni il tuo aiuto per tirare giù la saracinesca, per loro pesante.
Avevi fatto il conto: se ne avessi trovate 20 a cui chiedere 2 euro al giorno facevano circa 800 euro al mese. Poi il corso di latte art. Poi quella volta che mi hai scritto “taxi abusivo notturno. A breve biglietti da visita, solo per intimi s’intende”. Ti ho sempre stimato, amico mio. Avevi le idee e la voglia di tentare. Poi la scelta di andare in comunità, per cercare di chiudere con quello che ogni volta ti metteva i bastoni fra le ruote e che, me lo dicevi sempre, pensavi di avere stampato in faccia.
Io credo che il mondo abbia un debito nei tuoi confronti. Perché tutti abbiamo commesso errori. A qualcuno più che ad altri non viene però dato uno straccio di possibilità di rimediare. O peggio, viene data a chi non la merita e non a chi ci mette tutto quel poco che ha. Se poi sei “figlio di”, tutto è concesso. Se arrivi dal basso, nulla è perdonato.
Ti ho accompagnato in Svizzera a lasciare i curricula. Ti avevano preso in un macello per il mese di Natale. Turni massacranti di notte e tu senza macchina. Andavi in pullman da Varese a Gaggiolo e poi te la facevi a piedi. Un freddo becco, un lavoro tremendo. Eri contento. “Vedrai che mi prendono.” E così altre volte, in altri posti. Tutti lavori umili che accettavi con gioia come se ti avessero offerto di fare il sultano del Brunei: “E’ la volta buona, è una giornata stupenda Ele, vedrai che mi cambia la vita. Sono finiti gli sbattiti!”
Mi ricordo una viglia di Natale, sei venuto al bar dove lavoravo. Eri passato da un negozietto del centro e avevi fatto il pieno di piccoli utensili per la casa, per fare i regali di Natale. Mi ricordo che ti ho aiutato ad impacchettare un portarotolo dello scottex giallo. Ci tenevi fosse un bel pacchetto, e mi hai chiesto se potevo fartelo io. Ecco io credo che tu Stefano fossi tutto dentro quella scena. Forse a tanti sembrerà una cosa ridicola un portascottex per Natale. Io penso che sia uno dei più bei regali di Natale che ho visto fare. Perché dentro c’era tutta la voglia di serenità e l’affetto per le persone care che non valgono un diamante regalato strisciando con noia con una carta di credito.
E poi c’era il tuo mare, in Calabria. A Davoli, la tua casa dei sogni a pochi metri dalla spiaggia. Per un periodo hai pensato di trovare lì la tua realizzazione. Aprire un B&B dove veder passare amici, feste, musica. La musica, altra sorella inseparabile. E i tuoi scritti su Facebook, bisognerà farci una raccolta. Scrivevi bene amico mio, avevi la capacità non comune di raccontare a modo tuo un pezzo di mondo che restava fuori dalla routine quotidiana della maggior parte delle persone. Erano racconti sgangherati, pieni di personaggi ai margini, taglienti riassunti di notti passati per strada, sempre col fuoco vivo del tuo stile che mi faceva sorridere e volerti bene ogni volta che ti leggevo.
Proprio da Facebook tutti noi, amici provenienti dai più sparati angoli del mondo e della società, abbiamo seguito i tuoi ultimi mesi. La scoperta della malattia, il suo decorso. Con il covid non siamo potuti venire a trovarti, altrimenti sai che leggenda saresti diventato in reparto? Ogni giorno decine di amici a fare casino per tenerti su, come piaceva a te. Non abbiamo potuto ma sono sicura che si ricorderanno bene di te, al sesto piano dell’Ospedale di Circolo. Ogni giorno ti facevamo arrivare chi un panino, chi un sushi, chi il fritto misto, chi i dolcetti. Sono sicura che si siano affezionati tutti a te. Era impossibile non farlo, quando si entrava in connessione, a fondo, con la tua persona.
Ci hai avvisato che ti stavano trasferendo proprio da Facebook, poi noi ci siamo sentiti al telefono. Tu avresti voluto diversamente, avresti voluto uscire di scena a modo tuo. Con una tua dignità, senza troppa sofferenza per te e per chi ti voleva bene. Il nostro paese ha ancora tanto da fare, anche in questo senso. Ci hai lasciato con parole che fanno tanto male e tanto bene insieme: “Vi aspetto al mio funerale, ci divertiamo. Voi brindate e fumate e non piangete, perché io vi vedo felici. Quando dall’alto vi inizierò a vedere sorridere inizierò a chiedervi di ballare nel mio ricordo, quello più libero.”
Ciao Ste, per me rimarrai sempre il Sindaco di Biumo, il Baronetto della spiaggia di Cadrezzate e il ballerino di Caldè. E un amico speciale.
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