Dalle mongolfiere all’ala di tela: a Volandia il racconto dei pionieri del cielo
Grazie al contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto, il museo vicino a Malpensa ha riallestito le sale dedicate ai palloni aerostatici, ai dirigibili e alla storia della Caproni
Si volava su fragili macchine di tela e legno, ma anche nei cestelli di vimini intrecciato: si volava così, ai primordi dell’aviazione. Succedeva così anche nella zona di Malpensa: tra i pionieri c’era anche Gianni Caproni, l’ingegnere trentino venuto fin qui per fare decollare il suo primo aereo in territorio italiano, anziché sui cieli di Trento allora austro-ungarica.
Caproni in brughiera pose le basi per un impero industriale. Oggi i capannoni della sua fabbrica – tra Somma Lombardo e Vizzola Ticino, di fianco alle piste di Malpensa -ospitano il museo di Volandia, che ha appena rinnovato proprio la sezione dedicata a Caproni e agli albori dell’aviazione.
La storia dell’aviazione viene fatta iniziare con i fratelli Wright, 1903. Ma è un racconto che mette al centro l’aereo – il mezzo “più pesante dell’aria” – e mette invece tra parentesi il mezzo “più leggero dell’aria”: la mongolfiera e il dirigibile.
Una storia lunga un secolo e passa, anche se meno conosciuta di quella dell’aereo: divertimento per mobilità e borghesi fin dalla fine del Settecento, ma anche strumento militare (i francesi li usarono per mandare messaggi da Parigi assediata, nel 1870). Storia anche locale proprio nella zona di Malpensa, raccontata dai pannelli a Volandia: con i due celebri tentativi (falliti) del 1784 e del 1791, che valsero agli abitanti di Gallarate il soprannome di “brusabaluni”.
A Volandia il cuore dell’esposizione della fase “pionieristica” – con allestimento del professor Marco Majrani, – è la collezione ReMax, con molti pezzi unici, anche antichissimi. Si può quasi toccare con mano l’epoca del coraggio, guardando da vicino ad esempio la semplicità di un cestello da mongolfiera originale, con la sua trama di vimini intrecciato, che saliva in cielo per decine e o centinaia di metri.
C’è in mostra anche un frammento del pallone aerostatico fatto alzare in volo per l’incoronazione di Napoleone nel 1804: rotti gli ormeggi da Parigi finì niente di meno che a Roma, atterrando nel Lago di Bracciano. «Allora era territorio pontificio e il pallone finì nelle collezioni vaticane», ci spiega il vicepresidente del museo, Luciano Azzimonti . «Negli anni Settanta papa Paolo VI lo donò all’Aeronautica Militare e un frammento finì alla contessa Timina Caproni, che lo donò al museo».
L’epoca delle mongolfiere fu lunga e formò anche il gusto e la moda tra fine Ottocento e Belle Epoque, come raccontano anche vestiti, piatti e altri oggetti originali in mostra a Volandia.
Con il XX secolo debuttarono i dirigibili, ma soprattutto il mezzo “più pesante dell’aria”, l’aereo: la grande sala del nuovo allestimento del periodo “pioneristico” di Volandia ha al centro un Blériot XI, il celebre velivolo (progettato dall’ingegner Saunier nel 1909) con cui Luois Blériot attraversò per la prima volta sulla Manica. L’esemplare a Volandia è però una replica esatta (costruita grazie al del commendator Marini di Domodossola) di quello usato da Geo Chavez nella prima traversata delle Alpi.
E la storia del volo ci riporta agli esperimenti di Caproni in brughiera, con il primo Ca.1, ma poi anche con il più avanzato Ca8. Oggi due esemplari sono in mostra a Volandia: il nuovo allestimento mette anche in connessione la storia di Caproni proprio con il periodo pioneristico.
Ma racconta anche la grande fortuna successiva del gruppo dell’ingegner Caproni, che estese le produzioni anche ad altri mezzi: a Saronno – con l’acquisizione della Cemsa – si buttò nelle produzioni ferroviarie, mentre a ridosso delle Seconda Guerra Mondiale estese la produzione ai mezzi navali, con i sommergibili tascabili CA e CB e con i famosi mezzi d’assalto “maiali”, i siluri pilotati usati per portare le cariche esplosive fin sotto le navi nemiche.
Poi il passaggio ai mezzi “di consumo”, per la produzione di massa: dal progetto avveniristico dell’auto Cemsa F11 (che avrebbe potuto fare di Saronno una piccola capitale dell’auto) alle produzioni di cicli e motocicli, come la moto e il motocarro Capriolo entrati nel nuovo allestimento, finanziato con il contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto (Bando Arte e Cultura 2021).
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