8 luglio 1991, l’omicidio di Vincenzo Ciappina “30 anni senza giustizia“
L’8 luglio 1991 nel cortile della sua casa venne assassinato l’avvocato civilista per una banale questione di confini. Un caso irrisolto, ancora senza un colpevole
“30 anni senza la tua luce, 30 anni senza giustizia. Noi eravamo felicità“.
Fanno male le parole dei famigliari dell’avvocato Vincenzo Ciappina, assassinato trent’anni fa a colpi di lupara nel cortile della sua abitazione a Biandronno, centro della profonda e “tranquilla” provincia che non costituisce antidoto alle ramificazioni delle mafie, della criminalità organizzata che anche nel Varesotto aveva attecchito (nella foto, la cronaca del Corriere della Sera a firma di Elisabetta Rosaspina, il 19 luglio 1991, il giorno dopo l’omicidio).
Era ed è questa la pista che viene seguita subito dagli investigatori, ma senza efficacia.
Vincenzo Ciappina, professionista specchiato e apprezzato nel mondo dell’avvocatura varesina lavorava al suo studio nel capoluogo come civilista e aveva confidato alla moglie e ai suoi più stretti conoscenti di aver subito delle minacce per una causa legata all’apposizione di termini: i confini fra due proprietà.
Chissà mai cosa dovrà succedere, per quel pezzo di terra: nessuna denuncia viene presentata dal legale. Ma l’avere a che fare con certe persone, un po’ di inquietudine la genera. La storia di questa lite fra il cliente dell’avvocato Ciappina e la controparte era risaputa nei paesi della zona. In particolare a Casale Litta dove risiedeva il personaggio sospettato di essere il mandante di quell’omicidio, persona con aderenze con le “famiglie“: l’uomo fu interrogato ma non venne mai indagato perché dimostrò, quel giorno, di trovarsi all’estero.
Già, la malavita. La criminalità organizzata che appunto nel Varesotto non manca di aver lasciato scie di sangue, dal rapimento di Emanuele Riboli scomparso nel 1974 al ritorno da scuola e mai più ritrovato fino al sequestro di Andrea Cortellezzi di Tradate, ceduto all’anonima sequestri e mai rilasciato fino all’uccisione di Roberto Cutolo, il figlio di Raffaele ‘o professore l’ex capo della camorra di Ottaviano fino ad arrivare al mancato sequestro di Antonella Dellea costato alla ‘ndrangheta quattro malviventi ammazzati dai carabinieri.
È in questo quadro che si inserisce l’assassinio dell’integerrimo avvocato varesino, colpito una mattina di 30 anni fa con due colpi di fucile da caccia caricato a pallettoni da qualcuno che l’aspettava e che non ha esitato a strappare la vita di un marito e padre di famiglia per un pezzo di terra. Ci fu qualcosa che somigliò a una svolta nelle indagini nel 2010, quando il pool sui casi irrisolti messo in piedi dalla procura di Varese e che si mise al lavoro sugli altri «cold case» varesini (primi fra tutti l’omicidio di Gianluca Bertoni e di Lidia Macchi, entrambi senza un colpevole) inviò nel 2010 tre avvisi di garanzia sulla scorta delle dichiarazioni di un pentito di mafia che parlò delle circostanze in cui maturò il delitto.
Una pista poi sfumata e che lascia ancora senza un colpevole a morte di un uomo, a 48 anni, nel cortile di casa.
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