Funghi, stagioni e Co2, una riflessione lontana dal “pensieno unico”

La riflessione di un agronomo che parla delle stagioni e dei funghi con uno sguardo al tema “caldo“ del momento: emissioni pericolose e surriscaldamento globale

cielo variabile nuovole

Pubblichiamo l’intervento dell’agronomo varesino Valerio Montonati sul tema legato all’ambiente e al riscaldamento globale

Come ho avuto modo di scrivere in svariate circostanze, attualmente ci troviamo in una fase di evoluzione climatica piuttosto repentina associabile ad un modestissimo incremento della temperatura media del nostro pianeta: temperatura superficiale globale del pianeta > 0,74 +/- 0,18 °C tra il 1905 ed il 2005 (fonte IPCC : Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico).
Aumento della frequenza e dell’intensità delle tempeste (uragani oceanici come quello che sta colpendo gli Stati Uniti d’America in questi giorni o tempeste mediterranee come la recente “Vaia” o le bombe d’acqua che hanno massacrato il nostro Campo dei
Fiori anche nelle settimane appena trascorse), crisi siccitose prolungate su vasti territori sub tropicali, inclusi tratti delle nostre regioni meridionali, il progressivo ritiro dei ghiacciai alpini, della calotta polare artica, con l’apertura del mitico varco “Passaggio di Nord – Ovest”, ed il distacco da quella antartica di colossali iceberg, sono, in effetti, la testimonianza concreta che qualcosa
sta accadendo.

Faccio tuttavia notare che quest’ultima stagione, ma anche quella del 2020, almeno per il nostro territorio, ha visto un ritorno delle “Normali” estati fresche di una volta (anni ‘70 per intenderci) : giugno e luglio piovosi e freschi se non freddini, primi di agosto con punte di caldo ma senza picchi eccezionali ed un post ferragosto con temperature già in evidente calo: in questi giorni a Casciago non si superano i 17 °C alle 7 del mattino. Anche meno : sabato alle 6 , ero in partenza per un giro micologico ricognitivo, c’erano 16 °C a Casciago, mentre sul Monte Lema a circa 1.000 mt. di quota poco più di 10°C. L’anno passato avevo pronosticato la “Buttata dei porcini” nel luinese (ovvero la crescita repentina ed in quantità dei carpofori, cioè i frutti di questo ottimo fungo) non prima di settembre ed in effetti l’evento arrivò intorno alla prima decade settembrina per terminare una decina di giorni dopo con quella tempesta che sconvolse le nostre montagne. Quest’anno, sempre secondo personali osservazioni empiriche (per i dati scientifici attendiamo finanziamenti al “Centro Studi Micologici”- Fondazione A. Beltrami dell’Alpe Giani a Dumenza, ricercati invano, sul programma “Interreg” o simili come “Alpine Space” ed altri ancora), temo che potremmo sfondare la metà del mese entrante anche se, da “Fungiatt”, spero vivamente di essere smentito e, soprattutto, speriamo in una fine estate temperata, se non calda, per mantenere discreta la tanto agoniata crescita fungina.

Tornando, invece, sulla questione del cambiamento climatico, il “Pensiero Unico” non ha dubbi : tutta colpa della CO2 e degli altri gas serra emessi dall’attività umana, agricoltura in primis. Quindi eliminazione totale delle fonti energetiche fossili, impiego massiccio di fonti rinnovabili e sostituzione totale dei veicoli con motore a scoppio con quelli elettrici.
Dichiarazioni, queste, in alcuni casi condivisibili, in altri discutibili ovvero inaccettabili come il caso dei mezzi elettrici che i potentati creatori del “pensiero unico” vorrebbero imporci senza se e senza ma.
Questo appiattimento dottrinale, per mia natura e grazie alla personale formazione che mi stimola di continuo al ragionamento originale, non soddisfa per nulla e non risponde pienamente ai quesiti fondamentali collegati alla fenomenologia climatica in atto.
Ho fatto qualche ricerca su internet, nei limiti che lavoro, famiglia, attività micologica, cucina e riposo mi consentono.
Ho trovato un interessantissimo articolo di Roberto Vacca, noto ingegnere esperto matematico, che solleva dei dubbi concreti e
non sotto valutabili sulla questione di climatica di fondo, dal titolo : “ Riscaldamento globale, effetto serra, clima futuro : analisi critica”.
Cercherò di riassumerlo in poche righe invitando tutti a leggerlo (in calce i link dell’articolo aggiornato al 2008 e quello di un recente nuovo aggiornamento schematico al 2021) con l’avvertimento che l’analisi matematica effettuata sull’incremento di CO2 e gli effetti sulla temperatura del pianeta (aggiornata al 2021 sui dati rilevati a Manua Loa (Hawai) dal 1959 al 2020) non è comprensibile a chi non abbia una cultura matematica adeguata.

Dopo un excursus sull’incremento di CO2 nell’atmosfera e le previsioni catastrofiche sull’aumento della temperatura (fino a 4/5 °C nei prossimi 50 anni), l’autore, ricordato che senza atmosfera ed un adeguato effetto serra la temperatura media sulla terra sarebbe di – 18°C, rileva che la CO2 incide solo per il 15% sull’effetto serra complessivo con netto predominio del vapore acque e del metano (CH4).
Richiamate le cause delle grandi glaciazioni collegate all’orbita terrestre (cicli di Milankovitch) e deducendo che : “ Non è l’aumentato effetto serra che produce il riscaldamento globale, ma è l’innalzamento di temperatura che fa crescere la percentuale di CO2 e questa phoi contribuisce a sua volta all’aumento della temperatura”, l’ingegnere analizza il bilancio della CO2 concludendo che l’aumento annuo della percentuale di CO2 atmosferico costituisce poco meno del 50% della CO2” emessa nell’atmosfera per effetto delle attività umane. Roberto Vacca sottolinea che per valutare il differenziale mancante di CO2 si dovrebbero considerare tutte le altre fonti e gli assorbitori di CO2 tra cui gli immensi depositi di torba siberiani e propone, quindi, un elenco di “modi” / “sistemi” che immagazzinano CO2 sul pianeta ammettendo il ruolo principale degli oceani (questi ultimi, in effetti, ed a mio modesto parere, potrebbero giocare un ruolo chiave nel processo di ulteriore immagazzinamento della CO2 considerato, tra l’altro, il grave problema dell’acidificazione delle acque oceaniche e le correlazioni con lo stato trofico delle regioni superficiali – lo strato fotico ove avviene la fotosintesi – notoriamente povero di nutrienti – da cui la definizione degli oceani come “deserti blu” -).

Lo studioso, dopo una ulteriore discussione sulle connessioni tra variazioni di CO2 / temperatura e fattori astronomici, ruolo dell’albedo (capacità di riflettere le radiazioni solari da parte delle superfici ghiacciate), dell’attività solare ed altri fattori di breve termine come l’offuscamento del cielo provocato dalle eruzioni vulcaniche, passa ad una rassegna della storia climatica dal termine di quest’ultima soffermandosi sugli ultimi 1000 anni e ricordando come le civiltà umane si siano evolute a partire dal termine dell’ultima era glaciale (Wurm : circa 11.000 anni fa) e come negli ultimi 1000 anni si siano, comunque, verificate una serie di mini glaciazioni meglio delineate in coda all’articolo. Nella parte conclusiva lo scrittore esamina le correlazioni tra gli incrementi della concentrazione di CO2 nell’atmosfera e l’aumento della temperatura con le analisi matematiche già accennate proponendo : “ una previsione matematico – empirica ma accurata “. L’articolo termina elencando qualche idea su possibili rimedi alla presente condizione, proponendo una recente ipotesi sulle cause reali di questo riscaldamento ed, infine, con la provocatoria ipotesi che una nuova glaciazione possa essere alle porte.
Tra le prime la proposta (Freeman Dyson) di piantare 1000 miliardi di sicomori in grado di assorbire e confinare, a regime, fino a 500 miliardi di tonnellate di CO2, cioè il 60% del contenuto in atmosfera al 2004 (il 30/40% ad oggi?).

Il progetto meriterebbe di essere approfondito considerando le enormi superfici disponibili in aree come il Sahel (un’area di oltre 3 milioni di Km2 che va dal Senegal all’Eritrea) dove, per altro, sono già in atto iniziative locali di ricostruzione dello strato arbustivo – arboreo della savana (da 100 a 400 piante ad ettaro) con il duplice obiettivo di fermare l’avanzata del Sahara ed organicare grandi quantità di CO2. Con una media di 250 piante ettaro, 75 miliardi di piante potrebbero in breve tempo dare un contributo significativo all’immagazzinamento di CO2 (senza contare la componente erbacea) oltre ad altri innumerevoli benefici come la riduzione dei flussi migratori una volta che quei territori ritornassero ad essere produttivi e “Resilienti”. (cfr. mio articolo : “Africa, i molti migranti che partono perché sono senz’acqua”). La stessa iniziativa in analoghe aree pre – desertiche (in Cina pare che si siano avviate iniziative simili ai limiti del “Gobi” pur con errori grossolani sulla scelta delle specie arboree come ho visto in un recente servizio televisivo) il recupero di vaste porzioni di foreste pluviali e l’ottimizzazione produttiva delle foreste delle medie latitudini (cominciando dal vastissimo comparto forestale nazionale per lo più in stato di abbandono) darebbero certamente un contributo determinante per contenere il problema se non per risolverlo del tutto.

Interessante e degna di approfondimento mi pare l’ipotesi del fisico danese H. Svensmark secondo il quale il riscaldamento
globale sarebbe in gran parte dovuto alla diminuzione delle nuvole a bassa quota come fenomeno legato ad una intensa attività solare ed al maggiore campo magnetico che devierebbe dalla terra gran parte dei raggi cosmici responsabili della formazione di questi strati nuvolosi a loro volta fondamentali per mantenere sufficientemente elevata l’albedo cioè la capacità di riflettere nello spazio quote importanti dell’irraggiamento solare limitando così il riscaldamento del pianeta. Il ricercatore, insieme al collega Marsh avrebbe calcolato che la copertura di nuvole basse sarebbe diminuita dell’8,6 % negli ultimi 100 anni corrispondente ad un incremento dell’energia radiante del sole di 1,4 Watt/m2. Curiosamente tale ammontare sarebbe identico a quello stimato dall’IPCC come l’impatto della CO2 prodotta dalle attività umane dall’inizio della rivoluzione industriale.
La teoria sarebbe poi stata confermata da specifici esperimenti in ambiente controllato condotti a Copenhagen. (cfr. mio articolo: “E se a salvarci fosse la prossima mini glaciazione?”).

In conclusione vengono addirittura presi in considerazione una serie di elementi che condurrebbero ad un’ipotetica fase fredda in tempi più o meno brevi.
Personalmente stimo l’ingegner Vacca come persona estremamente preparata, seria ed equilibrata e ritengo che le sue
osservazioni debbano essere adeguatamente prese in considerazione analizzando a fondo i vari aspetti rappresentati, tuttavia, egli, come del resto altri eventuali “Liberi pensatori” non vengono assolutamente invitati a partecipare a dibattiti pubblici (almeno sulle testate principali degli organi di informazione).
Il “Pensiero Unico”, concertato e gestito da chissà quali “Moderne consorterie” (in realtà le conosciamo eccome) ha già deciso da tempo : la colpa è unicamente della CO2 ed il rimedio principale è l’eliminazione di tutti i veicoli con motore a scoppio e la loro sostituzione (inclusa l’infinita serie dei modelli “Euro” già di per sé discutibili e assolutamente non risolutivi di problemi come quello delle polveri sottili) con modelli elettrici che, anziché essere efficaci nel contenimento del problema, rappresentano già oggi problematiche ambientali e socio-economiche di ragguardevole portata.
Alla prossima.

https://www.bip-bestideasprojects.it/riscaldamento-globale-effetto-serra-clima-futuro-analisi-critica-versione-aggiornata-di-
articolo-su-mnd-settembre-2005-di-roberto-vacca-scienza-e-tecnica-sips-gennaio-2008/

Valerio Montonati, agronomo

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Settembre 2021
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