Nella manovra di bilancio c’è la riduzione dell’iva sugli assorbenti al 10%

Nella manovra di bilancio il governo ha proposto di diminuire la tampon tax (l'iva sugli assorbenti) dal 22% al 10%, un risultato arrivato dopo 5 anni di battaglie politiche

tampon tax

Il governo Draghi ha varato all’interno della manovra di bilancio, martedì 19 ottobre, la riduzione della tampon tax dal 22% al 10%. Dopo l’approvazione all’interno del Documento programmatico di bilancio, ora la palla passa al Senato e alla Commissione europea, quindi la partita è ancora aperta per eventuali modifiche ed emendamenti.

L’iva al 22% comportava la considerazione, da parte del governo e del mercato italiano, dei prodotti per l’igiene femminile al pari del tartufo, delle sigarette, dei francobolli o del caviale, quest’ultimo tassato proprio al 22%. Eppure, a differenza di alimenti e prodotti il cui acquisto può essere ponderato o evitato se l’aliquota è alta, le mestruazioni non sono una scelta e tutte le donne di ogni fascia socio-economica ne sono soggette per gran parte della vita (dalla pubertà ai 50 anni circa).

Una tassazione del genere, dunque, era una vera e propria discriminazione fiscale di genere, oltre che generatrice di period poverty (povertà mestruale, ndr); inoltre, l’iva al 22% ha anche una ricaduta culturale tale da considerare le mestruazioni ancora oggetto di tabù, senza che esse vengano normalizzate e, dunque, che gli assorbenti vengano considerati non dei beni di necessità, ma un lusso di cui si può fare a meno.

Si stima che ogni donna, in media, vive 450 cicli mestruali e per procurarsi gli assorbenti la spesa media è di 1700 euro, scrive Giulia Testa su “Internazionale”. Un costo ineludibile per il genere femminile, a discapito della condizione socio-economica: secondo l’Istat in Italia ci sono 2 milioni 277mila donne in Italia vivono in condizioni di povertà, come fanno a permettersi l’acquisto degli assorbenti?

 

Alcune farmacie di Gallarate aderiscono alla campagna contro la tampon tax

Ma come si è arrivati fino a qui? Ci sono voluti ben 5 anni per arrivare a questo “storico” risultato, ma c’è ancora molta strada visto che l’abbassamento richiesto sia dal Partito Democratico sia dalle varie associazioni femministe era del 5%.

La lunga lotta contro la tampon tax

A iniziare la battaglia contro l’iva al 22% sugli assorbenti Giuseppe Civati e Beatrice Brignone, quando nel 2016 depositarono la proposta di legge per la riduzione dell’aliquota su prodotti di prima necessità per l’igiene femminile: furono accolti da sguardi imbarazzati e risatine. Passarono due anni e l’associazione Onde rosa lanciò la petizione “Stop tampon tax: il ciclo non è un lusso” che in pochi giorni raggiunse 50mila firme (a distanza di tre anni hanno firmato più di 600mila persone).

Sulla scia della riduzione della tampon tax in Spagna (dal 10% al 4%, grazie alla lotta del movimento femminista spagnolo con la campagna “Tamponi del Canada”),  della distribuzione in Scozia e in Irlanda di assorbenti gratuiti nelle scuole per aiutare le studentesse meno abbienti, dell’eliminazione della tassa in Florida e in Australia a partire dall’inizio del 2018, oltre che in Kenya, tra novembre e dicembre 2018 il Partito Democratico presentò alla Camera dei deputati la proposta dell’abbassamento dell’iva, ma il governo Lega-Movimento 5 stelle si oppose.

Nel 2019 il Pd tornò alla carica: prima Laura Boldrini presentò un emendamento alla legge di bilancio che prevedeva la riduzione al 10%, ma venne bocciato dalla commissione Finanze della Camera; poi durante la legge di bilancio, ma ottenne dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri solo l’abbassamento dell’iva al 5% sui prodotti biodegradabili; nel 2020 la richiesta alla ragioneria dello stato di quantificare il valore economico della riduzione della tassa: la risposta fu di 300 milioni di euro. Un numero eccessivamente alto, al punto che è stato richiesto un ricalcolo grazie a We world onlus: il calcolo iniziale stimava che ogni donna spendesse al mese 100 euro all’anno (circa 3 pacchi al mese).

La mobilitazione di molte città

Si arriva al 2021 e di tampon tax si parla sempre di più, grazie anche al lavoro di sensibilizzazione da parte di numerose associazioni femministe molti Comuni italiani e farmacie hanno aderito a delle iniziative volte a diminuire la tassazione: Firenze è la città capofila, che ha eliminato l’iva in tutte le farmacie comunali; l’hanno seguita i comuni toscani di Pistoia, Quarrata, Larciano, Agliano, Guardistallo, Pontassieve, San Miniato, Fucecchio, Castel Franco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno, Santa Croce sull’Arno, Cavriglia, Figline, Incisa Valdarno e Reggello.

In Emilia-Romagna hanno aderito Modena, Carpi, Castelfranco Emilia, Spilamberto, Vignola, Sassuolo e Albineta; inoltre, a Bologna, 33 farmacie del gruppo Lloyds hanno azzerato la tassa, così come quelle di Milano. Quanto alla Lombardia, nel consiglio comunale di Cesano Boscone è passata la mozione per ridurre la tampon tax e a Rho ogni sabato a partire dallo scorso aprile nelle farmacie i prodotti per il ciclo mestruale vengono venduti senza iva.

Guardando al Varesotto, il Pd di Tradate aveva portato in consiglio comunale una mozione per la riduzione dell’iva nelle farmacie comunali, mentre a Gallarate alcune farmacie, in sinergia con la lista di sinistra Officina di cura urbana, avevano aderito per una settimana all’abolizione della tampon tax.

 

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

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Pubblicato il 21 Ottobre 2021
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