Condannato a Varese investigatore privato troppo zelante, ma la Cassazione dice no

L'inconsueta vicenda raccontata dall'avvocato Furio Artoni che confida di far valere i diritti del professionista. "Un caso che farà scuola anche nel resto del Paese"

giudiziaria

L’investigatore privato troppo “zelante“ nei confronti della persona da controllare viene condannato a Varese e Milano, ma non dalla Cassazione, producendo un precedente interessante per casi analoghi.

Tutto è partito da una causa di separazione per la quale il marito credendosi tradito dalla moglie assolda un investigatore privato il quale ha svolto accuratamente il suo lavoro dove risultano prove di un tradimento. La relazione finisce in Tribunale nella causa di separazione, ma la moglie denuncia il marito e l’investigatore per un serie di reati tra i quali anche la violazione della privacy. Dopo varie vicissitudini il Tribunale ha condannato solo l’investigatore privato per violazione della privacy con riferimento al superamento del periodo di controllo della persona pedinata (foto spiare.net).

«In merito alla violazione di cui all’articolo 167 d.l. 196/2003, sulla scorta del superamento del termine pattuito con il cliente per le indagini relative agli spostamenti della parte offesa», spiega l’avvocato varesino Furio Artoni, «sostenendo che tale superamento del termine annotato nei registri dell’agenzia investigativa, costituisce un nocumento della parte offesa».

Una vero danno, insomma, non tanto per l’entità della condanna (6 mesi con benefici di legge), quanto per il timore di svolgere attività di investigazioni e trovarsi poi sotto la scure di altre denunce.

L’appello ha confermato la sentenza di condanna per l’investigatore, colpendo anche il suo diritto a poter svolgere la propria professione.

L’avvocato Artoni a questo punto ha impugnato la decisione in Cassazione segnalando come con questa sentenza di condanna abbia minato anche l’attività professionale e futura dell’investigatore. La suprema corte ha annullato senza rinvio la sentenza , stabilendo che il fatto non è previsto dalla legge come reato revocando tutte le richieste di risarcimento del danno della moglie pedinata. «Un esito che farà stato in tutta Italia , per la rilevanza che ha nel contemperare gli interessi tra il diritto alla privacy e l’attività investigativa . La sentenza e sicuramente con i motivi si potrà approfondire meglio, garantisce la possibilità di svolgere la propria attività all’investigatore nel rispetto dei diritti della privacy. A Varese un investigatore privato ha aperto un varco per gli investigatori di Italia…», commenta il legale varesino.

Si attendono ora le motivazioni del giudice di legittimità per conoscere i ragionamenti giuridici che stanno alla base della sentenza.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 08 Novembre 2021
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