L’intelligenza artificiale sempre più utile nel lavoro del giornalista

A festival Glocal l'incontro con Marco Pratellesi, giornalista Italian Tech La Repubblica, Alberto Bernabò, vice direttore Sole 24 ore e Pietro Gravino, ricercatore Sony Lab Parigi

Festival Glocal 2021

L’intelligenza artificiale può sostituire il lavoro del giornalista? No, almeno non per il momento. Di certo può aiutarlo ad essere più veloce ed efficace. E può essere uno strumento per rispondere alla domanda del mercato in modo eccellente e offrire una adeguata offerta ai lettori.

Le “macchine” possono sostituire pezzi di lavoro, realizzare brevi podcast, ad esempio, o realizzare caption, sottotitoli, fino a dei veri e propri articoli. Di questo e molto altro si è parlato durante l’incontro organizzato al Festival Glocal nella giornata di giovedì e dal titolo “Il tempo del giornalismo: intelligenza artificiale e sostenibilità”, moderato da Marco Pratellesi, giornalista Italian Tech La Repubblica con Alberto Bernabò, vice direttore Sole 24 ore e Pietro Gravino, ricercatore Sony Lab Parigi.

Come per la musica, il lavoro intellettuale del giornalista non è sostituibile in tutto. Una macchina può realizzare una canzone o un testo, ma non potrà mai sostituire la creatività e il pensiero dell’uomo. Quello che può fare però è importante e gli esperimenti sono già molti. Il mondo delle grandi aziende, ma anche alcune redazioni stanno sperimentando modelli e applicazioni e questo sta cambiando e cambierà il futuro della professione.

Alberto Bernabò, ad esempio, ha presentando l’esperienza de “Il Sole 24 ore” e ha sottolineato come alcuni “prodotti” possano aiutare moltissimo il lavoro di redazione, al patto che alla base ci siano tre condizioni essenziali: «La trasparenza dei dati da cui parte la produzione del contenuto, la qualità e correttezza dei dati e il monitoraggio a valle, che ha sempre bisogno del controllo del giornalista». Questo per garantire l’autorevolezza e la verità dell’informazione di cui il buon giornalismo non può certo fare a meno. «Le competenze editoriali devono dialogare con le competenze tecnologiche – continua -. Questo per fare in modo che le prime siano utilizzabili e diventino un mezzo per migliorare il lavoro del giornalista e non il contrario».

In futuro le redazioni dovranno sempre di più fare i conti con l’intelligenza artificiale. Come per tutti gli altri strumenti, è necessario restare al passo con le nuove tecnologie. Aldo Fontanarossa, giornalista de La Repubblica, infatti, ha sottolineato quanto l’intelligenza artificiale sia già parte delle nostre vite e professioni. Oggi una app può tradurre in simultanea da una lingua all’altra. Una cosa all’apparenza semplice, ma in grado di aiutare il cronista, oggi chiamato ad avere molte più competenze che in passato e a lavorare in modo veloce.

«Un data set può elaborare un articolo e alcune informazioni, ma è importante ricordare come l’intelligenza artificiale non può arrivare a raccontare cosa significano le informazioni o ad elaborare un pensiero – continua Pietro Gravino, ricercatore Sony Lab Parigi -. Una collaborazione stretta tra il giornalista che è in grado di fare le domande giuste e un ricercatore capace di usare i dati però, può essere molto utile».

Gli esempi presentati durante l’incontro sono stati diversi. Pratellesi ha parlato, ad esempio, di Asimov, utile perché non richiede competenze specifiche per essere usata dai giornalisti: «Questo la rende molto più semplice e sostenibile nell’utilizzo». Più facile da integrare anche all’interno delle redazioni, dove spesso c’è delle resistenza ad utilizzare le nuove tecnologie perché non ci si fida. Ma il futuro ci aspetta e, di certo, non potrà fare a meno dell’AI. In tutte le grandi testate del mondo, infatti, è già in corso una rivoluzione legata al suo utilizzo dalla intelligenza artificiale nella ricerca, scrittura e distribuzione delle news.

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Pubblicato il 11 Novembre 2021
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