Federica Cesarini, dal trionfo europeo all’oro delle Olimpiadi: “Adesso voglio la finale mondiale”

Intervista alla campionessa di Tokyo nel doppio pesi leggeri: «Io e Valentina Rodini torneremo a remare insieme. Adoro allenare i ragazzini a Gavirate: mi guardano con occhi magici»

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Quattro barche piombano una accanto all’altra sulla linea del traguardo, visibile in sovrimpressione a chi è davanti alla tv ma non a chi sta remando con tutta la forza possibile. I metri sono sempre meno, lo scafo in leggero vantaggio sbaglia un colpo e così il testa a testa è ancora più serrato. Solo un equipaggio può vincere e, dopo l’ultima disperata vogata, è la punta della barca in “acqua 4” a tagliare per prima il limite dei 2mila metri. Ci vogliono parecchi secondi, a bordo, per capire quale sia il verdetto anche perché il fotofinish tiene tutto in sospeso. Poi le braccia della capovoga si alzano al cielo, accompagnate da un urlo di gioia.

Federica Cesarini, quasi 25 anni, da Bardello-Varese si lascia andare all’indietro, verso la cremonese Valentina Rodini che l’abbraccia: due ragazze lombarde hanno appena scritto una pagina di storia. Mai nessuna atleta italiana aveva vinto una medaglia nel canottaggio femminile nella storia delle Olimpiadi, una lacuna colmata dal doppio pesi leggeri a Tokyo, in Giappone, mentre in Italia è notte fonda. Un’impresa leggendaria che il futuro non potrà cancellare. Per questo, per il precedente trionfo agli Europei disputati alla Schiranna e per il percorso non semplice che ha portato il doppio leggero all’oro olimpico, abbiamo scelto di concludere “l’anno sportivo” con un’intervista a Federica. Un simbolo positivo di tutta la nostra provincia e di uno sport che, da queste parti, sa regalare sempre emozioni e campioni.

Federica Cesarini da leggenda: medaglia d’oro all’ultimo respiro

Federica, il 2021 ci sta per salutare e la sua/vostra impresa è secondo noi l’evento simbolo dell’anno. Ma dopo la gioia dell’oro e le feste per celebrare la vittoria, qual è stato il momento più bello?

«Ce ne sono stati parecchi, ma forse il più significativo è quello che io e Valentina abbiamo vissuto nel recente raduno federale. Siamo risalite in barca, seppure in singolo per il momento, siamo tornate a respirare il clima della nazionale. Ci siamo guardate e ci siamo dette che andremo avanti insieme. Non era così scontato, c’era il rischio di fermarsi dopo quell’impresa e invece le sensazioni ci hanno spinto avanti. I primi test non sono male, “The Cesadini” torneranno».

C’è un complimento che non le hanno ancora fatto, dopo il titolo olimpico?

«No, credo di no: li hanno finiti tutti. E naturalmente ciò mi fa piacere».

Tutti hanno in mente Tokyo, ma nel 2021 per voi c’è anche il titolo europeo conquistato nella nostra Varese. Quanto ha inciso quell’oro sul risultato olimpico?

«Tantissimo. Alla Schiranna abbiamo capito di poter essere della partita con le migliori. In finale del resto c’erano cinque nazioni europee oltre agli USA, quindi già a Varese la maggior parte delle avversarie erano presenti e le abbiamo battute. Nello specifico, superare Olanda e Gran Bretagna era per noi un grandissimo obiettivo: averlo fatto sul mio lago ci ha dato maggiore sicurezza e certezza nel nostro lavoro».


La sintesi della gara d’oro di Cesarini-Rodini su Eurosport. Al microfono il varesino Luca Broggini

L’avvicinamento ai Giochi ha vissuto sull’impresa europea ma poi anche su un grave intoppo: l’infortunio di Valentina. Come l’avete affrontato?

«Quando abbiamo ricevuto l’esito (un problema alla cartilagine delle costole ndr) è stato il momento peggiore degli ultimi cinque anni. C’erano stati altri guai fisici ma mai così a ridosso di un avvenimento internazionale; figuriamoci lo stato d’animo a tre mesi dalle Olimpiadi. Temevo di aver buttato tutto il lavoro e invece è stata un’altra svolta».

Cosa via ha dato quello stop, al “cambio” delle Olimpiadi?

«Ci ha tolto pressione: siamo arrivate a Tokyo sapendo di dover fare tutto il possibile e nel contempo di avere meno da perdere rispetto alle altre. E soprattutto da quel momento non abbiamo “sprecato” nemmeno un’uscita in barca, nemmeno un minuto della nostra preparazione alle gare. La cura dei particolari è diventata maniacale e anche quello ha fatto la differenza in un arrivo così serrato come quello della finale».

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Il fotofinish ha dato il suo verdetto: oro! (foto Canottaggio.org)

A proposito di momenti duri. Ce ne sono stati anche dopo la vittoria olimpica?

«Mi ha dato fastidio, ma anche stupito, l’ignoranza di alcuni verso il mondo dello sport. Ci sono stati eventi a cui abbiamo partecipato nei quali sbagliavano i nostri nomi, non conoscevano nulla di canottaggio. Addirittura c’era qualcuno che non sapevano neppure che c’erano state le Olimpiadi a Tokyo. Io, avvolta a 360 gradi nello sport, non pensavo ci potesse essere così tanto pressapochismo. Situazioni che mi hanno fatto rimanere male. Poi potrei lasciar correre, ma non ne sono capace. E mi arrabbio».

Passiamo invece alle cerimonie ufficiali ad altissimo livello. Ormai lei è una habitué: come le vive?

«Abbiamo una fortuna: l’Italia ha vinto 10 ori alle Olimpiadi, in tutto siamo una ventina di atleti e abbiamo formato un gruppo molto unito. Essere in tanti aiuta a cavarsela in ambienti istituzionali ma è anche una situazione molto bella: abbiamo fatto amicizia un po’ con tutti, da Dell’Aquila (taekwondo ndr) a Busà (karate) a tutti gli altri. Adesso ci confrontiamo anche sui nostri metodi di allenamento e di preparazione, oltre a divertirci».

Lei però non ha difficoltà a parlare in pubblico.

«No, in generale me la cavo, ma se ti chiamano al Quirinale, qualche groppo in gola lo senti».

A un certo punto, qualche mese dopo Tokyo, lei si è sfogata per le tante porte chiuse sul fronte degli sponsor.

«È vero, ma metto subito in chiaro una cosa. Non mi interessa essere quella che fa audience per uno sfogo o tanto meno diventare una macchietta trash. Ho detto no a qualunque cosa che non mi presentasse per quello che sono, ovvero un’atleta. Detto questo, è stato sconfortante sentirsi dire: “Avete vinto in troppi, ci interessano gli sport più famosi”. Ecco, credo che le nostre discipline debbano lavorare ancora molto nel comparto del marketing».

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Valentina e Federica sul podio di Tokyo (foto Canottaggio.org)

Siamo alla vigilia del nuovo anno. Quale può essere il proposito sportivo delle campionesse europee e olimpiche?

«Con Valentina ci siamo ricordate di non essere mai entrate in una finale dei Mondiali. Partiamo da uno step di forma più basso rispetto a dodici mesi fa, ma l’entusiasmo e la determinazione sono intatti e il peso delle medaglie si fa sentire».

Dice finale mondiale ma…

«Dico finale convinta: alle Olimpiadi abbiamo vinto ma c’erano 4-5 barche sulla stessa linea. La differenza tra primo e quarto posto in questa specialità è davvero sottile, quindi entrare in una finale iridata è già un risultato notevole. Poi ce la si gioca, noi abbiamo più sicurezza che in passato».

Per finire, lei è stata giustamente celebrata anche dalla “sua” Canottieri Gavirate. Che sensazioni si provano quando si torna a casa?

«Prima di tutto, Gavirate e Bardello sono gli unici posti dove mi riconoscono anche con la mascherina! Scherzi a parte, è forse l’aspetto più bello, tornare alla Canottieri e mettermi a disposizione dei ragazzini che hanno iniziato a remare da poco. Io a Gavirate ho ricevuto tanto dagli atleti che mi hanno preceduta: da Micheletti, da Calabrese e da altri come Laura Milani: è bellissimo che oggi sia io ad aiutare gli altri. I piccoli, poi, ci guardano con occhi magici: è il ringraziamento più bello che possa ricevere».

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Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 30 Dicembre 2021
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