Giovanni Agnelli Sr: la storia del fondatore della Fiat

Il 16 dicembre 1945 moriva a Torino il fondatore del più prestigioso gruppo industriale italiano. Tra produzione bellica e automobili, tra fascismo e antifascismo, un uomo davvero singolare

Libri - Copertine generiche

Nella quarta di copertina del volume edito da UTET nel 2003, scritto da Valerio Castronovo, vi è forse la più autorevole recensione su questa biografia intitolata “Giovanni Agnelli, il fondatore”. «Qui non c’è soltanto la storia del protagonista e del suo impero – scriveva Indro Montanelli già anni prima che il libro andasse in stampa – ma quella di tutto lo sviluppo della grande industria italiana. Non è un libro per chi, avendo sul capitalismo e sui capitalisti idee già fatte, non vuole turbarle». Il giudizio del grande giornalista di Fucecchio sul libro è, effettivamente, del tutto condivisibile.

Al di là della vicinanza alla Torino sabauda la storia di Giovanni Agnelli è quella di un grande talento, un ex imprenditore agricolo che dopo aver ricevuto una formazione come ufficiale di cavalleria spostò i propri interessi sulla meccanica: come tipo di uomo doveva essere molto pratico, sebbene con grandi orizzonti. Egli conquistò il mercato anzitutto osservando cosa faceva la concorrenza, per usarla come punto di partenza nelle sue scelte d’affari. Nel luglio del 1899 nasceva dunque la Fiat con l’intento di costruire automobili e fin dalla prima visita al salone di Parigi, lungimirante, Agnelli notò che le auto Mercedes montavano il nuovo “radiatore a nido d’ape”: un’innovazione geniale che il manager torinese impose subito alle sue officine, non senza difficoltà, per metterle al passo coi tempi.
Agnelli era certo un uomo molto scaltro, sebbene non cinico: con un atteggiamento paternalistico nei confronti degli operai egli riconobbe l’importanza dei sindacati (purché non politicizzati) per una corretta gestione aziendale, lasciando poi questa singolare qualità in eredità al nipote Gianni. La scaltrezza e l’amore per il rischio calcolato avrebbero tuttavia potuto affondarlo nei primi anni di attività, quando venne coinvolto in un processo per truffa, aggiotaggio in borsa e bilanci fittizi: una brutta vicenda dalla quale egli si sollevò solo con la primavera del 1912. Decisive in quel processo a favore di Fiat furono le deposizioni di Lodovico Toeplitz, un dirigente della Banca Commerciale e figlio del noto banchiere di origine polacca con una bella villa alla periferia di Varese.

Poi venne la Prima Guerra Mondiale che diede slancio ad una fabbrica riconvertitasi prontamente alla produzione bellica, soprattutto con mitragliatrici, motori per sommergibili e mezzi per trasporto truppe, come il celeberrimo Fiat 18BL, un autocarro venduto in tutto il mondo. Alla fine della Grande Guerra, nel 1918, Fiat era la terza industria italiana per capitale, dopo Ansaldo ed Ilva.
Agnelli a differenza del figlio Edoardo non fu di orientamento fascista, ma fu certamente un abile doppiogiochista, interessato solamente agli affari ed alla protezione della propria azienda, con la quale – si vantava di questo negli anni 1930 – dava da mangiare a 200mila persone. Solo quando fu costretto indossò la camicia nera, ma subito dopo la caduta del regime prese a foraggiare personalmente la Resistenza e si dice che per la guerra partigiana sia arrivato a spendere un centinaio di milioni di lire di tasca propria. Queste vicende, unitamente ai suoi legami con gli USA, salvarono probabilmente sia lui che Vittorio Valletta dall’epurazione antifascista dell’immediato dopoguerra.

Un libro estremamente corposo, quello di Castronovo, caratterizzato da una scrittura ricchissima di informazioni e dettagli, anche se a tratti ingessata e priva di un benefico slancio emotivo. Un gran bel volume, ma certo più adatto allo studio che al relax.

Scheda libro: Valerio Castronovo – “Giovanni Agnelli, il fondatore” – UTET – 2003 – pp. 594

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Pubblicato il 17 Dicembre 2021
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