Processo Molina, Attilio Fontana in aula come teste

L’ex sindaco di Varese sentito dal Collegio per la vicenda che vede imputato Lorenzo Airoldi e Christian Campiotti. “Nessuna possibilità del Comune di controllare il Molina". Il mistero della manomissione dei computer

Processo Molina

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana mercoledì mattina, 22 dicembre, in aula per essere sentito come teste nel processo Molina che vede imputati l’ex presidente del Cda dell’istituto varesino Christian Campiotti e l’imprenditore Lorenzo Airoldi imputati di peculato e peculato in concorso.

Proprio sulla natura del reato la difesa Airoldi patrocinata dall’avvocato Stefano Bruno ha sollevato una eccezione preliminare riguardante la natura privatistica del Molina: il peculato è un reato compiuto da pubblici ufficiali e se manca l’elemento pubblicistico ne decade la natura.

Il Collegio si è ritirato in camera di consiglio per la decisione arrivata dopo dieci minuti respingendo le richieste della difesa: il processo continuerà regolarmente e si entrerà dunque nel merito.

Il presidente Fontana, sindaco da aprile 2006 fino a giugno o 2016 ha risposto alle domande delle parti. Al centro del processo due prestiti obbligazionari che fondazione Molina accese con Rete55 Evolution spa per 450 mila euro (obbligazioni convertibili) e con Mata spa per 500 mila euro (di natura ipotecaria).

Nel corso dell’escussione, Fontana ha raccontato di aver appreso della “vicenda Molina“ (del prestito a Rete55 nel dettaglio) da «alcune voci in consiglio comunale». Voci poi confermate sommariamente da una richiesta informale a due membri del Cda della casa di riposo e finite un un esposto presentato alla Guardia di Finanza nel giugno 2016 dopo essere stato consigliato dalla procuratrice Daniela Borgonovo: «Volevo capire se quelle voci fossero fondate», ha spiegato Fontana, che ha poi illustrato quali sono i rapporti fra Palazzo estense e la Fondazione. «Il Comune nomina quattro dei 5 soggetti che compongono il cda (il quinto viene segnalato dal prevosto di Varese ndr), ma non vi è alcuna funzione di controllo o di indirizzo sull’ente da parte del Comune una volta effettuata la nomina».

Dunque fu Fontana a nominare Christian Campiotti a capo del Cda Molina e sempre Fontana a mettere nero su bianco le voci di un possibile prestito della Fondazione a soggetti privati. Ed ecco che ancora, nel dibattimento, – e così non potrebbe essere – si giocala partita della natura della Fondazione. Sul punto le difese (avvocato Romano, legale di Campiotti)  hanno chiesto conto a Fontana di una lettera inviata al parlamentare leghista ed esperto di temi economici (ispiratore della riforma della “flat tax“) Armando Siri proprio per fare luce circa la natura della Fondazione. Nel processo, dove le difese continuano a spingere fare far entrare il cotè politico di cinque anni fa, di politica si è parlato, ma solo incidentalmente visto l’atteggiamento del Collegio che tiene le briglie del procedimento per far rimanere l’istruttoria dibattimentale nei binari della formazione della prova.

Dunque Fontana era a conoscenza delle capacità di Campiotti già dimostrate alla guida di alcuni “dicasteri” della Provincia di cui fu assessore al Bilancio e alla protezione Civile e concordò la sua nomina coi capigruppo di maggioranza in consiglio comunale, ma nulla ha rilevato ai fini del processo il contesto in cui maturarono le carte bollate di cinque anni fa, cioè le imminenti elezioni amministrative, né tantomeno le maggioranze, dal momento che lo stesso Fontana ha ammesso di essersi alla fine disinteressato alla campagna elettorale: «Ero alla fine della mia esperienza come sindaco, non ho partecipato alle elezioni neppure come consigliere, quindi mi tolsi dall’agone politico».

L’altro teste importante dell’udienza è stato Luca Marsico, ai tempi presidente della commissione Ambiente in Regione che presentò un’interrogazione in consiglio regionale dopo aver appreso anch’egli della faccenda prestiti. E qui si è vissuto un piccolo giallo nel racconto dell’avvocato varesino interrogato in aula sotto giuramento dal pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma, dal momento che Marsico ha raccontato di aver fatto un esposto alla polizia giudiziaria per aver appreso di una “manomissione” nel sistema informatico di Fondazione Molina durante il periodo in cui l’istituto era già stato commissariato da Ats e ai vertici della struttura era stato posto Carmine Pallino. Che fine abbia fatto quella segnalazione all’autorità giudiziaria, non è dato sapere.

Covid, impegni vari e di natura lavorativa sono state le cause invocate degli altri testi previsti per oggi che verranno sentiti nell’udienza posta in calendario per il prossimo 13 gennaio.

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Pubblicato il 22 Dicembre 2021
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