Al cenone di San Silvestro a Morazzone con l’assegno rubato: condannato

Due anni e quattro mesi per truffa e ricettazione il cinquantacinquenne varesino accusato di aver gabbato un ristoratore. Il blocchetto risultato rubato ad un paziente in ospedale

Morazzone, varie

Se non si trattasse di un habitué della truffa verrebbe da pensare alla “mandrakata“ o, in altri termini cinematografici ad una “supercazzola“ ai danni del ristoratore buono.

Ma appunto la scusa accampata da un cinquantacinquenne varesino al momento di pagare il cenone è arrivata nelle aule di giustizia anche perché si tratta di uno dei classici reati dove ci sta – letteralmente – tanto di firma, cioè quella messa in calce ad un assegno risultato rubato e presentato all’incasso al momento di pagare. Siamo a Morazzone al veglione di capodanno 2018.

L’imputato finito oggi, 26 gennaio, di fronte al giudice monocratico Rossana Basile di Varese va a cena con due amici in un ristorante del paese alle porte di Varese ma al momento del conto salta fuori il “mal di pancia“ e la moina rivolta al titolare, tra l’altro persona conosciuta: «Guarda, mi hanno appena rubato in casa quel che avevo, scusa ma non ho con me i contanti», dice l’uomo al proprietario dell’esercizio. Che gli crede. Infatti ecco la trovata proposta dal cliente: un assegno.

Ma non dell’importo pattuito – 150 euro – bensì di 200 euro, «così mi dai il resto». L’oste abbocca, e per giunta dà i 50 euro di resto ma al momento di riscuotere il corrispettivo dell’effetto in banca suonano mille allarmi: assegno rubato.

Così scatta la denuncia e le indagini dei carabinieri, accertamenti lampo dal momento che il soggetto sospetto era persona nota. Risultato: il processo per il quale il pubblico ministero Davide Toscani contestava appunto la truffa ma anche la ricettazione: l’assegno staccato dall’imputato è risultato appartenere a un paziente dell’ospedale di Varese che, ricoverato la primavera precedente, denunciò il furto dello strumento di pagamento passato di moda – ai tempi di “wallet“, e carte di credito sugli “smartwatch” – , ma ancora buono per pagare.

Da qui la richiesta: 3 anni e tre mesi, trasformati in 2 anni e 4 mesi dal giudice col riconoscimento delle attenuanti.

Cene a sbafo e conti non pagati sono stati di recente al centro di un altro processo discusso a Varese, ma dinanzi al Collegio, per i fatti avvenuti in Valcuvia qualche anno fa. Anche qui problemi al momento di pagare, ma l’insolvente venne rintracciato e alla sbarra ci sono ora tre persone accusate nientemeno che di sequestro di persona e altri reati.

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Pubblicato il 26 Gennaio 2022
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